US Open, Djokovic: “Sinner e Alcaraz? Troppo divario negli Slam. Ma 2 su 3…”
Per il secondo anno consecutivo, il Big 3 non ha vinto alcun titolo Slam. Gli ultimi otto trofei sono stati equamente divisi tra Jannik Sinner e Carlos Alcaraz lasciando a bocca asciutta tutti gli altri, proprio come accadeva (quasi sempre) quando il Big 3 non era solo Novak Djokovic, ma anche Rafael Nadal e Roger Federer. Se pensiamo che nel 2023 Nole aveva vinto tre Major su quattro perdendo solo in finale da Alcaraz a Wimbledon, ecco che il passaggio dall’epoca del Big 3 alla nuova era si può dire compiuto non solo definitivamente, ma in modo netto, secchissimo e improvviso. Un taglio chirurgico che, albo d’oro Slam alla mano, appare indolore. Si può obiettare che un po’ di dolore lo abbia provato chiunque non faccia parte del duopolio italo-spagnolo, anche se forse ciò potrebbe valere solamente per Djokovic: coloro che da alcuni anni inseguono sembrano al momento piuttosto anestetizzati, ibernati – dal punto di vista tecnico, tattico e mentale – come nei fantascientifici viaggi intergalattici: “Svegliateci quando tocca noi” era l’input rivelatosi clamorosamente errato.
Tornando al Big 3, cioè al trentottenne di Belgrado, nel 2025 ha raggiunto le semifinali in tutti gli Slam, un risultato straordinario (al netto degli “ibernati”) ma che va molto più che stretto a chi ambiva al venticinquesimo. Tanto più che in quei quattro match (uno con Zverev, con ritiro dopo il primo parziale, due con Sinner e l’ultimo con Alcaraz) non ha vinto un set. Insomma, sempre senza dimenticare una programmazione esclusivamente mirata a quell’obiettivo che gli altri non possono permettersi, negli Slam si è dimostrato superiore a quasi tutti, ma lo strappo operato da Carlos e Jannik appare ormai insanabile, specialmente sulla distanza del 3 su 5. Che, paradossalmente, è quella dove ha più possibilità contro tutti gli altri: “Al meglio dei cinque set per me difficilissimo giocarci [contro Sinner e Alcaraz], specialmente nelle fasi finali degli Slam” aveva detto a New York dopo la sconfitta per mano spagnola. “Credo di avere più possibilità due-su-tre, nei tornei di una settimana o nei Masters 1000 con i giorni di riposo”. Questa parole con cui Novak aveva concluso la conferenza stampa in inglese avevano sorpreso un po’ tutti considerata la sua sporadica partecipazione agli altri tornei del circuito e proprio su questa perplessità verte la prima domanda nell’intervista con i media del suo Paese, come riportata da Ben Rothenberg su Bounces.
Meglio allora 2 su 3?
“Non so se eri a Wimbledon” spiega Djokovic al giornalista serbo, “ma direi che la mia conferenza stampa lì suonava molto più vicina al ritiro rispetto a quello che sto dicendo ora. Ho solo spiegato perché credo di avere più possibilità nelle partite al meglio dei tre set. Onestamente, è abbastanza chiaro a chiunque conosca il gioco e abbia seguito la mia carriera e le mie rivalità. Questi ragazzi sono i migliori al mondo in questo momento. Sono davanti a me in vari aspetti del gioco, ma il divario più evidente è nella resistenza fisica, soprattutto nelle fasi finali degli Slam.
Quest’anno ho raggiunto tre semifinali su quattro Slam, due volte contro Sinner e una contro Alcaraz. Ho battuto Alcaraz nei quarti in Australia, ma quella partita mi ha tolto così tanto che non sono riuscito a finire la semifinale. Le partite contro di loro sono incredibilmente dure e intense. Per vincere devo spingere il mio fisico fino al limite, ed è questa la realtà. Entrambi sono in condizione ottimale, rapidissimi, giocatori completi, e al momento c’è un grande divario tra loro due e il resto del circuito.
Nel complesso, posso ritenermi soddisfatto dei miei risultati negli Slam di questa stagione. Sono completamente soddisfatto? No, perché mi aspetto sempre almeno un titolo. Ma se considero il mio stato fisico, lo stress cui è sottoposto il mio corpo ora più che mai, e il fatto che affronto ragazzi che hanno più di 15 anni meno di me e sono nel pieno della carriera, penso sia giusto dire che sono contento. Sono riuscito a battere quasi tutti gli altri negli Slam, tranne quei due.
Voglio ancora competere, ma quanto, in quali tornei, e come sarà il mio calendario, non solo per il resto di quest’anno ma anche in futuro, sinceramente non lo so. Non voglio incastrarmi in un piano rigido a lungo termine. Sono stanco di programmare tutto mesi prima. Preferisco ascoltare il mio corpo, capire dove trovo la motivazione e poi decidere. Per ora so che giocherò ad Atene se sarò in salute, Dio volendo. Oltre a quello, tutto è incerto per quest’anno. Per la prossima stagione, l’Australian Open è dove voglio iniziare. Dopo si vedrà.
Ferrero, Cahill, programmazione e professionalità
D. Ferrero e Cahill sono allenatori straordinari, che portano un’enorme esperienza ad Alcaraz e Sinner. Pensi che avere mentori così sia forse il più grande vantaggio della loro generazione rispetto alla tua? Diresti che hanno già un approccio più serio e professionale alle loro carriere di quanto lo avessero i giocatori della tua generazione alla loro età, specialmente negli Slam? E quanto influiscono davvero oggi gli allenatori nello sviluppo delle carriere dei giovani rispetto a quando emergevi tu?
“Quella è la loro squadra. Entrambi hanno coach che hanno vinto Slam da giocatori e da allenatori. Ferrero e Darren Cahill sono grandi menti del tennis, persone con tantissima esperienza, che sanno esattamente come preparare i loro ragazzi. Sono sicuro che abbiano anche imparato da noi, osservando come giocavamo e come affrontavamo recupero e programmazione.
Non sono convinto che noi giocassimo molto più di loro; la differenza sta nel formato e nella durata dei tornei. Per gran parte della nostra carriera, i Masters duravano sette giorni. Era molto diverso. Giocavamo tante partite di fila, ma tutto era compresso in una settimana, poi si passava al torneo successivo. Oggi gli eventi si sono allungati, quasi raddoppiati. Da questo punto di vista ha senso.
Se fossi alla loro età oggi, giocando un calendario pieno, probabilmente salterei anch’io qualche grande evento qua e là, perché è impossibile giocare tutto ed essere comunque fresco per gli Slam, che sono ciò che conta di più. Da quello che vedo, loro lo gestiscono molto bene, e i risultati lo dimostrano.“