Sinner, dalle polemiche ai successi nel segno dell’understatement. E dopo Parigi può tornare n. 1
Lungi dal voler riattizzare i fuochi di una discussione antica e ricorrente, trita e ritrita ma mai abbastanza finemente – come evidentemente si evince dall’ultima settimana di letture e chiacchiere – davvero c’è poco di italiano nel comportamento di Jannik Sinner, almeno catalogando come tali alcuni stereotipi che vengono attribuiti al cittadino medio della nostra penisola. Per l’ennesima volta Jannik sorride e vola alto sul mormorio generale, scegliendo l’understatement dopo la rinuncia alle finali di Coppa Davis, quasi come motto da inserire nello stemma di famiglia, il sorriso dolce che accompagna il messaggio ineluttabile: “Verrei volentieri, è che non posso…”. Non un cenno o parola fuori posto, non si entra in polemica con nessuno e, una volta portato a termine vittoriosamente un match o un torneo, non si spernacchia qualche censore che magari nella foga è andato oltre nella forma.
Certo ognuno ha il pieno diritto di avere opinioni diverse e quindi di criticare il comportamento di una personalità pubblica, a volte anche in maniera vivace, esecrandone l’atteggiamento anaffettivo nei confronti del suo paese natale, eppure non si può non riconoscere la totale coerenza dell’asso altoatesino, atleta votato completamente al lavoro, al miglioramento continuo a tal punto da sacrificare ogni iniziativa che possa dargli visibilità, popolarità o prestigio. Come indicammo nel periodo in cui Sinner salì sul gradino più alto del podio, tutto è subordinato al programma, se un avvenimento rischia di ritardarne l’applicazione o, peggio ancora, comprometterla, lo stesso viene annullato con molta naturalezza, magari sottolineando che è una decisione sofferta, difficile. Ma necessaria.
Quindi non si va alle Olimpiadi nel 2021, non si veste la maglia della Nazionale (più volte, almeno quattro non tenendo conto delle prossime finali di Bologna), non si va a Sanremo e soprattutto al Quirinale, forse la decisione che più ha indignato l’opinione pubblica.
Jannik il più delle volte non risponde, anche se il Corriere domenica annuncia una pace tra il campione e Bruno Vespa durante la trasmissione Le Iene. Lui ribatte giocando a tennis e non si può non ricordare che dopo la diserzione di settembre 2023 nel turno precedente alle finali di Coppa Davis, quando l’Italia fu vicina a uscire dopo la sconfitta con il Canada e si riprese con un rocambolesco successo contro il Cile per merito soprattutto di Arnaldi e Sonego, Sinner iniziò il lungo sprint che lo guidò alla vittoria di Malaga (con trionfo su Djokovic), all’Australian Open e in definitiva alla vetta del mondo tennistico.
Se ha avuto il coraggio di dire no quando era solamente una grande promessa con praticamente tutto da dimostrare, era difficile immaginare, nonostante qualche comprensibile remora, una scelta diversa; con la sua solita sicurezza Sinner ha detto no alla Davis e a Vienna, manco a dirlo, ha vinto. In Austria in certi tratti ha dominato, in altri ha lottato (bravo Cobolli) e domenica in finale ha concesso un set a Zverev, il primo, per poi rimontare e prendersi faticosamente il trofeo.
È solo il quarto alloro di una stagione come sappiamo monca per la vicenda-Clostebol, che lo ha visto sconfitto anche quattro volte in finale, sempre da Carlos Alcaraz: con le vittorie in terra austriaca Jannik allunga la serie di match consecutivi vinti indoor fino a 21, raggiungendo in settima piazza Stefan Edberg nel particolare ranking che vede al primo posto John McEnroe con 47 nel periodo dal 1978 al 1987.
In un altro tweet il nostro Giovanni Pelazzo riassume le cifre del campione ricordando che le otto finali sono arrivate in soli dieci tornei disputati, che gli hanno portato oltre 9000 punti ATP in un 2025 dov’è stato costretto a restare fermo per tre mesi. Altra considerazione: se Sinner dovesse vincere a Parigi e Alcaraz non raggiungesse le semifinali, Jannik tornerebbe al primo posto del ranking, anche se poi lo perderebbe una settimana dopo per via dei punti in scadenza alle ATP Finals. Anche il solo fatto che ci sia questa possibilità, noonostante appunto i tre mesi senza torneo per l’azzurro, la dice lunga sulla sua stagione straordinaria.
Sembra un gioco parallelo al tennis: Sinner si carica di responsabilità ogni qualvolta prende decisioni delicate e impopolari, ogni volta ne esce da campione e le vittorie sopiscono le polemiche, che si dileguano ma non spariscono, pronte a rinfocolare al prossimo “grazie, non posso” del campione alla maglia azzurra o ad altri eventi irrinunciabili. Pare quasi si diverta…

