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Jannik Sinner, il campione che fa rumore restando zitto

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Mario Ruffini, un amico, compositore e grande direttore d’orchestra https://it.wikipedia.org/wiki/Mario_Ruffini_compositore), nonché grande appassionato di tennis, ci ha scritto questo articolo che volentieri pubblichiamo

L’etica del silenzio: Jannik Sinner fa rumore restando zitto. In un mondo che grida, Sinner sceglie il silenzio. Nè proclami, né esultanze teatrali, né frasi da copertina. Solo lavoro, fatica, concentrazione. E’ arrivato nel tennis dal freddo, come una folata d’aria fredda, pulita, essenziale. La montagna gli ha insegnato il silenzio, la calma, il rispetto dei tempi. Dio scelse la musica per misurare il tempo e il freddo per dare concretezza al silenzio: per la musica affidò l’arduo compito a J.S. (Johann Sebastian Bach)per il tennis a J.S. (Jannik Sinner).

Sinner non urla, non recrimina, non si agita né cerca il consenso. Ogni punto è un gesto che resta. Che può finire negli annali della storia. Mai un grido. Nel tennis moderno, dove tutto è spettacolo, lui rappresenta una forma di resistenza, la bellezza dell’essenzialità. Ci sono momenti, durante i suoi match, in cui sembra quasi immobile. Gli occhi fissi sulla palla, il corpo teso come una corda di violino. Poi improvvisamente esplode, colpisce, chiude. Tutto senza rumore, senza teatralità

Quando vince, ringrazia, senza eccessi. Quando perde, analizza. Non cerca colpe. Non inventa scuse. Ha un raro rispetto per lo sport che pratica. E per se stesso. Ogni suo movimento, ogni parola misurata con la matura intelligenza di uno più grande della sua età, raccontano la storia di un ragazzo cresciuto nella concretezza. Non nell’illusione.

Dopo generazioni di promesse bruciate, di estrosità senza continuità, è arrivato un ragazzo che non vuole essere un fenomeno, ma un professionista. Uno che preferisce allenarsi invece che parlare. Uno che vuole migliorarsi, per essere all’altezza di ogni situazione, prevedibile e perfino imprevedibile. Il tennis italiano aveva bisogno di uno come lui. L’Italia ha bisogno di uno come lui.

Sinner ha dato forma a un nuovo modo di essere campione, cambiando tutto senza cambiare niente: asciutto, profondo, lucido. Ha portato la calma in uno sport che vive di nevrosi. E lo ha fatto restando fedele a sé stesso. Al suo accento, alla sua timidezza. Per lui la vittoria è solo un passaggio, mai un traguardo. È il carattere il segreto del suo successo: quello di chi sa aspettare. In un mondo impaziente, lui è l’eccezione. In un Paese che brucia gli idoli, lui cresce gradualmente, magari lentamente (ma non tanto…), ma con sicura progressione, con umiltà e precisione.

Nel 2023 e nel 2024 ha portato l’Italia alla vittoria della Coppa Davis, riportando un trofeo che mancava quasi da mezzo seolo. Lo ha fatto con una freddezza soltanto apparente, ma anche con una dolcezza, con gesti e  sorrisi leggeri, con abbracci misurati ai compagni, mai scomposti, quasi rimanendo in seconda fila. In lui c’è un cuore gentile, che egli mostra a modo suo: con la calma di chi non ha bisogno di dimostrare nulla.

Ogni volta che entra in campo, sembra portare con sé un pezzo di montagna, la pazienza, la concentrazione, la solitudine, il silenzio. E forse è proprio questo il suo segreto: Sinner non scappa dal silenzio. Ci vive dentro. E da lì costruisce tutto: ci sono campioni che vincono con il carisma, e altri che vincono con la voce. Lui vince con la quiete. In lui convivono la staticità e la compostezza delle opere di Piero della Francesca, nel suo sguardo tranquillo si riconosce qualcosa che nel mondo moderno abbiamo dimenticato, la bellezza della calma.

Un uomo che sa dire no e perché

Essere Sinner, in questo Paese, non deve essere facile. Un po’ di gratitudine se la meriterebbe. Come dice (su YouTube nel canale Ubitennis) e scrive (su questo sito) il direttore Ubaldo Scanagatta, Sinner “è creditore, non debitore nei confronti del tennis italiano”. Creditore per aver portato l’Italia del tennis sul tetto del mondo. Per aver fatto svegliare per tanti giorni (in più anni) una nazione intera alle 4 del mattino pur di vederlo. Per aver fatto piangere una intera nazione come bambini, quando anche l’Erba di Sua Maestà a Wimbledon si inginocchiava ai suoi piedi. Per aver riunito il Paese intero sotto una passione unica e travolgente. Per aver ribaltato il paradigma sportivo nazional/popolare “dal calcio al tennis”. Per aver riempito circoli, strade, occhi e cuori con i suoi colpi. Per l’esempio quotidiano che ci dà da anni: un esempio fatto di sudore, dedizione, silenzi, di parole composte e zero scuse.

E invece niente! Perché non si presta al circo nazional/popolare di San Remo”. Perché vive e soprattutto si allena a Monte Carlo con alcuni dei migliori  tennisti del mondo. Perché non va né alle Olimpiadi né da tutte le volte dal Presidente Mattarella. Perché dopo aver regalato all’Italia due Coppe Davis, pensa a sé stesso per rafforzarsi ancora, per farci godere ancora delle sue gesta.

No, non deve essere facile essere Sinner in Italia. Scintilla che brilla incessante in un Paese che perdona tutto, tranne il successo, come disse Enzo Ferrari. E che comunque, quando uno raggiunge il successo, deve smettere di esser sé stesso per assecondare ogni capriccio e desiderio degli altri.

A proposto di Mattarella, due parole vanno spese: se il cerimoniale del Quirinale, in accordo con la Federazione Italiana Tennis, avesse pianificato l’incontro con la squadra vincitrice della Coppa Davis nel mese di maggio, durante gli Internazionali d’Italia a Roma, sarebbe stato tutto molto semplice. È sbagliato un invito che va a rompere il sottilissimo equilibrio di un grandissimo atleta, costantemente in viaggio nei cinque continenti per 11 mesi l’anno, la cui programmazione è sacra se si vuole mantenere un livello altissimo.

La Davis

In questi giorni molti hanno finalmente  ricordato che il tennis è uno sport individuale, e non di squadra. E anche che a Wimbledon nel giorno della finale con Alcaraz c’era il re di Spagna e non un qualsiasi ministro del nostro Governo. Ma facciamo chiarezza con dati e date.

Innanzitutto, se la Davis fosse così centrale e importante per il mondo del tennis, perché metterla a fine stagione, con atleti stanchi e logori per via di una annata lunga e faticosa? E poi si parla di oggi, ma nominando la Davis si pensa a quella di ieri, che era giocata con formule, tempi e modalità del tutto diverse. Roger Federer in 24 anni di carriera ha giocato la Davis 15 volte. Rafael Nadal: in 24 anni di carriera / 18 volte. Novak Djokovic:  22 anni di carriera/ 17 volte. Andre Agassi: 21 anni / 10 volte. Jimmy Connors: 25 anni: 4 volte! Björn Borg: 11 anni: 9 volte. Come ci rivelano le statistiche, anche i giocatori più attaccati alla bandiera hanno dunque saltato diverse edizioni della Davis. Dai casi estremi come quello di Connors, che in 25 anni di carriera ha giocato solo 4 volte la Coppa Davis, alla fedeltà assoluta di Stefan Edberg, che in 14 anni di carriera ha disputato 14 Davis.

Sinner quest’anno non gioca la Davis: siamo in Italia, apriti cielo, tragedia greca! Sinner venga a riferire in Parlamento! Le persone ormai scomparse dalla scena e in grave crisi di visibilità, o i tuttologi che fremono per dire la loro, o gli enti inutili, per avere la prima pagina, hanno ormai una via maestra: attaccare Sinner. I nomi (e gli enti) di chi lo ha fatto ve li risparmio. Ormai li conoscono tutti. 

Quest’anno Sinner ha scelto di saltare la Coppa Davis per preparare al meglio l’Australian Open 2026 dopo essersi reso conto di essere arrivato alle ultime due edizioni (sebbene vittoriose) senza una preparazione ottimale cui invece più che legittimamente aspira stavolta. Ha le sue ragioni, ovvero il primo posto nel Ranking e forse – anche se non lo dirà mai – il Grande Slam. A Melbourne difende 2000 punti, mentre Alcaraz ne difende solo 400. Questo particolare lo “obbliga” a vincere di nuovo. Un altro dettaglio: vincere l’Australian Open per la terza volta consecutiva nell’era Open è riuscito soltanto a Novak Djokovic.

In uno sport individuale come il tennis, la carriera personale non può che essere la priorità assoluta di ogni atleta. La stagione è massacrante, le pressioni altissime: pretendere che un giocatore metta tutto in gioco per la Coppa Davis è semplicemente fuori dalla realtà, soprattutto se quella coppa l’ha già vinta due volte negli ultimi due anni. Le scelte di Jannik Sinner sono quelle di un professionista vero, che pensa in grande e fa sognare un intero Paese a occhi aperti. È una manna dal cielo per il tennis italiano: ringraziamolo.

Memoria corta

La storia non insegna niente se si ha la memoria corta. Settembre 2023: si grida allo scandalo perché Sinner salta la Davis. “Caso nazionale”. Jannik prova a spiegare che ha bisogno di allenarsi, ma nessuno gli crede. Da lì parte la sua scalata verso il trono mondiale. Quattro Slam vinti, due Insalatiere conquistate, trionfo alle ATP Finals e numero uno del ranking. Tutto nei ventiquattro mesi successivi a quella scelta.

Difficile in questa mentalità nazionalpopolare riuscire a capire che il tennis non è il calcio. Si confondono sport diversi con dinamiche completamente diverse. Per un tifoso di calcio il mondiale è tutto. Per un appassionato di tennis, solo vincere Wimbledon è qualcosa che non ha paragoni.

La Davis, oggi, non è quella di ieri: è diventato un torneo a squadre di fine stagione, compresso in una settimana e svuotato di parte del suo significato originale. Facciamocene una ragione.

Grazie Sinner, sempre!

Mario Ruffini

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