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Un padre irruento, il montepremi nei calzini e la partita a calcetto. Tre aneddoti del Palermo Ladies Open

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Da Palermo, il nostro inviato

Durante la settimana del Palermo Ladies Open – giunto alla 36esima edizione – Ubitennis si è addentrato negli anfratti più reconditi del prestigio Country Time Club, entrando in contatto, ed ascoltando, gli aneddoti del Direttore del circolo palermitano, Gaspare Lo Voi, che si è gentilmente prestato a raccontarci – in esclusiva – gli episodi più intriganti della storia del torneo siculo.

La narrazione del Direttore ci catapulta immediatamente negli anni ’90, focalizzandosi sul personaggio di Mary Pierce, e sul suo singolare trascorso familiare. Pierce – ricordiamo – è una giocatrice franco-canadese, che raggiunse la terza casella del ranking mondiale, e vinse il primo titolo WTA della carriera proprio a… Palermo: “Era la sua seconda casa – racconta Lo Voi – perché sia la mamma, che il papà, che il fratello ogni anno ben volentieri venivano qui, attratti dalla città e anche dalla nostra cucina, perché amavano gli spaghetti al pomodoro… eccetera. Il papà è un ex marine degli Stati Uniti, un tipo molto particolare. Lui era un ex marine, tarchiato, abbastanza robusto. Mi ricordo ancora questo Rolex d’oro Daytona che aveva”.

Il personaggio appena citato dal Direttore del Country è il protagonista dell’aneddoto che stiamo per raccontarvi in questo articolo versione Amarcord. “È successo che nei due anni successivi, abbiamo saputo che il papà aveva litigato con la mamma. Si erano separati, e lui, che era un tipo molto irruento, era stato bandito. Era stato bannato da tutti i tornei WTA. E fu quella volta in cui la Pierce si incontrava con Radka Bobkova (1993), al papà fu vietato di entrare nella sede del torneo anche pagando il biglietto“.

In un’intervista rilasciata qualche anno or sono, la campionessa francese si era esposta sul complicato rapporto col coach-padre, confessando di essere perennemente impaurita dalla sua figura: “Quando avevo 13 anni, mio ​​padre era il mio allenatore a tempo pieno e mia madre era la mia mamma a tempo pieno. Non c’erano entrate e talvolta vivevamo in macchina. Mio padre mi ha mostrato una borsa con dei soldi ed mi ha detto: ‘Questo è tutto ciò che abbiamo’. E poi: ‘È meglio che inizi a vincere perché abbiamo bisogno di soldi‘. Era parecchia pressione da mettere su una bambina. Ho dovuto vincere perché se non lo avessi fatto, mio ​​padre sarebbe diventato violento e avevo paura di quello che sarebbe successo. La paura era l’emozione trainante“.

Il terrore di Mary nei suoi riguardi, costrinse la giovane tennista a richiedere l’ordine restrittivo per tenere lontano il padre, e infatti, il Direttore del Country Time Club di Palermo racconta: Quell’anno si sapeva che il papà non sarebbe dovuto venire qui al torneo. Invece un ragazzo con la vista molto acuta della sicurezza scopre che lui, in mezzo alle sterpaglie, stava cercando invece di entrare al circolo. Per cui venne subito bloccato dai carabinieri della sicurezza e venne gettato fuori. E mi ricordo quella volta una cosa che mi toccò tantissimo. Lui si mise all’angolo della strada, seduto sul marciapiedi, con un cartello grande così dove c’era scritto ‘I love my family’. Mi fece molta pena perché il papà avrebbe voluto stare con la figlia, seguirla. Il papà che ai tempi era il coach di Mary Pierce finì per non essere nessuno, essere tenuto fuori e la mamma nel frattempo si era messa con un’altra persona. La cosa più crudele, è stata quella di avergli vietato di poter assistere agli incontri della figlia, quella figlia che lui stesso aveva allenato, aveva portato fino ai vertici della classifica. Mary Pierce resta sempre un ottimo ricordo per noi“. Un racconto drammatico vissuto in prima persona dall’ex numero 3 del mondo, turbata sin dall’adolescenza dall’irruento padre: “Dai 18 ai 25 anni, ho visto mio padre una volta, quando ho vinto l’Australian Open a 20 anni (nel 1995, ndr). A parte quella volta, non l’ho mai visto. Lo odiavo, avevo paura di lui e non volevo più vederlo“, ha detto Pierce a Behind The Racquet.

Nel corso del one to one col Direttore Lo Voi, però, non si è soltanto parlato di vicende poco felici. In contrasto col cupo personaggio di Jim Pierce, v’è un aneddoto del tutto bizzarro, accaduto a metà anni ’90, e parla del comico metodo di trasporto del montepremi del torneo, dalla banca al circolo. È proprio Lo Voi il main character di questo simpatico episodio, e ci racconta: “Per il montepremi, io prendevo appuntamento con il direttore della banca e anziché andare allo sportello, io andavo dentro l’ufficio. E andavo lì, accompagnato da un’altra persona, e andavo a ritirare dei mazzi di banconote, che mi mettevo dentro le tasche, davanti e dietro un po’, mettevo dei calzini abbastanza robusti e uscivo tipo un uomo Michelin imbottito – ci spiega, col sorriso sulle labbra – Questa era una pratica tutto sommato normale. La cosa diventò ancora più complicata quando ci fu un anno in cui ci hanno obbligato a pagare in dollari. Perché tutti i bigliettoni verdi, per me, erano molto simili. Quello di 5 dollari era uguale a quello di 10, così come a quello di 100, e abbiamo avuto non poche difficoltà. Noi avevamo un ragioniere prendeva i soldi che spettavano alla vincitrice, li contava e li metteva dentro la coppa, offrendo la coppa piena di dollari“.

Una vicenda che testimonia quanto le cose siano cambiate col passare del tempo. Oggi che è tutto automatizzato, programmato al millisecondo, impedendo la nascita di storie come questa che strappano sempre un sorriso a chi sta ad ascoltare. Anche il rapporto con gli atleti è cambiato, certamente anche per un fattore di sicurezza. Ma anni fa, anche un’evento di spessore mondiale, si svolgeva in un clima più disteso e flessibile, valorizzando i rapporti umani tra gli atleti e gli addetti ai lavori: “Oggi il livello di professionalità è al massimo, per cui ogni giocatrice sta attenta a non fare dei passi falsi, delle mosse false – dichiara Gaspare Lo Voi – a livello di sforzi fisici. Infatti nelle prime edizioni del torneo organizzavamo il giovedì o il venerdì, quando già c’erano alcune giocatrici che erano uscite addirittura all’inizio della settimana, la partita di calcetto Italia-Resto del Mondo. C‘erano tutte le giocatrici, prima fra tutte Sandra Cecchini, che era il capitano della squadra di calcetto. Poi facevamo la gita in barca, si andava la sera a mangiare in un locale, si organizzava la festa, insomma, c’era più vita mondana. Eravamo tutti come una grande famiglia. Adesso è molto più freddo. C’è molta più professionalità”.

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