ATP Shanghai: caldo opprimente, ritiri e la heat policy che non c’è
Jannik Sinner non ha battuto Griekspoor per la settima volta in altrettante sfide. Al Rolex Shanghai Masters, l’olandese Tallon, “the normale one”, è riuscito a spuntarla in barba alle previsioni e alle quote dei bookies che non gli lasciavano speranze. E nonostante tutto sembrasse andare secondo il copione, con Sinner che aveva vinto il primo set al tie-break – e non poteva essere altrimenti, dal momento che con quello sono diventati 12 vinti e 3 persi quest’anno, oppure, per dirla in altro modo, non ne perde uno contro un avversario che non sia Alcaraz da luglio 2024 (Medvedev a Wimbledon).
Da settima vittoria a settimo ritiro
Il traguardo era ormai vicinissimo quando Jannik si è guadagnato lo 0-40 in risposta all’ottavo game, ma Giekspoor ha piazzato due ace e approfittato dell’errore bimane azzurro per annullare anche la terza chance. E, sorpresa, è andato a prendersi la frazione per 7-5. Nella partita finale, le gambe di Jannik cominciano ad accusare problemi e i crampi “esplodono” definitivamente nel quinto game: Griekspoor brekka un Sinner pressoché immobile, aiutato a raggiungere la panchina dal fisioterapista che poi gli massaggia il quadricipite destro durante il tempo del cambio campo. Non è previsto il medical time out per i crampi e, quando l’arbitro chiama “time”, il nostro non è neanche in grado di camminare e si ritira. Jannik è già il settimo a non completare un match nel torneo.
Cosa dicono i giocatori
In questi giorni a Shanghai non fa solo caldo, ma l’umidità è parecchio alta: secondo diversi dati, quasi il 90% durante il match di Sinner quando ancora c’erano 30 gradi. Prima del Rosso di Sesto, si erano ritirati Wu, Atmane e Medjedovic al primo turno, Ruud al secondo e Goffin e Machac al terzo.
Per alcuni di loro i ritiri non sono da imputare, almeno non direttamente, alle condizioni ambientali sfavorevoli: infortuni per Ruud (al polso, “è dura ritirarsi, ma a volte il corpo dice basta” ha scritto su Instagram), Goffin (collo) e Machac (ginocchio), al quinto ritiro in stagione. Ancora non confermate le motivazioni di Wu e Medjedovic che durante il MTO ha domandato retoricamente al supervisor, “come puoi farci giocare in queste condizioni?”. “Non riuscivo a respirare” aveva invece commentato Atmane dopo il suo match.
Ma anche chi ha portato a termine l’incontro e pure vincendolo si è lamentato, come Rinderknech, che ha parlato di “umidità folle” e di come sia “difficile persino respirare in campo”. Proprio il francese era crollato a terra lo scorso agosto nell’afa di Cincinnati, uno degli eventi più impegnativi sotto questo aspetto.
Poi il belga Bergs, ironico, “sono appena tornato dalla piscina” e Novak Djokovic, che ha pure vomitato durante un cambio campo, dopo la vittoria contro Hanfmann: “È lo stesso per tutti, ma è brutale”.
Infine, l’episodio di Nardi, autorizzato dall’arbitro a cambiarsi le scarpe fradice di sudore (quando un poco contento Mpetshi Perricard era a due servizi dal chiudere il match) perché bagnavano il campo rendendolo pericoloso.
Cosa (non) dice il regolamento ATP
Insomma, fermo restando che se giochi a tennis devi fare i conti con il caldo (e talvolta con il freddo, il vento e tutto quanto), in questi giorni Shanghai sta certamente proponendo suo malgrado delle condizioni tutt’altro che ideali quando si tratta di mettere in campo prestazioni sportive di élite. Ma la domanda è: siamo andati oltre il limite della extreme heat policy, la politica per il caldo estremo? Diciamo subito che, posta così, è una domanda trabocchetto: nel regolamento ATP non è presente alcun riferimento a una tale policy.
Certo, gli organizzatori possono prevedere un riposo di dieci minuti prima del terzo set purché comunicato prima dell’evento; inoltre, una regola stabilisce che, “quando le condizioni meteorologiche o di altro tipo minacciano l’immediata sicurezza di giocatori, spettatori, ufficiali di gara o qualsiasi altra persona presente sul campo del torneo, il Supervisor può sospendere o rinviare gli incontri fino a quando, a suo giudizio, la minaccia alla sicurezza non sia più evidente”, ma non è questo il caso e pare decisamente più applicabile, per esempio, al pericolo di fulmini nella zona.
La WTA e gli Slam, invece…
Politiche per il caldo estremo sono viceversa adottate dagli Slam e fanno riferimento alla WBGT, la Wet-Bulb Global Temperature che tiene conto di temperatura dell’aria, umidità, velocità del vento e calore radiante (irraggiamento). Nella Heat Stress Scale dell’Australian Open, al grado tre è il momento di utilizzare strumenti per raffreddare la temperatura corporea (come il ghiaccio avvolto negli asciugamani), al quattro ci sono i dieci minuti di pausa (per gli uomini dopo il terzo set) e al grado cinque il gioco viene sospeso sui campi esterni, mentre negli stadi si prosegue una volta chiuso il tetto. Melbourne e New York sono storicamente i tornei dove le condizioni ambientali possono essere più dure, ma vale la pena ricordare la sorpresa del caldo record dell’ultima edizione di Wimbledon.
La WTA si dimostra piuttosto attenta quando si tratta dei potenziali pericoli legati al caldo estremo (precisamente, alla combinazione di quei fattori che possono ostacolare la termoregolazione corporea) e, diversamente dall’omologo maschile, il suo Rulebook contempla misurazioni e procedure.
Il riferimento principale è ancora la WBGT; in mancanza del relativo misuratore, ci si attiene alla tabella che incrocia temperatura dell’aria e umidità relativa calcolando l’indice di calore, generalmente noto come temperatura apparente o percepita (non che sia davvero una temperatura, ma questo è un altro discorso).
Non eravamo sul campo a monitorare costantemente i due valori durante queste giornate di Shanghai, ma stando ai dati riportati dai siti meteo appare molto probabile che sia durante la sfida tra Jannik e Tallon sia durante altre si siano raggiunte almeno le condizioni per la “modifica del gioco” che in un match del circuito WTA avrebbero comportato la sospensione di 10 minuti prima di un eventuale terzo set. Di sicuro, invece, alla Qizhong Forest Sports City Arena c’è la possibilità di chiudere il tetto e giocare in condizioni indoor, come del resto è successo sul centrale nel Day 1 di Wuhan, mentre il gioco è stato temporaneamente interrotto sugli altri campi.
Cosa si può fare
In mancanza di criteri oggettivi e di pericolo immediato, tuttavia, è poco verosimile che il supervisor intervenga perché “si suda più del solito”. Anzi, i supervisor, plurale, visto che a Shanghai ricoprono tale ruolo Gerry Armstrong, Roland Herfel, Ali Nili e Hans-Juergen Ochs. Teniamo anche presente che già Sascha Zverev ha innescato la polemica secondo cui i direttori dei tornei favorirebbero Alcaraz e Sinner per avere quella che sarebbe (teoricamente e non solo) la miglior finale possibile; se poi si mettessero a chiudere il tetto perché la maglietta si appiccica alla pelle, regalando così a Jannik le sue condizioni preferite, la tesi del tedesco comincerebbe a essere presa sul serio (dato comunque per assodato che i più forti possono essere più facilmente tali “dappertutto” anche perché le superfici si assomigliano, ma non da un paio d’anni).
L’adozione da parte dell’ATP di una extreme heat policy al pari di Slam e WTA o almeno la redazione di linee guida come riferimento per i singoli tornei (ognuno dei quali ha proprie caratteristiche, per quanto in fondo non importi granché dove sei se per la WBGT lo stress termico è oltre la soglia di pericolo) sembra la soluzione ideale per evitare da un lato che gli ufficiali di gara vengano messi alla gogna come capita di frequente per aver preso una determinata decisione e dall’altro (per qualcuno magari più importante) che i giocatori rischino seriamente di collassare in campo.