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La Corte di Giustizia Europea mette in dubbio il ruolo del CAS

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Il mese di agosto inizia con una notizia che mette in discussione il ruolo dell’istituzione cardine per quanto concerne la risoluzione delle controversie relativa al mondo dello sport. Stiamo parlando del Tribunale Arbitrale dello Sport (TAS) o usando il termine internazione il Court Arbitration for Sport (CAS), l’organismo internazionale indipendente con sede a Losanna, in Ginevra, creato nel 1984 dal Comitato Olimpico Internazionale.

Il CAS ha il compito di risolvere le controversie legali nel campo dello sport attraverso l’arbitrato. Esso svolge il suo ruolo pronunciando lodi arbitrali che hanno la stessa efficacia esecutiva delle sentenze dei tribunali ordinari. Il CAS si avvale di quasi 300 arbitri giudiziari provenienti da tutto il mondo, scelti per le loro conoscenze specialistiche in materia di arbitrato e diritto sportivo. Il CAS possono essere sottoposte diverse controversie legate direttamente o indirettamente all’ambito sportivo, da quelle di natura commerciale sino a quelle di natura disciplinare a seguito di una decisione presa da una organizzazione sportiva, i casi più rilevanti che rientrano in questa categoria sono quelli legati al doping.

Questa necessaria premessa rende l’idea del ruolo nel mondo dello sport che riveste il CAS. A minare il ruolo di tale autorità è una recente sentenza della Corte di Giustizia Europea (CGUE), emessa il 1° agosto 2025, in particolare sul peso delle sue decisioni all’interno dell’Unione Europea.

Partiamo dall’impatto di tale sentenza, ossia permettere una revisione più approfondita da parte dei tribunali sulle sentenze del CAS. La CGUE ha, infatti, stabilito che i tribunali nazionali degli Stati membri dell’UE devono essere autorizzati a condurre un esame giudiziario approfondito delle sentenze arbitrali emesse dal CAS. Questa revisione ha lo scopo di garantire che tali sentenze siano compatibili con i principi fondamentali del diritto dell’UE e con la normativa dell’UE. Un cambio di paradigma totale che di fatto erode l’inappellabilità che le decisioni del CAS hanno tradizionalmente avuto.

Ma da dove ha avuto origine questa sentenza? La decisione delal Corte di Giustizia Europea è arrivata al termine di una battaglia legale durata un decennio avviata dal club belga RFC Seraing e dal fondo di investimento maltese Doyen Sports.

Ricostruiamo quanto accaduto. Nel 2015 all’RFC Seraing è stato impedito di registrare nuovi giocatori, con annessa multa da parte della FIFA (organismo che governa il mondo del calcio), in seguito ad un accordo sottoscritto dal club belga col fondo di investimento maltese, avente ad oggetto il trasferimento di parte dei diritti economici dei giocatori. La FIFA si è dimostrata contraria a tale accordo, definendolo una violazione delle regole del mondo del calcio dato che a terze parti non è consentito detenere diritti economici sui giocatori.

Le sanzioni inflitte dalla FIFA sono state successivamente confermate dal CAS  e dalla Corte Suprema Federale Svizzera. L’RFC Seraing non ha, tuttavia, accettato la decisione del tribunale sportivo portando il caso davanti alla corte di un tribunale belga contestando la compatibilità delle normative FIFA con il diritto dell’Unione Europa.

Sebbene, sino a quel momento, le sentenze del CAS siano considerate definitive e non possano essere impugnate, il tribunale belga si è rivolto alla Corte di Giustizia Europea. Quest’ultima al termine della propria revisione ha affermato che “è essenziale che il ricorso all’arbitrato non comprometta i diritti e le libertà che le norme fondamentali del diritto dell’Unione garantiscono agli atleti, ai club e, più in generale, a qualsiasi altra persona che pratichi uno sport professionistico o svolga un’attività economica connessa a tale sport”. Aggiungendo un passaggio fondamentale: “Su tali basi, la Corte di giustizia stabilisce oggi che i tribunali nazionali devono essere autorizzati a effettuare un controllo giurisdizionale approfondito per verificare se i lodi arbitrali emessi dal Tribunale arbitrale dello sport (CAS) siano conformi alla normativa dell’UE”.

La Corte di Giustizia Europea ha, infatti, contestato il fatto che la FIFA abbia spinto il club a rivolgersi al CAS per risolvere la questione, invece di lasciare che fosse il club a scegliere come risolverla. La Corte ha affermato che una tale configurazione, in cui gli individui sono costretti all’arbitrato al di fuori dell’UE senza un’effettiva supervisione giudiziaria, è contraria al diritto dell’UE. La CGUE ha dichiarato che qualsiasi legge nazionale che consideri le sentenze del CAS immuni da ulteriori controlli è incompatibile con il diritto dell’UE. I tribunali nazionali devono essere abilitati a “disapplicare d’ufficio qualsiasi legislazione nazionale o norma di un’associazione sportiva che ostacolerebbe tale effettiva protezione giurisdizionale”.

Pur trattandosi di un caso relativo alla FIFA emergono implicazioni più ampie relative a tutte le altre federazioni sportive internazionali, assestando un serio colpo, in termini legali, nei confronti degli organismi sportivi con sede legale in Svizzera. Una sentenza che ha il suo peso con il CAS che ne ha preso atto precisando che il “CAS risolve controversie sportive in tutto il mondo e applica il diritto dell’UE quando necessario”. Infatti, il CAS ha sottolineato che “sebbene la stragrande maggioranza dei casi sottoposti al CAS riguardi questioni contrattuali e disciplinari non disciplinate dal diritto dell’UE, le questioni relative al diritto della concorrenza dell’UE possono già essere contestate dinanzi ai tribunali nazionali dell’UE a seguito di una precedente sentenza della CGUE”

L’implicazione più grande è che la decisione della CGUE garantisce che, anche se una controversia sportiva viene decisa dal CAS, i tribunali nazionali degli Stati membri dell’UE possono effettuare una revisione più approfondita di tale decisione per assicurarsi che sia conforme ai principi legali fondamentali dell’UE.

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