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Jannik Sinner, Cahill e la scommessa: “Se avessi vinto Wimbledon avrei potuto scegliere se farlo rimanere un altro anno”

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È il torneo che ho sempre sognato di giocare, essere qui con il trofeo – anche se non ce l’ho con me – è semplicemente incredibile”. Jannik Sinner è diventato campione di Wimbledon. E lo ha fatto battendo il suo rivale più acerrimo, Carlos Alcaraz, con il punteggio di 4-6 6-4 6-4 6-4.

In conferenza stampa, l’azzurro ha mostrato ancora una volta quella pacata lucidità che lo contraddistingue. Ma stavolta, dietro le parole calme, si percepiva un’eco di emozione profonda. “Solo io e chi mi è stato vicino sappiamo davvero cosa abbiamo passato. È stato tutto fuorché semplice, ci sono stati momenti duri, anche negli allenamenti. Ma in partita riuscivo a liberare la mente, a giocare con istinto”.

Con lui, sugli spalti del Centre Court, c’era tutta la famiglia: mamma, papà e il fratello. “A Parigi c’era solo mia madre, oggi c’erano tutti. Condividere questo momento con loro, con il mio team, è la cosa più bella che potesse accadermi”.

La rivalità con Alcaraz è diventata uno dei punti centrali del tennis moderno. E per Sinner, che aveva perso gli ultimi confronti importanti, questa vittoria vale doppio: “Quando perdi più volte contro lo stesso avversario, non è facile. Ma sentivo di essere vicino, già a Pechino, poi a Roma, poi a Parigi. Non mi sono mai buttato giù. Anzi, continuo a guardare a Carlos come a un punto di riferimento. È giovane, vince tanto, e questo ti spinge a migliorare sempre”.

L’azzurro ha raccontato anche il suo approccio mentale dopo la delusione della finale al Roland Garros: “Ci ho messo intensità, ogni giorno. Sapevo che sarebbe arrivato un altro Slam, non era il momento di abbattermi. Ho cercato di restare onesto con me stesso, di accettare tutto, anche le sconfitte. Se giochi una finale e fai due game, è peggio di perderla 7-6 al quinto”.

E sulla partita con Alcaraz, l’analisi è precisa: “I margini sono minimi, oggi mi è andata bene. A volte ha deciso qualche riga, qualche punto. A Parigi la sorte era stata dalla sua, oggi dalla mia. Entrambi abbiamo servito male all’inizio, poi ho trovato ritmo. Nel quarto ho alternato momenti molto buoni ad altri difficili, ma è normale”.

Non manca un passaggio sulla superficie: “Il mio terreno preferito resta il cemento, lì ho vinto più tornei. Ma ho sempre pensato che avrei potuto far bene anche sull’erba. I miei colpi viaggiano piatti, la palla resta bassa. Anno dopo anno ho preso fiducia”.

Infine, un sorriso per l’incontro con la Principessa del Galles e i suoi figli: “All’inizio non sapevo cosa dire. Ho chiesto ai bambini se giocano a tennis, con che racchetta… È stato un momento speciale. Sapere che ci seguono, che si interessano, rende tutto ancora più prestigioso”.

Sorpresa finale su coach Darren Cahill. “Abbiamo fatto una scommessa prima della finale. Qualora avessi vinto Wimbledon avrei potuto scegliere se farlo rimanere nel team per un altro anno. Ho vinto, quindi ora devo decidere. Se ci sarà non girerà così tanto. Ho sempre detto che vorrei continuare ad averlo con me. Comunque la stagione è ancora lunga, lo vedrò ancora tante volte. Ho vinto la scommessa intanto, ora vediamo“.

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