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Coppa Davis – Se anche il tris non dovesse arrivare, il match vinto da Cobolli non lo scorderemo mai. Altro che Davis in tono minore

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Si ha un bel criticare la Coppa Davis, vecchia o nuova che sia, ma le emozioni che certi suoi incontri ti danno – che ne so…se è soltanto amor patrio? – è piuttosto difficile provarle per tornei individuali che solitamente faticano a coinvolgerti allo stesso modo. Anche se quest’anno almeno tre finali fra Sinner e Alcaraz (Roland Garros in primis seppur persa, Wimbledon e ATP Finals) non sono state davvero avare di emozioni.

Dovrei avere il tempo, e la testa, per ripassare la mia storia a bordo campo di mezzo secolo di centinaia di match di Coppa Davis per buttar giù una lista – assolutamente soggettiva – dei dieci match più emozionanti cui ho assistito, ma in questo momento e non solo perché la memoria è fresca credo che una partita che si conclude al tiebreak decisivo come quella fra Cobolli e Bergs e con 14 matchpoint, sette per ciascuno, dodici dei quali nel tiebreak – perché sul 5-4 e servizio Bergs Cobolli ne aveva già avuto due e il belga glieli aveva annullati con due bei servizi – dovrebbe trovare quasi certamente posto nelle prime dieci.

Un giorno proverò a ricordare quelle che mi saranno rimaste più impresse. Ieri sera le quattro paginette del mio blocnotes erano cosparse di geroglifici più difficili da interpretare del solito – “Chi non legge nella propria scrittura è un asino addirittura!” diceva sempre la mia vecchia maestra delle elementari rimproverandomi la pessima calligrafia – anche perché avevo preteso di chiudere tutto proprio in quattro pagine. Nelle prime due spazio al primo e al secondo set con il tiebreak chiuso 7-5 per Bergs dopo che Cobolli sul 5-4 per il suo avversario e con due servizi a disposizione aveva servito una seconda e si era fatto attaccare subendo un minibreak. Così sul 4-6 aveva annullato un primo setpoint, ma non il secondo. Ed era stato così, dopo 1 ora set 28 minuti, il pareggio dei set: 6-3 per Flavio dopo l’unico break (nel quarto gioco per il 3-1) e 7-6 (7-5) per Bergs dopo un set senza break, con Cobolli che aveva ceduto soltanto 5 punti in 6 turni di servizio (tre game di fila, e 15 punti li aveva fatti consecutivamente nei suoi game di battuta) e Bergs 8 senza che ci fosse mai un 40 pari. Match dominato dai servizi, sebbene se le prime viaggiavano spesso sopra i 200/210 chilometri orari, le seconde invece non valevano davvero quelle di Sinner. Le più recenti, intendo.

Dedicando altre due paginette al terzo set e all’eventuale tiebreak, mi sentivo tranquillo di poterci stare, anche se qua e là mi ero segnato qualche nota extra da tenere presente per fare al volo i miei consueti video Instagram (rigorosamente verticali) e YouTube (invece orizzontali). Note del tipo: beh, questo Bergs senza far tanto rumore ha recentemente battuto gente mica troppo scarsa, Diallo, Cerundolo, Ruud, Korda, Tabilo…, vuoi vedere che l’abbiamo sottovalutato pur ricordando che un anno fa a Bologna dette un brusco 6-0 al terzo set proprio a Cobolli?

Fra le altre note, che qui ricopio perché comunque avevano un senso per chi come me pensava che avremmo battuto il Belgio, c’erano anche i precedenti favorevoli di Berrettini con Struff – nel caso la Germania di lui e Zverev confermasse i favori del pronostico contro la Spagna nella semifinale odierna – ma in incontri molto datati, entrambi risalenti al 2019, a Shanghai 6-2 6-1 e a Stooccarda sull’erba 6-4 7-5. Negativi invece i due precedenti, entrambi del 2025 di Flavio Cobolli con Zverev: 6-4 7-6(6) nei quarti a Halle, 6-2 7-6 6-1 al secondo turno del Roland Garros.

Già che c’ero, sempre nella previsione di una possibile finale italotedesca, mi ero segnato anche che Krawietz e Puetz hanno in Davis un record che, a saperlo, forse Vavassori e Bolelli non dormirebbero questa notte: uno (Krawietz) ha vinto 19 match su 20 e l’altro (Puetz )21 su 22. A me i due tedeschi fanno paura anche perché con quei cognomi…rischio sempre di far dei refusi!

E l’altro appunto riguardava proprio Bolelli e Vavassori: fin qui, nelle finals della Davis, un anno fa e quest’anno, non hanno ancora giocato una sola partita! Ci dobbiamo augurare che le giochino se dovessero giocare, nell’eventualità di un pareggio a fine singolari, contro Krawietz e Puetz? Li hanno incontrati a Torino nelle finali ATP, dove i tedeschi erano campioni uscenti, e ci hanno perso 13-11 al tiebreak del terzo set, non senza aver avuto matchpoint. Insomma, non è detto che ci perdano. Però non vincerebbero mai facile.

Vabbè, insomma, per farla breve: tutto potevo aspettarmi fuor che di assistere al sesto tiebreak più lungo della storia della Coppa Davis, un 17-15 con altri 5 matchpoint per Cobolli (dopo i due già ricordati del 5-4) e 7 per il “povero” Bergs che è stato il solo ad averne avuti due consecutivi. Sul 6-4, lo stesso punteggio che aveva avuto nel tiebreak del secondo set. Pareva un presagio. Stavolta doveva servire sul primo matchpoint e rispondere sul secondo. Sul primo pur avendo dovuto far ricorso alla seconda si era trovato alla prese con un dritto per lui abbastanza banale, ma ha peccato di foga, di ansia e l’ha sbagliato male. Sul secondo ha fatto peggio. È stato vittima del classico “braccino”! Ne è venuto un errore dei più gratuiti. Chiaro che erano nervosi entrambi, non solo Bergs: c’erano stati già quattro minibreak. Alla fine sarebbero stati ben 11, tanti anche per un tiebreak infinito di 32 punti e 26 minuti. In fondo erano arrivati a quel tiebreak decisivo senza aver subito break nel terzo set, anche se Cobolli aveva salvato tre pallebreak sull’1 a 1, un’altra sul 4 pari, un’altra ancora sul 5 pari, mentre Bergs si era limitato a salvare quei due matchpoint sul 4-5.

Nel tiebreak, come sa chi ha visto e chi ha letto e capito, è successo di tutto e già ne abbiamo fatto cronaca. Posso solo dire che Bergs prendeva più iniziativa, sembrava comandare di più e giocare un tantino meglio, ma nei tanti momenti presumibilmente decisivi Flavio, incoraggiato dal pubblico che non lesinava i cori in suo favore, sembrava aver più coraggio, più cuore. E credo che alla fine, anche se poi è tutta una questione di centimetri e di episodi (come dicono sempre gli allenatori di calcio pepr giustificare una sconfitta) abbia vinto per questo.

Bravo davvero Flavio – anche se nel definirlo eroico noi stessi su Ubitennis e sul nostro canale YouTube abbiamo magari un tantino esagerato sulle ali delle emozioni e dell’entusiasmo – perché va tenuto conto del fatto che sta esordendo come n.1 di un team che ha vinto le ultime due Coppe Davis e insomma una certa responsabilità ce l’ha sulle spalle. Fate che perda – (è un modo di dire…non lo fate!) – e vedrete quanti salterebbero fuori a dire: “Eh beh, non c’è Sinner, non c’è Musetti, giochiamo con le riserve…”.

Se Cobolli avesse perso chissà quante gliene avrebbero dette sui social! A dargli del grande perdente ci avrebbero messo dieci secondi. Mentre quando Giorgio De Stefani a Wimbledon nel 1930 non riuscì a trasformare 18 matchpoint – si’ diciotto! – per sua fortuna i social non c’erano e l’avranno saputo, come oggi del resto, si’ e no quattro gatti! Gioco’ e perse contro l’americano Wilmer Allison, n.1 americano nel 1934 e 1935 quando vinse gli US Championships ed era il n.4 del mondo secondo gli statistici dell’epoca. Poi arrivò’ Don Budge, il vincitore dei 4 Slam nel 1938, ad oscurare la sua fama. Ma 18 matchpoint in uno Slam non li ha salvati nessun altro, che io sappia.

Ovunque vedrete invece almeno oggi, ne sono sicuro, l’immagine di Cobolli a torso nudo come un gladiatore dopo che si è strappato la maglietta come l’incredibile Hulk – e come Djokovic in più d’una occasione e, ricordo, anche il cipriota Baghdatis all’Australian Open dove godeva dello stesso tifo da greci e ciprioti come Flavio a Bologna – “Di solito non rompo la maglietta, nemmeno ci riesco…stavolta o la maglietta non era troppo solida oppure l’adrenalina che avevo in corpo mi ha aiutato!”. E poi la dedica all’amico Edoardo Bove che non ha purtroppo avuto sul campo (di calcio) la stessa buona sorte. Chissà, magari non avesse giocato nella Fiorentina, la squadra più “sfigata” dell’ultimo periodo, non gli sarebbe successo nulla.

Questo tiebreak di 26 minuti mi ha ricordato quello, più storicamente celebre, vinto da McEnroe nel quarto set della finale contro Borg di Wimbledon 1980: SuperMac lo vinse 18 punti a 16, ma poi perse il torneo al quinto. Quello durò 22 minuti, 4 minuti in meno di questo di Bologna che verrà certamente memorizzato da Cobolli, da Bergs, dagli appassionati italiani e belgi, ma non dal mondo intero come quello di 35 anni fa.

La terza finale consecutiva è già un bell’exploit, anche se bisogna ammettere che austriaci e belgi non erano team trascendentali: i quattro singolaristi che sono stati rispettivamente sconfitti da Berrettini e Cobolli erano n.177 (Rodionov) e n.86 (Collignon), n.79 (Misolic) e n.43 (Bergs).

Insomma, in tutta onestà, eravamo superfavoriti e se avessimo perso uno di questi match – anche se con Cobolli-Bergs ci siamo andati vicinissimi e pure Berrettini ha dovuto annullare una pericoloso palle del 4-2 a Collignon nel secondo set facendogli dire “Nel secondo set potevo giocare meglio, le palle erano diventate grandi”– ci saremmo posti alcune domande.

Insomma, siamo alla terza finale consecutiva – vinca la Germania oppure la Spagna – come l’Australia nell’89-’90 e ’91, ma l’ultima a vincerne tre fu il team USA, e per cinque anni di fila, fra il ’68 e il ’72.

Penso che Zverev batterà Munar e che il doppio tedesco batta quello spagnolo, sebbene per me Granollers sia il miglior doppista fra tutti (Martinez però non lo vale e soprattutto non ha l’intesa che Granollers ha con Zeballos) se Struff non fosse riuscito a vincere con Carreno Busta.

Voglio proprio concludere quest’articolo poco immaginifico – le immagini le ha rubate tutte Cobolli – prima della finale di domani alle 15 contro la Germania che ha vinto 3 Coppe Davis in 5 finali (oppure la Spagna che ne ha vinte 6 in 10 finali e  che io preferirei quale nostra avversaria) con le frasi predilette da Jannik Sinner: “Non si sa che cosa può succedere, vediamo…”. Beh è sicuro, noi vedremo.

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