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Sonego: “Il ricordo più bello? La Davis del 2024. Contro Djokovic a Vienna una giornata di grazia”

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Qualche settimana a casa, tra duri allenamenti e tempo in compagnia dei cari, e poi pronti per la trasferta cinese. Lorenzo Sonego si sta preparando a Torino per l’ultima parte della stagione. I tornei in America non gli hanno restituito grandissime gioie in singolare. In doppio, invece, ha raggiunto la finale del Masters 1000 di Cincinnati insieme a Lorenzo Musetti. Di recente il trentenne piemontese è stato intervistato da Carlo Pellegatti, e ne è venuta fuori una piacevole chiacchierata in cui i due hanno toccato vari temi.

Primo tra tutti, la scomparsa di Giorgio Armani, uno degli italiani più influenti e conosciuti al mondo. Il suo marchio leggendario è legato anche al pianeta sport e l’attuale numero 46 ATP ne è un fiero ambasciatore. Ho avuto la fortuna di conoscerlo a una partita dell’Olimpia Milano, ha rivelato Lorenzo. “È stata una bella emozione. Di sicuro lui ha rivoluzionato lo stile in Italia. È stata una persona super influente per tutti gli italiani ed è stata una brutta perdita. Noi di EA7 giochiamo anche per la memoria sua. Ci sarà uno stimolo in più. La dedica al prossimo torneo sarà per lui sicuramente”.

La conversazione si è poi spostata sulle differenze tra uno sport individuale come il tennis e le discipline di squadra come il calcio, che Sonego ha praticato per molti anni quando era ragazzino. Lo sport individuale è fatto su misura per te. Quindi, non lavori in un gruppo in cui fanno tutti le stesse cose. Il lavoro è differenziato nel tennis e riguarda aspetti specifici del tuo gioco e del tuo fisico. Mentre ovviamente nel calcio giochi per la squadra e ciò mi è sempre comunque piaciuto. Perché condividere le emozioni con altri, specialmente se ci sei molto legato, è bello. Nel tennis questo succede in Coppa Davis, quando giochiamo l’uno per l’altro”.

E a proposito di Davis, il ricordo del 2024 è ancora vivo negli occhi del torinese, che ha scelto il titolo di campioni del Mondo con la Nazionale azzurra come miglior raggiungimento sino ad ora nella sua carriera. Sicuramente la Davis è il ricordo più bello. In Italia non arrivava da tantissimi anni. C’era tanta pressione su di noi. Eravamo un gruppo affiatato di amici e quella è stata un’emozione grande. Poi siamo anche andati ospiti da Mattarella. Quindi, è stato tutto amplificato diciamo”.

Il lavoro per giungere a questi risultati, però, parte dal lontano. E la consapevolezza di poter fare del tennis la propria professione è arrivata, per quanto riguarda Lorenzo, molto tempo fa.  Nello specifico, “quando ho giocato il mio primo Challenger dopo aver disputato i Futures. Avevo superato le quali battendo gente che era al posto numero 200/300 del mondo. In quel momento ho capito che quella cosa la dovevo fare in maniera professionale e assumere più persone nel mio staff per cercare di fare il massimo e provare a raggiungere la top 100.

Sonego ha dovuto aspettare il settembre del 2018 per togliere la tripla cifra dal suo ranking. Pochi anni dopo, alcuni connazionali hanno bruciato le tappe e sono riusciti a tagliare questo traguardo nel breve periodo. “Delle loro potenzialità me ne ero accorto subito. Io ho vissuto il periodo con Berrettini dato che siamo cresciuti insieme. Abbiamo vissuto un percorso simile. Lui ovviamente è arrivato più in alto, però abbiamo sempre fatto gli stessi tornei. Poi, dopo qualche anno, sono arrivati quelli più giovani, dei quali si parlava sino quando erano piccoli. Musetti ad esempio già lo vedevo negli Slam juniores quando aveva 16 anni. Poi ci incontravamo qualche volta a Tirrenia dove c’è il centro federale. Lì abbiamo cominciato a conoscerci e ogni tanto giocavamo assieme. Già si vedeva che questi ragazzi avevano qualcosa in più e sarebbero arrivati al top.

Ma il top di Lorenzo Sonego quando è stato? Le sue due partite migliori, secondo lui, sonoquella a Vienna contro Djokovic, che era numero uno del mondo, per 6-2 6-1. È stata una di quelle partite in cui sai che qualunque cosa fai ti riesce bene. Una giornata di grazia. Poi anche la partita al Roland Garros contro Rublev nella quale ero due set a zero sotto e avevo perso il secondo 6-0. Sembrava una giornataccia. Poi però l’ho vinta al quinto ed è stato veramente incredibile”.

Tutto frutto di un gran lavoro che il torinese costruisce da anni, con costanza e professionalità, giorno dopo giorno. “Essere a questi livelli significa fare attenzione all’alimentazione già dal mattino. Con la fidanzata nutrizionista sono tranquillo, prepara lei la colazione (sorride, ndr). Poi si va subito al circolo e lì si passa l’intera giornata, perché mi alleno mattino e pomeriggio tra tennis e atletica. Un paio di ore di tennis e di atletica al mattino e poi il pomeriggio ancora un’ora e mezza di entrambe. Alla sera arrivo cotto. Infatti, forse è più facile andare ai tornei, perché là sì ti alleni, ma quando sei a ridosso della gara tieni un po’ più le energie e ti alleni con maggiore calma. Fai più attenzione a mantenerti in forma, alla prevenzione e alla mobilità. Invece quanto ti alleni e sei a casa è molto più dura.

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