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Calcio e tennis, il mondo alla rovescia: tutto capovolto in 20 anni

Il 9 luglio 2006 allo Stadio Olimpico di Berlino la Nazionale italiana di calcio maschile si laureava campione del mondo per la quarta volta nella loro storia. Gli uomini di Marcello Lippi prevalsero ai calci di rigore contro la Francia, interrompendo un digiuno che durava 24 anni, ricordando il trionfo del 1982 in Spagna. In quel 2006 l’Italia del tennis maschile aveva come miglior giocatore in classifica, nel mese di luglio, Daniele Bracciali (n.50 ATP).

Sono trascorsi quasi 20 anni da quel riferimento temporale e tutto si è completamente capovolto. La Nazionale di calcio è costretta per la terza volta consecutiva ad andare agli spareggi per qualificarsi alla fase finale della rassegna iridata, dopo non aver centrato nelle edizioni del 2018 e del 2022, mentre la squadra italiana di tennis ha trionfato per la terza in serie in Coppa Davis.

Un gruppo straordinario che può fregiarsi di un fuoriclasse assoluto come Jannik Sinner (n.2 del mondo), pluri-vincitore Slam e in questo 2025 a segno anche a Wimbledon (primo italiano della storia dei Championships in singolare), e di altri tennisti eccellenti come Lorenzo Musetti (n.8 del mondo), semifinalista al Roland Garros e qualificato alle Finals, Flavio Cobolli (n.22), decisivo in Davis, Luciano Darderi (n.26), Lorenzo Sonego (n.39) e Matteo Berrettini (n.56), il faro in campo nella conquista della terza Insalatiera.

Cosa è cambiato in questo lasso di tempo? Complicato dare una risposta univoca. Indubbiamente, si è aperta una crisi nella gestione sistemica nel calcio che si ripercuote a tutti i livelli. La vicenda “Calciopoli” ha avuto dei riflessi negativi in termini economici, colpendo alcuni club importanti come la Juventus, ma gli investimenti delle risorse non sono mai stati indirizzati secondo una programmazione a lungo termine, ma a breve, in cui i club calcistici italiani si sono trasformati in delle aziende il cui il principale e quasi unico fine sono le plusvalenze.

In un contesto nel quale l’esigenza di un risultato immediato è impellente, si fatica a costruire qualcosa di stabile e duraturo. Le conseguenze sono quelle di un progressivo abbassamento del livello di gioco in Serie A e di una mancata valorizzazione dei giovani calciatori italiani. Non stupisce che negli ultimi tempi si siano notati ottimi risultati nelle selezioni nazionali U17, U18, U19 e U20, ma dalla U21 le cose cambiano. Il motivo? Da una parte la poca pazienza nell’attesa dell’evoluzione di un prospetto e dall’altra la poca convenienza economica nel gestire l’impatto economico di un giocatore nostrano, paragonato a uno straniero, che a parità di capacità ha un impatto sulle casse societarie meno oneroso. Si potrebbe fare anche un discorso su quanti bambini scelgano di praticare il calcio rispetto al passato e come questi vengano gestiti dalle famiglie.

Nel tennis la situazione è molto diversa. La Federazione, dopo anni tumultuosi, ha deciso di collaborare con i circoli privati, dando assistenza e supporto a giocatori e tecnici. Questo ha creato una ramificazione estesa in cui il lavoro tecnico è cresciuto in termini di conoscenze e di esperienze. In territorio italiano, poi, vengono disputati tantissimi tornei, che creano una base nella quale poter lavorare. Chiaramente, i risultati eclatanti a livello professionistico hanno avuto un impatto importante nelle iscrizioni ai circoli.

Non è una sorpresa che la finale delle Nitto ATP Finals vinta da Sinner su Carlos Alcaraz, numero uno del mondo, sia stata la partita di tennis più vista di sempre: complessivamente, su Rai 2 e in e pay tv, è stata seguita da 7 milioni di telespettatori con uno share del 36,6%. In prima serata, la partita di calcio tra Italia e Norvegia ha totalizzato 7,5 milioni di spettatori su Rai 1, in total audience, ma con uno share più basso, del 34%. Nella giornata di ieri, poi, la finale di Coppa Davis, con la vittoria dell’Italia, ha fatto record di ascolti sul principale canale della tv di Stato: gli incontri Berrettini – Carreno Busta e Cobolli – Munar hanno avuto un ascolto complessivo di 3 milioni 637 mila con il 24,5 di share.

Una tendenza che è destinata a crescere e su cui il calcio, in qualche modo, deve interrogarsi in merito alle proprie contraddizioni e all’incapacità di trovare delle soluzioni alle problematiche dell’attualità. Il fallimento agli Europei del 2024 con Luciano Spalletti in panchina e il percorso accidentato nelle qualificazioni mondiali con Rino Gattuso (CT) non sono frutto del caso, ma sono solo gli ultimi episodio della “saga”.

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