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Amanda Anisimova, ovvero provarci e riprovarci nonostante tutto

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Dopo Marketa Vondrousova e Barbora Krejcikova, ci si chiedeva quale altra ‘-ova’ si sarebbe fatta notare in quel di Wimbledon. Ebbene, non è ceca di provenienza e non sappiamo ancora se sarà campionessa ai Championships, ma Amanda Anisimova rispetta senz’altro i filtri della ricerca. Ventitré anni, nata nel New Jersey il 31 agosto 2001, ma cresciuta perlopiù nelle zone di Miami, la tennista americana è per la prima volta in una finale Slam e, dal prossimo lunedì, entrerà di sicuro in top ten. Ma facciamo un passo alla volta.

Tuffo nel tennis e prime soddisfazioni

La sua passione per il tennis nasce quando è ancora bambina e i genitori Konstantin e Olga, entrambi nati in Russia, le consigliano di andare a seguire le lezioni di tennis della sorella maggiore Maria. In quei pomeriggi con racchette minuscole e palline gialle (ma anche un po’ colorate, appunto come quelle che utilizzano i bambini), qualcosa scatta dentro ad Amanda. È la passione per il tennis, sport che inizia a seguire immedesimandosi nelle gesta di Serena Williams e Maria Sharapova, le sue due figure di riferimento.

Appassionata a molte attività come dipingere, scrivere, correre e ascoltare musica, oltre che trascorrere del tempo con i suoi cari, la piccola Anisimova fa però crescere maggiormente dentro di lei il fuoco per il tennis e decide di provare a giocare a livello juniores appena compiuti i tredici anni. Le stimmate della campionessa si vedono sin da subito, dato che nel 2016, ancora 14enne, arriva in finale al Roland Garros junior e grazie a un invito della USTA (la federazione statunitense) prende parte alle qualificazioni dello US Open, dove vince una partita salvo poi fermarsi al secondo turno. Ma solo per il momento.

Successi internazionali e sogno newyorchese

La prima parte del 2017 le regala subito ottimi piazzamenti, date le tre finali (tutte perse, ma ricordiamoci l’età…) a un 25mila, a un 60mila e a un 80mila dollari. Grazie a una wild card sempre ottenuta attraverso la sua federazione, Amanda esordisce nel tabellone principale del Roland Garros a quindici anni. Perde subito, ma poco dopo riesce a mettere in bacheca il primo titolo al 60mila dollari di Sacramento. E non sa ancora quello che la sta aspettando.

Nonostante la delusione nel perdere subito alle qualificazioni dello Slam di casa, Anisimova si fa strada nel tabellone junior e come regalo per i suoi sedici anni appena compiuti alza al cielo il trofeo newyorchese sconfiggendo in finale una tredicenne di nome Coco Gauff. La stagione termina poi con altre sette partite, due vinte e cinque perse. Ma non è questo che conta. Perché ormai è in top duecento e gli orizzonti diventano sempre più vicini.

Prima finale WTA e top 100

A Indian Wells, nel 2018, Anisimova parte direttamente dal tabellone principale grazie a una wild card. Mette in riga prima Anastasia Pavlyuchenkova e poi anche Petra Kvitova, numero 9 al mondo, per poi perdere contro Karolina Pliskova agli ottavi, stesso risultato che raggiunge anche a Cincinnati pochi mesi a seguire, dove perde da Elina Svitolina dopo aver superato un infortunio che l’aveva tenuta ferma per svariati mesi. Successivamente, a seguito di uno US Open deludente, la statunitense vola in Giappone e a Hiroshima fa scintille.

Partendo dalle qualificazioni, Amanda si spinge sino al suo primo ultimo atto nel circuito maggiore, dove non riesce però a porre resistenza dinanzi al tennis esperto e geometrico di Su Wei Hsieh. È appena passato il suo 17esimo compleanno e non poteva esserci un dono migliore di questo, che per diretta conseguenza la fa entrare per la prima volta in top cento.

2019: annata in chiaroscuro

Il 2019 parte subito a cannone per Amanda, che sconfigge Aryna Sabalenka all’Australian Open e viene fermata agli ottavi sempre da Petra Kvitova. Nella primavera americana non coglie ottimi risultati, perché è la terra rossa questa volta a riservarle le gioie più grandi. Sul mattone tritato di Bogotà Anisimova centra il suo primo titolo WTA e si avvicina alla top cinquanta. Questo è solo l’inizio. Sono contenta di essere in salute quest’anno e non vedo l’ora di giocare a Parigi, le parole della statunitense dopo il successo. Detto, fatto e Parigi diventa presto la città fortunata a soli tre anni dalla finale persa a livello junior.

Nella capitale francese Amanda sbaraglia la concorrenza, mette al tappeto persino Simona Halep e arriva in semifinale senza perdere set. Qui, però, deve deporre le armi in tre parziali contro Ash Barty, ma diventa la prima tennista nata nel nuovo millennio (compresi anche i maschi) a issarsi sino al penultimo atto in uno Slam. Entra quindi in top trenta di prepotenza, ma il resto dell’anno non riesce a cavalcarlo sull’onda dei grandi risultati raggiunti sulla terra rossa. E il motivo è ben peggio di un infortunio o di un periodo di mancanza di fiducia. Ad agosto suo padre e coach Konstantin viene a mancare dopo un arresto cardiaco a pochi giorni dal diciottesimo compleanno di Amanda. Il forfait allo US Open è automatico, come anche il periodo negativo che segue questo lutto.

Loop negativo e prime difficoltà da adulta

Torna in campo nel 2020 e in qualche modo, timidamente, arriva in semifinale ad Auckland, dove viene strapazzata da Serena Williams. In seguito, gioca qualche torneo fino a febbraio; poi arriva il Covid che congela il mondo. Il mio obiettivo sarebbe quello di essere me stessa e di mantenere le promesse, rispettare le aspettative che in molti da molto tempo ripongono su di me”, fa sapere Amanda in un’intervista rilasciata in quel periodo. “Serve un livello di maturità superiore rispetto a quello normalmente richiesto a una ragazza della mia età. Occorre capire chi sei, cosa stai facendo e soprattutto dividere i due ambiti lavorativi, quello commerciale e quello sportivo, per non finire travolti. Quando giochi a tennis a determinati livelli sei in ogni caso costretta a crescere molto in fretta. Quindi, o maturi, o maturi, altrimenti conviene cambiare mestiere.

Torna l’autunno e si può giocare di nuovo a tennis. Simona Halep si vendica con gli interessi al Roland Garros, dove lascia ad Amanda un solo gioco a livello di terzo turno. Arriva dunque il 2021, con grande probabilità l’anno peggiore della carriera della statunitense, che non riesce a trovare né qualche scalpo positivo e né tantomeno una continuità di risultati. Finisce quindi quasi fuori dalla top cento, ma nel 2022 ha tutta l’intenzione di ripartire per cercare di esprimere ancora una volta del buon tennis.

Rinascita e conferma

La nuova stagione restituisce subito ad Amanda aria fresca. Campionessa a Melbourne 2, torneo pre-Slam australiano che le vale il secondo titolo in carriera, Anisimova si presenta al Major oceanico colma di fiducia e difatti elimina la due volte campionessa Naomi Osaka per poi arrestare la sua corsa gli ottavi per mano di Ash Barty. Questa trasferta la porta di nuovo vicina alla top 40. Dopo un Sunshine Double deludente, alleggerito però da una bella serata con Eugenie Bouchard e Matteo Berrettini, tornano i campi color argilla e l’americana imbocca la via della continuità tanto bramata nell’anno precedente.

Approda ai quarti sia a Madrid che a Roma, dove perde rispettivamente da Ekaterina Alexandrova e Aryna Sabalenka, e al Roland Garros vince tre partite per poi perdere agli ottavi contro Leylah Fernandez. Rientra quindi tra le prime trenta al mondo e per la prima volta si fa notare anche a Wimbledon, torneo dove sfrutta un buon tabellone che gli permette di raggiungere i quarti sempre contro lei, Simona Halep, che la supera in due parziali. Come le era accaduto anche in passato, a seguito di questi ottimi risultati il prosieguo della stagione delude le aspettative, anche a causa di un infortunio a un dito di un piede.

Non c’è una salita senza una…

Il 2023 inizia come peggio non potrebbe. Amanda gioca undici partite: ne vince tre, ne perde otto. E dice basta. “È diventato insopportabile per me partecipare ai tornei di tennis, rivela l’americana in un post su Instagram.A questo punto la mia priorità è il mio benessere mentale e ho deciso di prendermi una pausa per un po’ di tempo. Starà fuori tutto l’anno, per poi rimettere piede in campo con un’altra mentalità a inizio 2024, quando la classifica di fianco al suo nome inizia con il numero quattro seguito da altre due cifre.

Pronti, via e raggiunge subito gli ottavi di finale all’Australian Open, dove si arrende alla poi campionessa Aryna Sabalenka. Successivamente, fatica a raggiungere i piazzamenti sperati. Ma non demorde. Perde al terzo turno di qualificazioni a Wimbledon, ma appena rimette piede in Nord America le cose cambiano. E Anisimova si esalta. Nel 1000 di Toronto sciorina un tennis incredibile, stende quattro top 20 e si ferma solo in tre set, all’ultimo atto, contro Jessica Pegula. Ennesimo ritorno in top cinquanta, ma i risultati positivi per quell’annata si arrestano lì.

2025: l’esplosione definitiva

Ed eccoci arrivati al 2025, che a dire la verità non inizia nella maniera migliore per la statunitense. La trasferta australiana va piuttosto male, ma è il Medio Oriente che le sta preparando una grossa sorpresa. A Doha Amanda indovina la settimana perfetta, batte sei tenniste più avanti di lei in classifica e solleva il primo trofeo WTA 1000 che per lei vuol dire best ranking e ingresso per la prima volta tra le top venti.

Mi sembrava ingiusto continuare a spingere come se non fossi un essere umano, spiega la statunitense in un’intervista al The Guardian alla vigilia del Roland Garros. Verso la fine del 2022 sono esplosa. Stavo lottando con lo stile di vita e con lo stress che ne derivava, e questo mi stava influenzando molto anche in campo. Avevo perso la gioia che provavo quando andavo ad allenarmi o partecipavo ai tornei. Quel meccanismo non stava più funzionando. Ma poi ho avuto il privilegio e la possibilità di potermi prendere una pausa. Sono consapevole del fatto che non sono molte le persone che possono permettersi di prendersi una pausa dalla propria carriera o dalla propria vita. Se non fossi stata pronta a tornare, o se il mio corpo non fosse stato in grado di reggere, avrei dovuto semplicemente trovare qualcos’altro da fare. Ma non potevo continuare a spingere me stessa oltre quel limite.

A Parigi raggiunge gli ottavi e viene estromessa da Sabalenka. Ma entra tra le prime quindici tenniste al mondo e non vede l’ora di mettersi in gioco sui campi in erba. Parte subito alla grande facendo finale al WTA 500 del Queen’s e la confidenza con i campi verdi la catapulta a Wimbledon con un bagaglio colmo di buone sensazioni e il best ranking di numero 12 al mondo. Il resto è storia recente. L’ultimo episodio di questa saga riguarda l’ultima vittoria contro Sabalenka, numero uno al mondo, in semifinale ai Championships. Una battaglia di tre set da cui è uscita vittoriosa l’americana, più coraggiosa nei momenti topici, come ha fatto notare anche la bielorussa.

Quando mi sono presa una pausa, molti mi dicevano che non sarei più tornata al vertice,ha affermato Amanda durante l’ultima conferenza stampaEra difficile da accettare, perché dentro di me il desiderio di tornare e vincere uno Slam non è mai svanito. Credo sia importante dimostrare che è possibile rientrare, che si può risalire se si dà priorità alla propria persona. E questo, per me, ha un valore enorme”. E ora, Iga Swiatek in finale, a un solo anno di distanza dalla sconfitta londinese al terzo turno del tabellone cadetto. Comunque vada, Anisimova è sicura di fare il suo debutto in top ten. Una sconfitta le regalerebbe il settimo posto, mentre il primo titolo Slam la farebbe balzare in top cinque, all’ultima posizione utile. Ma questi sono solo numeri, onesti e soddisfacenti quanto vuoi, ma sempre e solo numeri. Quelle che si vivono e valgono più di ogni altra cosa sono le emozioni. E Anisimova, a ventitré anni, ne ha provate innumerevoli. Di vari colori e sfumature. “Quando tornerò a casa, forse farò un quadro ispirato a Wimbledon. Sicuramente molto verde e molto bianco, ma in stile mio: senza linee troppo definite. D’altronde, Amanda i limiti non sa neanche più cosa siano.

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