Rassegna stampa – Sinner torna sul trono, Musetti spera ancora per Torino. Paolini parte male
Sinner sul trono (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)
Sul trono. Sinner il sovrano torna a guardare dall’alto il resto del mondo, da numero uno del ranking, 55 giorni dopo la sconfitta in finale agli Us Open contro Alcaraz che gli costò la vetta, ceduta proprio al vincitore. Una gioia all’apparenza fugace, perché durerà soltanto una settimana: lunedì prossimo, dopo aver scartato i 1500 punti della vittoria alle Atp Finals 2024, Jannik verrà scavalcato di nuovo dall’arcirivale spagnolo e Torino, con il suo torneo dei Maestri, diventerà così il fiammeggiante campo di battaglia per il duello finale. Non solo il trofeo, ma anche il compimento della corsa al primo posto di fine anno, uno dei traguardi più ambiti dai campioni, perché marca la continuità nel dominio stagionale. L’impresa Il tempo, tuttavia, rimane un’astrazione. Perciò non contano gli appena sette giorni del regno ritrovato, o la possibilità che il Masters incoroni Alcaraz e non lui, in un testa a testa palpitante destinato a protrarsi per molti anni a venire: il significato del ritorno al vertice di Sinner, infatti, risiede nella forza simbolica che porta con sé. Battendo Auger-Aliassime nella finale del Masters 1000 di Parigi, la Volpe Rossa ha mandato un messaggio squillante: il numero uno gli appartiene, è un sigillo di immortalità per il quale è disposto a lottare da qui all’eternità, perché nessuno tranne lui poteva immaginare di conservarlo, o quantomeno di lottare per tenerselo, dopo i tre mesi di squalifica da febbraio a maggio come fastidiosa conseguenza del caso Clostebol. E invece, nonostante la rinuncia forzata a quattro Masters 1000 (Indian Wells, Miami, Montecarlo e Madrid) e a un paio di Atp 500 (Doha e Barcellona), Jannik è ancora lassù, nell’empireo. […] E il successo su Auger-Aliassime, a cui va ascritto comunque il merito, almeno nel secondo set, di aver regalato una partita al pubblico della Defense Arena, rappresenta il compendio dell’equilibrio perfetto raggiunto dall’uomo e dal giocatore (oltre che, a margine, a lasciare aperta la porta della speranza a Musetti per le Finals). Anzi, sono i 15 giorni gloriosi da Vienna a Parigi a illustrare la grandezza conquistata da Jannik attraverso una maturazione che non si è mai abbandonata alla fretta del tutto e subito. Ci sono i numeri, certo: le nove finali nel 2025 in 11 tornei, il 26° match di fila vinto sul veloce indoor, il 23° trionfo in carriera e il quinto in un Masters 1000(e senza perdere neppure un set: l’ultimo a riuscirci fu Alcaraz a Indian Wells nel 2023), le 400 partite giocate in carriera (ora sono 402) con una percentuale di vittorie (316) migliore di quelle di Borg, Sampras, Agassi e Federer, gli 11 tiebreak su 11 vinti in stagione sul cemento, al chiuso o all’aperto. Ma, soprattutto, ci sono le qualità tecniche affinate con l’approccio maniacale al lavoro. […] il Sinner che fino a due anni fa soffriva il recupero di gambe e di testa tra una partita e l’altra, nelle ultime due settimane è stato un amministratore perfetto delle energie fisiche e mentali in coda auna stagione massacrante e con lo stress aggiuntivo della sospensione. Lo aveva già dimostrato con le vittorie Slam, ovviamente, ma tra Austria e Francia ha sublimato anche questa dote, da lui stesso definita «capacità di gestire il punteggio», cioè di modulare lo sforzo a seconda dell’importanza del momento. […] La qualità dei fenomeni.
L’autunno perfetto di Sinner: a Torino è ancora il favorito (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)
Dopo la sconfitta di Shanghai, le possibilità di rivedere Jannik Sinner numero 1 del mondo prima della fine dell’anno sembravano ridotte al minimo. E invece l’italiano, ancora una volta, ha stupito tutti. Con le vittorie di Vienna e di Parigi è tornato sul trono mondiale, completando un autunno perfetto. Il passo falso di Alcaraz, eliminato al primo turno del torneo francese, ha agevolato il sorpasso, ma nulla toglie alla grandezza di ciò che ha fatto Sinner: vincere a Parigi senza perdere un solo set, su un campo lento che in teoria non esaltava le sue caratteristiche, è la dimostrazione di una maturità ormai totale. […] È questa la sua forza: capire i momenti, dominare i ritmi. La lunga corsa tra lui e Alcaraz, che oggi comandano il tennis con un vantaggio netto sul resto del circuito, sarà con ogni probabilità il filo conduttore non solo del 2026 ma anche delle stagioni a venire. Il duello tra i due giovani fenomeni è già la nuova frontiera di questo sport: rappresentano due filosofie di gioco diverse ma complementari, destinate a contendersi i grandi titoli per anni. Per Sinner, tornare numero 1 è la logica conseguenza del lavoro svolto negli ultimi mesi. Il primato non cambia i suoi obiettivi, anzi li rafforza: la rivalità con Alcaraz continuerà a essere il suo orizzonte principale. Adesso Jannik si concederà due giorni di riposo, poi tornerà in campo per preparare le Atp Finals di Torino, dove sarà l’uomo da battere. Lo attende un compito non semplice: respingere l’assalto dei sette migliori al mondo che cercheranno di interrompere la sua striscia di successi indoor. Ognuno vorrà mettere nel proprio palmarès lo “scalpo” più prezioso del momento. Ma la fiducia di Sinner è alta, e la consapevolezza con cui si presenta alle Finals racconta di un giocatore che non teme nessuno e sa dove vuole arrivare. Fare previsioni sul torneo? Semplice: Sinner c’è, e non si discute. Alcaraz ha avuto un problema fisico a Parigi ma lo rivedremo competitivo a Torino. Gli altri, per quanto pericolosi in singole giornate, appaiono lontani. Forse solo Zverev, se trova la giornata perfetta, può impensierirli, ma non è detto che riesca a batterli. Quando in tabellone ci sono Sinner e Alcaraz, è difficile immaginare una finale diversa: sono loro i due grandi favoriti e lo saranno anche a Torino. Prendiamo ancora in esame il torneo appena concluso a Parigi: Auger Aliassime, per esempio, ha disputato una bella partita, è in forma, è numero 10 del mondo, ma ha perso in due set netti senza mai avere una palla break. Lo stesso era accaduto con Shelton, numero 6, travolto 6-3 6-3 in poco più di un’ora. Questi numeri raccontano da soli la distanza che oggi separa gli altri da Sinner. Che guarda a Torino con la leggerezza dei campioni e con la fame di chi non ha finito di stupire.
Ora le Finals. E Musetti cerca un posto (Antonio Sepe, Corriere dello Sport)
In attesa che venga assegnato l’ottavo e ultimo pass, è iniziato il countdown perle ATP Finals. Dal 9 al 16 novembre gli occhi del mondo del tennis saranno puntati su Torino, che ospiterà i migliori giocatori del 2025. Il trionfo nel Masters 1000 di Parigi ha rafforzato lo status di favorito di Jannik Sinner il quale proverà a confermasi campione e a difendere il numero 1 del ranking ATP strappato a Carlos Alcaraz in Francia. L’altoatesino ha davanti a sé una settimana di riposo per ricaricare le batterie. Non si ferma invece il circuito ATP e il tennis italiano guarderà con grande attenzione all’ATP 250 di Atene. Ai nastri di partenza ci sarà Lorenzo Musetti, accada di un compito difficile ma non impossibile: ottenere in extremis la qualificazione per Torino. Reduce dalla prematura uscita di scena a Parigi, il lato positivo è che dipenderà solo da lui. Se Musetti è ancora in corsa perle le ATP Finals, il merito è di Sinner. Vincendo la finale a Parigi, Jannik ha indirettamente fatto un favore al carrarino, tenendo vive le sue speranze. Sarebbe infatti calato il sipario sulla Race se a trionfare fosse stato Auger-Aliassime poiché il canadese avrebbe centrato la qualificazione aritmetica. In questo modo, invece, non tutto è perduto per Lorenzo, chiamato tuttavia a ricucire un gap di 160 punti (3.845 vs 3.685). L’imperativo per il toscano è solo uno: vincere il torneo di Atene. Qualsiasi altro risultato non basterebbe per qualificarsi. Facile a dirsi, meno a farsi. Non solo perché Musetti non conquista un titolo ATP da tre anni esatti (Napoli 2022), ma anche perché in tabellone figura un certo Novak Djokovic. Primo favorito del seeding, il serbo sarà ancora più motivato a fare bene dato che per lui si tratta ormai del torneo di casa. Trasferitosi in Grecia con moglie e figli a causa di dissidi con il governo serbo, l’evento è gestito proprio dalla sua famiglia. Non mancheranno però gli stimoli neppure per Musetti, agevolato dal non dover pensare ai risultati degli altri giocatori e dalla consapevolezza che un eventuale titolo sarebbe sufficiente per volare a Torino. Decisivo in tal senso il forfait da Metz di Auger-Aliassime […]. Si prospettano dunque tutti da vivere i giorni che mancano alle ATP Finals, pronte a entrare nel vivo già giovedì 6 novembre quando verranno sorteggiati i gironi: Sorteggio che si terrà con il rischio che non si sappia ancora il nome dell’ottavo partecipante. Motivo per cui i vertici del tennis sorto corsi ai ripari, cambiando le regole: a partite dal 2026, i tornei di Metz e Atene non conteranno più per la Race. La corsa alle ATP Finals si chiuderà invece con il Masters 1000 di Parigi. Una decisione sacrosanta e quantomai attesa, anche perché a beneficiarne sarà lo spettacolo. Così facendo, gli otto giocatori avranno a disposizione un’intera settimana di riposo prima del Master.
Una Paolini raffreddata è respinta dalla vetta impossibile Sabalenka (Gianluca Strocchi, Tuttosport)
Di suo è già una montagna di quelle difficilissime da scalare, se poi si aggiunge anche una sindrome influenzale, allora la missione diventa davvero impossibile. E così una “raffreddatissima” Jasmine Paolini, sicuramente non al meglio dal punto di vista fisico, al debutto individuale alle Wta Finals ha dovuto inchinarsi a Aryna Sabalenka, che sabato aveva ricevuto in campo il trofeo destinato a chi chiude la stagione inverta al ranking. L’azzurra, per il secondo anno di fila protagonista della prestigiosa rassegna a Riad sia in singolare che in doppio, sul veloce indoor della King Saud University Sports Arena, ha tenuto testa per un set alla Tigre di Minsk (6-3 6-1 il punteggio, in un’ora e 10), intenzionata ad aggiungere al proprio palmares un trofeo che ancora le manca (la bielorussa disputa per la quinta volta consecutiva il “Master” dove ha raggiunto la finale nel 2022, stoppata dalla francese Garcia). Sabalenka ha firmato cosa la vittoria n. 60 in stagione (meglio di lei solo Swiatek con 61), a fronte di 11 sconfitte, arrivando a quota 500 successi in carriera. […] La n.1 del mondo andrà a caccia del pass perla semifinale contro Jessica Pegula, uscita con il sorriso dal derby stelle e strisce con l’amica Coco Gauff, piegata in tre set. “Questa è la miglior versione di Pegula” il commento di Jessica soddisfatta per la sua prestazione con la campionessa in carica, contro la quale Paolini inseguirti il riscatto in una sorta di spareggio dentro o fuori. […] Prima, però, Jasmine è chiamata al secondo impegno di doppio, al fianco di Sara Strani: le campionesse olimpiche, dopo l’affermazione iniziale su Muhammad-Schuurs, all’ora di pranzo tentano il bis affrontando Hsieh-Ostapenko. Un testa a resta che vale il pass per la semifinale, obiettivo alla portata della coppia tricolore, n.1 della Race.
Altalena Jannik-Carlos come i successi dei Beatles essere primi è un dettaglio (Angelo Carotenuto, La Repubblica)
Quando i Beatles arrivarono in classifica in America con I Want to Hold Your Hand, rimasero in testa per sette settimane — era fine inverno del 1964 — prima di essere scalzati da sé stessi. She Loves You si arrampicò al secondo posto e poi al primo, e i due pezzi andarono avanti così per parecchio tempo, alternandosi, senza che i critici avessero un criterio per stabilire quale fosse migliore. Il pubblico, meglio ancora, se li godeva: primo e secondo, secondo e primo, francamente a chi importava. Ora che Sinner e Alcaraz sono seduti su questa altalena da Hit Parade, viene da domandarsi quale sia la nostra relazione con una classifica stabilita da un computer, quattro calcoli in fila per tre diviso per due. L’importanza per Sinner è chiara: si tratta del suo lavoro. È per noi che rimane un mistero, perfino dentro la cornice di un’esaltazione collettiva fuori scala per un campione mai avuto, supplente di un’Italia che nel calcio non va ai Mondiali e di una Ferrari senza titolo da diciott’anni. Il primo posto nel tennis non è la stessa cosa che nel calcio. Non dà uno scudetto. Nessuno è mai sceso in strada a festeggiarlo. Eppure siamo circondati da un impazzimento di calcoli che ci raccontano in tempo reale come Sinner sale, come Sinner scende, cosa bisogna augurarsi che accada e cosa no, sebbene non porti né titoli né brividi, non vale uno Slam e dà meno emozione di una volée, di una smorzata o di un passante. La ragioneria del primato è diventata invece un pezzo del racconto di questo fenomeno italiano. Sinner è stamattina il nuovo numero uno ma lunedì sarà virtualmente il due, senza che possa dirsi un tennista peggiore di oggi. Lui resta più sensato di tutti noi dentro questa baldoria. […] Come se fosse primo in serie A con 10 partite da recuperare. Per i criteri del ranking, fra 12 mesi sarà un vantaggio. Per lui. Ma a noi davvero può importare un’etichetta da computisteria? C’importa casomai perché dice qualcosa della nostra cultura sportiva, costruita sulla svalutazione dei numeri due, sull’idea che il secondo sia il primo dei perdenti. In sella a un cavallo bianco, per fortuna, un giorno è venuto da lontano un signore argentino per insegnarci come si perde prima di insegnarci come si vince. Così, tra una lezione e l’altra, Julio Velasco spiegò da un salotto dei Giochi di Tokyo che il secondo non è quella roba là, ma il migliore al mondo tranne uno. Del resto non è affatto vero che si ricordano solo i primi. Non sempre. Dopo oltre cent’anni ci tramandiamo la memorabile squalifica di Dorando Pietri alla maratona olimpica di Londra senza ricordare chi la vinse al posto suo. Fu Neil Armstrong a scendere per primo dall’Apollo 11 per muovere un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per l’umanità, ma il film Toy Story ha reso indimenticabile Buzz Lightyear, battezzato Aldrin, il numero due di quella missione. Jürgen Klopp al Borussia disse di non voler allenare la squadra migliore al mondo, ma una che lavorasse per batterla. La grandezza di Sinner e Alcaraz è nel restare Sinner e Alcaraz comunque. Da primo e da secondo, da secondo e da primo. Oggi uno, domani l’altro, si impara a essere sé stessi con il tempo. Lo dicono i Beatles in un pezzo che andò al numero uno. O forse al due. Chi se ne importa.

