Jannik Sinner, the Winner. Wimbledon e una domenica indimenticabile, da picco del tennis italiano
Quella di ieri era la partita numero 100 in cui Jannik Sinner si cimentava nei tornei dello Slam a livello di tabellone principale. Forse è giusto così, che sia stato un cerchio simile a dargli la vittoria sul Centre Court di Wimbledon, il campo più famoso del mondo, quello nel quale si entra dopo aver passato un lungo corridoio al termine del quale sono incisi due celebri versi della poesia “If” di Rudyard Kipling.
“If you can meet with Triumph and Disaster / And treat those two impostors just the same”. Cioè: “Se saprai incontrarti con Trionfo e Disastro / E tratterai questi due impostori semplicemente allo stesso modo”. Due versi potenti, potentissimi, come potente è tutta la poesia, non per caso una delle preferite, anzi molto probabilmente la preferita, del popolo britannico (e non è un’esagerazione). Quei due versi sono tuttora presenti anche a Forest Hills, al West Side Tennis Club dove si giocavano gli US Open fino al 1977.
Il disastro, personificato dalla sconfitta, per Sinner fu il Roland Garros. Appena 35 giorni prima della domenica 13 luglio. Cinque ore e mezza drammatiche, in cui la vittoria era stata vicina e invece non arrivò. Furono grandi le lodi per Jannik nel momento in cui si vide la classe con cui seppe incontrare il momento che è tra i meno facili della sua carriera. 35 giorni dopo, ecco l’altra faccia: il trionfo. Alle 20:23 italiane, le 19:23 di Wimbledon. Un momento che non scorderà nessuno di quelli che si trovava sul Centre Court, sulla Henman Hill (l’area dietro il campo 1 con maxischermo che ha assunto vari nomi, ma a Tim è sempre stata associata), o in Italia in qualsiasi modo, nell’intento di guardare la tv o, coi tempi che corrono, il proprio telefono.
Non è un trionfo normale, quello di Sinner, per mille motivi. Certifica ancora di più l’ingresso dell’Italia tennistica in una dimensione diversa. Una tutta nuova, perché Wimbledon è davvero un’altra cosa. Lo si era sfiorato nel 2021 con Matteo Berrettini, e ancora lo si era visto vicinissimo nel 2024 con Jasmine Paolini. Prima di Jannik, c’erano state due sole persone in grado di alzare un qualsiasi trofeo sul Centre Court con accanto la bandiera italiana a livello professionistico: Sara Errani e Roberta Vinci, torneo di doppio femminile, 2014. Anche lì dopo un percorso con tratti di tortuosità (sei match point annullati alle gemelle ucraine Lyudmyla e Nadiia Kichenok nel match di secondo turno), e in quel caso con una finale dominata. Jannik Sinner con ieri ha fatto uno e quattro: prima volta ai Championships, quarto Slam dopo i due Australian Open 2024 e 2025 e gli US Open 2024.
Qualche numero per rendere la situazione. Sinner ha inflitto a Carlos Alcaraz la terza sconfitta in una seconda settimana Slam su 16 occasioni nelle quali lo spagnolo si era trovato un set pari contro l’avversario, la prima contro un uomo diverso da Novak Djokovic, nonché la terza in un intero Slam su 68 occasioni in cui ha vinto il primo set. Jannik è ora il quinto uomo nella storia a possedere tre titoli dello Slam contemporaneamente già a 23 anni o meno: ci erano riusciti Jimmy Connors, Pete Sampras, Roger Federer, Rafael Nadal. Nel complesso diventa il nono, dovendo aggiungere Rod Laver, Novak Djokovic (quattro insieme, Laver nello stesso anno), Mats Wilander e Andre Agassi. E, di converso, quella di ieri è l’undicesima volta in cui ha recuperato un match in uno Slam partendo da un set di svantaggio.
Ormai, con Sinner, non si parla più solo di tennis. Si parla di sport, e di paragone con tutto quello che è il meglio che lo sport italiano abbia potuto avere nel corso della sua storia, che inizia a essere piuttosto lunga. E, considerato che deve ancora compiere 24 anni, c’è uno spazio decisamente ampio per vederlo in grado di continuare a sigillare il suo posto tra i massimi esponenti tricolori, senza volere per questo fare classifiche che lasciano un po’ il senso che trovano.
Ma non bisogna dimenticare che, dietro di lui, c’è anche un tennis italiano che continua a mostrare segnali di vitalità anche dietro i big. Ferma restando la costanza del 2025 di Lorenzo Musetti (per il quale Wimbledon va messo, viste le circostanze muscolari e virulente, in un capitolo a parte), l’Italia ha trovato definitivamente un altro che può infilare la strada dei big: Flavio Cobolli, ormai sempre più giocatore capace di colpire su più superfici e altro emblema di un’Italia che ha ormai definitivamente perso lo status di semplice patria della terra rossa. In attesa di Matteo Berrettini, e augurandosi che possa tornare libero da tutte le problematiche di natura fisica e soprattutto non solo fisica, che sembrano al momento essere il reale problema. E che portano a volergli lanciare un augurio ancora più grande, perché può ancora dare tantissimo e l’ha dimostrato ampiamente dal 2024 al 2025. E sempre ricordando la presenza di Lorenzo Sonego, che quest’anno si è trovato a subire un continuo di barriera-Shelton, ma che il meglio l’ha dato negli Slam, meritevolmente.
Anche lo stesso Sinner sa bene che dietro di lui c’è una generazione che può fare bene, molto bene. Conosce senz’altro Federico Cinà, e a Wimbledon si è allenato con Jacopo Vasamì e Pierluigi Basile, due che potrebbero benissimo farsi (e il primo ha già lanciato segnali importanti). Quella classe 2007 che, in breve, può regalare diverse soddisfazioni all’Italia, se tutto riuscirà a girare per il verso giusto. Situazioni generazionali che, per certa misura, anche lui conosce bene, essendosi ritrovato a ereditare un’epoca nella quale sono stati Fabio Fognini e Andreas Seppi a reggere il tennis maschile per diversi anni.
E vogliamo così ricordare sia il ligure, che proprio contro Alcaraz ha chiuso la carriera con un punto esclamativo enorme nel lunedì iniziale dei Championships, ricordando perché è diventato il primo italiano in top 10 quarant’anni dopo Panatta e poi Barazzutti, che il bolzanino, straordinario esempio di professionalità e capacità di sfruttare al massimo le proprie qualità, un ottimo passato anche da top 20 e figura in grado di guadagnarsi il rispetto unanime di tutto il circuito ATP, cosa che non è mai scontata.
Ma attenzione a non scordare anche altri elementi del tennis italiano: tra 2024 e 2025 a rivedere la luce è stato, ed è, anche il tennis femminile. Che ora ha i volti principali di Jasmine Paolini, la quale può giocare una seconda parte di stagione forse libera da un certo tipo di pressioni, e Sara Errani, ritiratasi dal singolare, ma che in doppio ha preso sia la toscana che Andrea Vavassori e li ha portati ognuno almeno a uno Slam, facendone tre per lei. Ottimi segnali li ha però lanciati Elisabetta Cocciaretto, una carriera che a 19 anni sembrava poter decollare in maniera importante, poi frenata da vari guai tra infortuni e polmonite, ma che non smette mai di cercare il rilancio. E prima o poi la ruota girerà anche dalla sua parte.
In conclusione: quest’anno l’Italia ha in mano cinque titoli maschili (due Slam, Australian Open e Wimbledon, con Jannik Sinner, più l’accoppiata Bucarest-Amburgo di Flavio Cobolli e lo squillo di Luciano Darderi a Marrakech), il colpo di mano di Jasmine Paolini al Foro Italico di Roma e tre vittorie a testa per i doppi Bolelli/Vavassori (Adelaide, Rotterdam e Amburgo) ed Errani/Paolini (Doha, Roma e Roland Garros). Più Indian Wells e Roland Garros di Errani/Vavassori. Ed è tanto, tantissimo.