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Wimbledon cambierà ancora regina: Swiatek e Anisimova, il futuro è adesso

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A Wimbledon, cambiare regina non è più una sorpresa: è la norma. Per l’ottava edizione consecutiva, infatti, il singolare femminile vedrà trionfare una nuova campionessa. Un dato che fotografa bene l’evoluzione del circuito WTA degli ultimi anni, dove la dinastia è stata sostituita dall’alternanza, e dove anche i tornei più prestigiosi sono diventati terreno di conquista per chi sa cogliere l’attimo. Stavolta, a contendersi il trofeo più ambito del tennis su erba (e non solo) saranno due giocatrici che, pur nate nello stesso anno, hanno preso strade diversissime per arrivare sin qui: Iga Swiatek e Amanda Anisimova.

Cinque titoli Slam, quattro dei quali al Roland Garros, un dominio incontrastato tra il 2022 e il 2023, una leadership consolidata e poi momentaneamente smarrita. Sì, insomma, Iga Swiatek ha già vissuto l’esperienza di chi si ritrova con il bersaglio sulla schiena. Ma il prato dell’All England Club le ha sempre riservato sfide più complicate. Fino a oggi, il suo miglior risultato a Wimbledon era un quarto di finale nel 2023. Ora, invece, la finale è realtà. E la posta in palio non è solo il trofeo: è la chiusura del cerchio.

Sulla carta, non è più la numero uno del mondo: è scivolata alla posizione n. 8 dopo la semifinale del Roland Garros, il suo peggior piazzamento da febbraio 2022 (attualmente è numero 4). Ma in campo, Swiatek è sembrata ritrovare solidità e ambizione, anche sull’erba, superficie storicamente meno amica. Nove vittorie stagionali su questa superficie – mai così tante in carriera – e due finali: prima in quel di Bad Homburg, persa contro Jessica Pegula, e ora Wimbledon. Il suo tennis, un tempo troppo scolpito sulla terra rossa, ha imparato a scivolare anche sul verde, con variazioni più frequenti e maggiore efficacia nei colpi in uscita dal servizio.

Il percorso ai Championships, del resto, è stato quasi impeccabile: ha lasciato per strada un solo set, al secondo turno, contro Caty McNally, con cui aveva condiviso qualche esperienza da junior. Da lì in avanti ha ingranato, battendo tre Top 35 senza mai davvero soffrire. Il dato che salta all’occhio è che questa sarà la sua 120ª partita in uno Slam, e potrebbe coincidere con la centesima vittoria nei Major. Solo Serena Williams, con 116 match, ha raggiunto questo traguardo in meno partite.

Di fronte a lei ci sarà Amanda Anisimova, che arriva a questa finale da outsider assoluta, ma anche da protagonista di una delle rinascite più sorprendenti del tennis moderno. Dodici mesi fa usciva al primo turno delle qualificazioni di Wimbledon da numero 189 del ranking. La sua carriera sembrava essersi arrestata, frenata da problemi fisici, psicologici e personali. Ma proprio nel momento più buio è iniziata la lenta, poderosa risalita. Nel giro di un anno, la statunitense ha centrato la prima finale in un WTA 1000 (Canada 2024), ha conquistato il titolo a Doha nel febbraio 2025, e ha trovato fiducia sull’erba con la finale al Queen’s Club – un torneo storico tornato al femminile per la prima volta dal 1973 – dove si è arresa soltanto a Tatjana Maria.

A Wimbledon si è presentata con un tennis finalmente libero, fluido, aggressivo ma disciplinato. Ha dominato il primo turno con un clamoroso doppio 6-0 a Putintseva, poi ha saputo gestire pressioni sempre crescenti, fino a superare l’ostacolo più alto: Aryna Sabalenka, n.1 del mondo, battuta per la sesta volta in nove confronti. Una statistica che testimonia una compatibilità tattica notevole tra il tennis potente ma più imprevedibile della bielorussa e quello regolare ma affilato di Anisimova.

Con questa impresa, Amanda è diventata la quarta giocatrice dal 1990 a battere una n.1 del mondo a Wimbledon prima della sua prima finale Slam, dopo Zina Garrison, Marion Bartoli e Sabine Lisicki. Inoltre, è la terza statunitense nell’Era Open a raggiungere la sua prima finale Slam proprio a Wimbledon, seguendo le orme di Billie Jean King (1968) e della stessa Garrison (1990). In caso di trionfo, sarebbe la seconda a vincere uno Slam in singolare femminile come testa di serie n.13 (dopo Maria Sharapova, Wimbledon 2004), la terza giocatrice negli ultimi 10 anni (dopo Rybakina 2022 e Vondrousova 2023) e la prima statunitense dai tempi di Serena Williams (2000).

Detto questo, Swiatek e Anisimova si conoscono da tempo, ma si sono incrociate in campo solo una volta, quando avevano 15 anni. Era il 2016, Junior Fed Cup, e la Polonia di Iga ebbe la meglio sugli Stati Uniti grazie anche al suo contributo. Non si sono più affrontate né a livello junior né tra le professioniste. La finale di oggi, dunque, sarà quindi il loro primo scontro diretto in carriera nel circuito maggiore, e non poteva esserci cornice più suggestiva per inaugurare una rivalità che promette di avere molti episodi futuri.

Entrambe nate nel 2001, sono il simbolo di una generazione che ha finalmente preso il timone del circuito, dopo anni di transizione. In modo diverso, le due contendenti allo Slam britannico rappresentano entrambe una novità: Swiatek per la sua capacità di reinventarsi su ogni superficie, Anisimova per la forza mentale con cui è tornata a galla dopo aver toccato il fondo. Il match che andrà in scena in quel di Wimbledon rappresenta un confronto tra due visioni opposte del tennis contemporaneo. Da una parte la costruzione metodica di Swiatek, che ha trasformato la costanza in una forma d’arte. Dall’altra, il talento istintivo di Anisimova, che colpisce con anticipo, gioca a braccio sciolto e si affida al ritmo per creare pressione.

Per Swiatek, sarebbe la conferma definitiva di un ritrovato dominio su scala globale, la conquista della superficie che le mancava, l’ingresso tra le grandi del circuito WTA. Per Anisimova, sarebbe l’apice di una parabola emotiva e sportiva che sa di romanzo, il riscatto più dolce e inaspettato. Comunque vada, una cosa è certa: Wimbledon avrà una nuova regina. E non sarà solo un cambio di nome nell’albo d’oro. Sarà una vera e propria dichiarazione: il tennis femminile sta scrivendo una nuova storia. E il futuro, finalmente, è arrivato.

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