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Alcaraz, le critiche di Connors e Toni Nadal post Wimbledon sono giuste?

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Wimbledon è un torneo che non ha mezze misure: ti esalta come un dio, oppure ti mette a nudo davanti a un mondo che guarda e giudica. La finale femminile di questa edizione è l’emblema perfetto di questa affermazione: il doppio 6-0 imposto da Iga Swiatek ad Amanda Anisimova rappresenta in chiaro questo concetto. Anche Carlos Alcaraz lo sa bene. Dopo la storica finale del 2023 vinta contro Novak Djokovic e il trionfo del 2024, in molti si aspettavano che il Centre Court sarebbe stato ancora una volta il suo regno: tanti lo vedevano favorito, soprattutto la stampa straniera presente a Londra. E invece, stavolta, il campo più famoso del tennis ha incoronato Jannik Sinner e rimandato il campione spagnolo alla lezione più dura: perdere quando sei tu il favorito.
Non è solo la sconfitta in quattro set a pesare, ma il modo in cui è maturata. Per lunghi tratti, Alcaraz è sembrato disorientato, come se avesse perso il filo del proprio tennis. E se le critiche dei media sono state immediate, quelle arrivate da due figure simbolo del tennis mondiale – Jimmy Connors e Toni Nadal – hanno assunto il peso delle sentenze.

La sconfitta sul Centrale è stata netta, ma è soprattutto l’atteggiamento mostrato da Alcaraz nei momenti cruciali ad aver sollevato le critiche più aspre. Dopo aver perso il terzo set, il murciano si è rivolto al proprio angolo quasi sconsolato: Dal fondo campo è molto meglio di me, ha detto riferendosi a Sinner. Una frase che ha sorpreso molti, perché da Carlos ci si aspetta grinta e tenacia fino all’ultimo scambio, non una resa a partita in corso.
Jimmy Connors, due volte vincitore a Wimbledon, nel suo podcast Advantage Connors non ha usato mezzi termini: “Non è ammissibile. Non so se l’avrei mai detto. Succeda quel che succeda, devi entrare in campo e provare a mischiare il gioco. Se il piano A non funziona, trovi un piano B. A me Wimbledon ha dato anche delle lezioni, ma ho sempre provato qualcosa di diverso. È una questione di mentalità”.

Parole che pesano, dette da uno che in campo si trasformava in guerriero, pronto a cambiare ogni schema pur di non uscire dal match. Connors non ne fa una questione tecnica, ma di spirito: “Se perdi il primo game e poi il secondo, nel terzo ne provi un altro. Non puoi arrenderti così. Questo è ciò che distingue i campioni che vincono sempre da quelli che vincono ogni tanto”.
E non è stato l’unico a pensarla così. Anche in Spagna l’aria si è fatta pesante. Dopo l’iniziale orgoglio per una finale con due giovani fenomeni, il giorno dopo ha lasciato spazio a titoli come “Destrozo” e “Intratable”, dove il protagonista non era più Sinner, ma il crollo del beniamino di casa. Toni Nadal, zio di Rafa e architetto del suo dominio durato vent’anni, ha fatto un’analisi lucida e tagliente: “Carlos avrebbe dovuto variare di più. Prendiamo Dimitrov: nel suo ottavo di finale ha spezzato il ritmo dell’avversario con un gioco vario, alternando soluzioni, rallentando e poi accelerando. Alcaraz non l’ha fatto. Ha mostrato un gioco intermittente, ha abbassato l’intensità e ha perso fiducia”.

Il riferimento, nemmeno troppo velato, è proprio a quell’uscita di fine terzo set e alle parole dello stesso Carlos in conferenza stampa: A un certo punto non sapevo più cosa fare. Una resa psicologica ancor prima che tecnica, che ha lasciato di stucco anche gli addetti ai lavori del suo angolo. 
La domanda che ora tutti si pongono è: è solo una sconfitta passeggera? Bisogna, a nostro giudizio, non dimenticare che fino a qualche ora prima della finale Alcaraz era considerato l’onnipotenza tennistica in persona, una sorta di uragano capace di travolgere tutto. La finale con Sinner ha dimostrato non essere così; però sarebbe ingiustificabile dimenticare tutto quello che è stato fino ad ora in stagione, partendo dalla vittoria di Rotterdam, a quelle di Monte Carlo, Roma, Parigi: insomma non un brutto cv, nessuna sconfitta in finale può cancellare quanto di buono fatto finora. Ci vuole equilibrio: non era invincibile ieri, non è un giocatore in crisi oggi. Non è la prima volta che uno dei grandi inciampa. Nadal, Djokovic, Federer: tutti hanno vissuto momenti di dubbio e difficoltà, ma è il modo in cui si rinasce che fa la differenza. Connors e Toni Nadal, da prospettive diverse, hanno lanciato un messaggio chiaro: il talento non basta. Serve un’identità più solida, tattica e mentale.
Carlos Alcaraz ha tutte le carte per tornare al vertice, soprattutto in una parte di stagione, quella che si concluderà con gli US Open, che lo vede senza alcun tipo di particolare pressione, avendo pochissimi punti da difendere, (150 vs i 3200 di Sinner), quindi poco da perdere e tantissimo da guadagnare. La finale di Wimbledon potrebbe essere il punto di svolta: o lo scossone che lo renderà più forte, o l’inizio di una fase della stagione simile a quella dello scorso. Dipende da lui, visto il paragone con soli 12 mesi fa e da Sinner, per quanto riguarda, si spera, le fasi finali. Un nuovo capitolo della storia, già a New York, non ci dispiacerebbe

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