Wimbledon: Alcaraz è forse favorito, circostanza che a volte lo tradisce. Sinner può mettere a frutto l’esperienza di Parigi
Fu forse Stefano Semeraro, ma la memoria non ci assiste del tutto in questo caso, ad avanzare il paragone tra Wimbledon e Moby Dick, soprannominando affettuosamente il torneo più prestigioso del mondo la “Balena Verde”; per conseguenza il capitano Achab non poteva che essere Ivan Lendl, il moravo divenuto statunitense che ai suoi tempi veniva paragonato a un robot, lui super-meticoloso e programmato in mezzo a dei colleghi mezzi pazzi e urlatori come Connors, McEnroe, Cash e anche Becker (non Wilander e Edberg, cui infatti era più incline a dedicare i suoi rari sorrisi). Per il cetaceo delle sue ossessioni Ivan lasciò perdere Roland Garros nel 1990, dedicandosi più tempo per il proprio adeguamento all’erba di Londra.
Certo è d’obbligo la cautela dal momento che non possono esserci controprove, ma senza dubbio Lendl, che era numero uno del ranking, si negò un ruolo da protagonista in un torneo che vide disputarsi la finale tra il numero 5 e il numero 7 della classifica (vinse Gomez contro il favorito Agassi). Il racconto affascinante, ampiamente narrato ai tempi, verteva sull’impossibilità di programmare tutto, di vincere ovunque semplicemente con il lavoro duro e con la meccanica ripetizione dei colpi di cui non si ha perfetta padronanza; Lendl non aveva talento sufficiente per piantare la sua bandiera anche sul Campo Centrale di Wimbledon.
Ivan ovviamente era tutt’altro che privo di talento e lo ha dimostrato divenendo semplicemente il tennista più vincente del decennio, inoltre, anche se siamo sempre nel campo delle ipotesi, se giocasse oggi qualche chance in più l’avrebbe, visti lo stile di gioco di oggi e anche il manto erboso meno capriccioso. Questo cappello dedicato al vincitore di otto titoli Slam negli anni Ottanta serve per introdurre un accostamento che ci è sembrato naturale tra i due tennisti che domenica si contenderanno il trofeo più ambito nel nostro sport.
In effetti Sinner può ricordare in alcuni tratti il campione di Ostrava: sicuramente nella dedizione e nella fiducia nei confronti del lavoro, poi nella incredibile continuità di risultati che sa produrre. Anche Jannik ha saputo crescere in diversi aspetti del tennis, tecnici come mentali, e non smette di pensare a migliorare. Ricorda Lendl per serietà e preparazione, discostandosi magari nel rapporto con i media: più cinico Ivan, più morbido ed evangelico Jan, ma, si sa, il rapporto con gli sponsor e con i social media spinge la maggior parte dei protagonisti a non essere troppo spigolosi o divisivi nelle dichiarazioni.
Sinner non può inoltre avere ossessioni nei confronti di un torneo, se non altro perché ha solo 24 anni e tutte le strade gli sono ancora aperte (Lendl nel 1990 aveva trent’anni, l’allarme del suo orologio biologico era comprensibile), ed è quindi pensabile e auspicabile un suo ritorno nelle sfide decisive di Church Road ancora per altri anni a venire. Per uno come lui, perfetto in tutto, nel gioco come nel fair play in ogni occasione, ora manca una cosa: battere Carlos Alcaraz.
Il campione murciano si oppone all’asso altoatesino per temperamento, sorriso per il colpo strepitoso e rabbia per l’erroraccio, gentilezza e sportività estrema, come quando nella finale di Amburgo concesse un punto senza discutere più di tanto al nostro Lorenzo Musetti, che era stato favorito da una pessima chiamata arbitrale, e l’azzurro vinse poi la finale.
Alcaraz è capace di tutto, di perdere male e di tornare invincibile al momento giusto, cioè quando davvero conta, quando la presenza in un Albo d’Oro è il lasciapassare per la leggenda. Se quindi l’azzurro è Lendl, Carlos potrebbe essere McEnroe, un Supermac moderno, che non si fa mai Superbrat, un talento in… erba, precocissimo e capace di insinuarsi nell’interminabile autunno dei Big Three per raccogliere i suoi primi personali allori.
Carlos è sempre leggibile nelle sue emozioni e incarna meglio di tutti oggi la figura di chi sa essere imbattibile se la posta in gioco è massima, e il tie-break di Parigi ne è una clamorosa conferma. Sinner è forse meno empatico nei confronti della folla, che probabilmente ha imparato ad amarlo proprio nel momento della sconfitta più amara, quando anche Simone Vagnozzi ha voluto e probabilmente sentito il dovere e il bisogno di comunicare al campione distrutto dalla fatica e dalla debacle la vicinanza del suo angolo.
Il re del circuito non è inscalfibile quindi, ma ora ha bisogno di superare il monello di Murcia per dare ulteriore senso alla propria posizione nel ranking, meritatissima ma con una piccola ombra. I confronti diretti dicono 8-4 per lo spagnolo, e ovviamente non tutti hanno lo stesso peso, così come non ha necessariamente un grande significato che l’unico precedente sull’erba, sempre a Wimbledon nel 2022, livello ottavi di finale, fu vinto dall’italiano in quattro set.
Alcaraz ha vinto gli ultimi cinque incontri, senza considerare l’amichevole di superlusso del Six Kings Slam vinta dall’italiano, e tre di questi erano finali importanti (Pechino, Roma e Parigi); Sinner si aggiudicò l’unico incontro con il rivale in un atto decisivo a Umago nel 2022.
I tre precedenti nominati risalgono tutti a meno di un anno fa e paradossalmente Sinner ha vinto i suoi quattro match tutti da sfavorito, almeno in ossequio a quanto riferisce il computer: a Wimbledon era numero 13 e Alcaraz 7, a Umago rispettivamente 10 e 5, a Miami 11 e 1 e a Pechino 2023 7 e 2. Oggi il ranking lo vede più in alto del suo avversario, ma le condizioni generali e ambientali paiono dire il contrario: innanzitutto la storia dei due contendenti nel torneo e quindi la confidenza sull’erba in generale (seconda finale verde per Jannik con un titolo, quinta con quattro successi per Carlos). Alcaraz inoltre ha perso solo tre incontri sul prato: oltre al citato match con Jannik c’è un preistorico secondo turno nel 2021 a Church Road con Medvedev e un ottavo di finale al Queens’ lo scorso anno con Draper.
Djokovic considera Carlos il favorito e un conoscitore del gioco del calibro di Ivan Ljubicic riconosce allo spagnolo migliore adattabilità alla superficie. Qual è il momento emotivo dei due? Carlos incassa la benevolenza degli Dei del nostro sport, ha il vento dei precedenti che soffia alle sue spalle e familiarità con la seconda domenica del torneo. Sinner è il numero uno ma stavolta forse non ha altri alleati, domenica è davvero l’outsider della giornata, nonostante le quote siano in equilibrio e lo diano anzi leggermente in vantaggio; è forse la migliore condizione psicologica per attaccare la “balena iberica”, cetaceo che ama le scalate impossibili ma che, quando tutto sembra più accomodato, talvolta si perde. E se Jannik-Achab si fa trovare pronto, tutto può succedere.