US Open visto da dentro: dal saluto a Jannik Sinner alla gricia in ‘Via della Pace’
Risveglio sotto le nuvole, in una Manhattan coperta dal cielo grigio. La solita routine: colazione, poi il pullman che porta a Flushing Meadows. I match oggi iniziano alle 11: il cielo resta scuro ma la pioggia, per fortuna, non scende.
Mi sposto subito sul campo 4, dove Federico ‘Pallino’ Cinà deve completare il match contro l’argentino Federico Gomez. Parte forte, aggressivo, con le idee chiare: domina il secondo parziale e lo porta a casa. Nel terzo set ho l’impressione che possa fare lo scatto decisivo, ma questo non avviene. Quello che si percepisce, anche dal suo angolo, è che nei momenti più importanti manchi ancora un po’ di esperienza, quella che si costruisce con tante partite a livello così alto. Sul cinque pari, un game un po’ sottotono gli costa il break decisivo, e Gomez chiude l’incontro: sul duro, con quel servizio, l’argentino è difficile da scalfire.
Nemmeno il tempo di uscire dal campo e corro al Court 16, dove Matteo Gigante affronta Coleman Wong. Il primo set scivola via bene: avanti di un break, poi raggiunto, ma Matteo lo porta a casa. Nel secondo set succede qualcosa che non fa bene al tennis: alcuni tifosi dietro la tribuna si fanno sentire per Wong in modo un po’ scorretto, e questo innervosisce Matteo. Nervosismo che pesa, perché il set sfugge via. Nel terzo si lotta punto su punto: “Giga” combatte con i suoi nervi ma recupera un break e sembra poter restare agganciato, ma al solito, come con Pallino, il break all’undicesimo game è fatale. Wong chiude e l’azzurro deve cedere. Due sconfitte dure, che dispiacciono.
È una giornata intensa, cammino da un campo all’altro: do un’occhiata a Giulio Zeppieri che perde entrambi i set lottati contro Jaime Faria. Mi sposto al campo 7 per vedere un match che mi interessa ma dopo appena un game il campo si spacca: era rimasta una bolla sul terreno e questo porta a una sospensione di un’ora. Dopo la ripresa, al tie-break, De Jong, avanti 6-1, chiude soltanto 13-11. Credo sempre di più che il tennis sia uno sport per matti!
C’è anche un po’ di bellezza in questa giornata. Arriva Jannik Sinner: lo saluto, come sempre quando ci incrociamo. È il giorno del suo primo allenamento a New York, con Comesana, e più tardi assisto anche a qualche scambio tra Musetti e Alcaraz. Piccoli momenti che ti ricordano quanto sia speciale essere qui.
Un passaggio nel tunnel che porta dagli spogliatoi al centrale: leggere la frase scolpita all’ingresso, “The pressure is a privilege” di Billie Jean King, è stato davvero emozionante. Anche vedere l’Arthur Ashe vuoto, silenzioso, con i seggiolini deserti, fa un effetto strano: sembra quasi un teatro prima che si alzi il sipario.
Oggi nella parte esterna della lounge c’erano dei piccoli recinti con addestratori che giocavano con i cani, e alcuni giocatori e giocatrici come Sabalenka stavano lì a interagire con loro. È interessante vedere quante attività il torneo crei per i protagonisti.
Oggi c’è davvero tanta gente: si fatica a trovare posti a sedere in quasi tutti i campi, gli shop sono pieni con file anche fuori.
Nel tardo pomeriggio newyorchese arrivano le due belle vittorie azzurre: prima Francesco Passaro che sconfigge in rimonta Pacheco Méndez e rimane l’unico ancora in gara per i ragazzi, e poi Lucrezia Stefanini che vola al turno decisivo di qualificazioni.
La giornata regala anche il sorteggio del main draw: ci sono turni favorevoli e altri meno, ma come sempre l’obiettivo resta lo stesso: portare più azzurri possibile avanti.
Fa freddo oggi: 18 gradi, non ero molto preparato, ma Manhattan al ritorno sembra quasi più vivibile così. È bello tifare sempre insieme a Giovanni Bartocci, proprietario di “Via della Pace” e grande amico, che rende le giornate più leggere. La giornata non può che concludersi lì, da lui, con una buona gricia che sa di casa. Ma mi accorgo di non essere l’unico: ci sono anche Vavassori, Paolini, Errani, Cinà e Travaglia con i loro team.
È stata una giornata particolare, intensa, stancante, ma anche positiva. La protagonista oggi per fortuna non è stata la pioggia, come ieri, ma il tennis: quello che sa dare gioie e delusioni nello stesso pomeriggio. Domani, ancora una volta, ci sarà un’altra pagina da scrivere in questo diario di bordo
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