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Il miglior tennista pakistano di sempre e un simbolo della pace: si ritira Aisam-ul-Haq Qureshi

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Il mondo del tennis saluta la carriera agonistica di una delle sue figure più emblematiche. Non lo fa solo per i risultati sportivi, ma per il messaggio politico e umano che ha saputo veicolare. Aisam-ul-Haq Qureshi, il più grande tennista nella storia del Pakistan, ha avviato la transizione dal campo giocato alla scrivania. Segna così la fine di un’era, chiusa non troppo tempo dopo il suo compagno storico di doppio, Rohan Bopanna.

Qureshi non è mai stato un tennista qualunque. Finalista allo US Open sia nel doppio maschile che nel misto, ha utilizzato il suo talento come piattaforma per la pace. Aisam fa parte del “Champions for Peace” club, un gruppo di atleti creato da Peace and Sport. Ne fanno parte anche Novak Djokovic e Lionel Messi. Insieme, si impegnano attivamente per promuovere lo sviluppo dei paesi meno fortunati attraverso lo sport. Aisan ha anche vinto per i suoi meriti umanitari, ben due volte, l’Arthur Ashe Humanitarian Award.

Insieme a Rohan Bopanna, compagno nella già citata finale maschile dello US Open, ha formato il celebre “Indo-Pak Express”. La coppia ha sfidato le storiche tensioni geopolitiche tra le loro nazioni, trasformando ogni match in un potente messaggio di distensione. Il culmine simbolico della loro unione è stata la promozione della campagna “Stop War Start Tennis”. Con questa iniziativa, Qureshi e Bopanna hanno utilizzato la loro visibilità globale al fine di dimostrare che un indiano e un pakistano possono collaborare per eccellere sullo stesso lato della rete. La coesistenza pacifica è possibile anche fuori dal campo.

Un nuovo compito

Ora, la sua elezione a Presidente della Pakistan Tennis Federation (PTF) trasforma quel carisma e il suo impegno da atleta in responsabilità politica e amministrativa. Qureshi si trova a dover tradurre la sua visione internazionale in strutture locali. Deve cercare di colmare il divario tra il potenziale demografico del Pakistan e la sua attuale presenza nel tennis che conta.

Il primo compito in questo senso è stato il torneo Challenger di Islamabad. L’evento, un Challenger 75 ospitato sui campi del PTF Complex, si è distinto per la singolarità di un tabellone ridotto, e la profondità del tabellone era troppo bassa per un evento simile. Ma non è altro che il sintomo della fatica nell’attrarre un vasto numero di atleti internazionali in questa prima storica tappa pakistana del circuito ATP. Tuttavia, per il neopresidente Qureshi, la riuscita organizzazione del torneo ha avuto un peso specifico enorme. Va oltre la mera conta dei partecipanti. C’è dietro la visione di una federazione decisa a non essere più una periferia dimenticata del tennis mondiale.

Già dal 2019 ad oggi, il movimento tennistico pakistano, secondo l’ITF, è cresciuto da 1.000 giocatori a circa 60.000. Si tratta di un grande passo, anche se si tratta di un briciolo della popolazione, meno dello 0,025%. Sfortunatamente, e sarà l’obiettivo del nuovo presidente della PTF, mancano le infrastrutture per rendere il tennis disponibile a tutti. Il Pakistan offre appena 85 club, 1.100 campi e soprattutto solo 105 maestri. Il rapporto giocatori per maestro è di 577, un numero impressionante. Specialmente se poi consideriamo che ogni coach deve seguire oltre 10 campi per volta. Sarà una sfida molto difficile per Qureshi, ma nella sua carriera ha già dato prova di essere un uomo in grado di accettare le sfide. E vincerle.

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