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Wimbledon queue: il racconto della passione di chi trasforma un sogno in realtà

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Dormire in tenda per vedere una partita di tennis? Per molti è follia. Per chi ama Wimbledon, è tradizione. Ogni anno migliaia di appassionati si accampano nel parco di fronte all’All England Club. Pazzi scatenati? Indubbiamente. Ma la passione è quella cosa strana che ti fa fare le cose più assurde col sorriso sulle labbra.

Vi racconto allora l’esperienza di un viaggio organizzato di un gruppo di matti che invece di andarsene a prendere il sole alle Maldive ha deciso di andare a prendere il sole a Londra (e probabilmente si è pure abbronzato di più). Ma andiamo con ordine e riavvolgiamo il nastro.

Il primo passo, crederci

Dormire in tenda per vedere una partita di tennis? Quando lo senti raccontare la prima volta, ti sembra una di quelle imprese da ultras britannici, di quelli che vedi in tv conciati in maniera improponibile.

Però per un appassionato di tennis Church Road è come la mecca. Wimbledon non è solo un torneo di tennis. È un rito. È l’unico Slam che impone il bianco totale ai giocatori, che si gioca ancora sull’erba perfetta, che chiama “gentlemen” e “ladies” gli atleti. Ogni dettaglio, dai fiori curati ai raccattapalle addestrati con disciplina britannica, contribuisce a creare un’atmosfera che somiglia più a una liturgia che a un evento sportivo. Entrare nel center court, pressoché privo di banner e di sponsor dà l’idea di stare entrando in una cattedrale. Siamo proprio all’altro estremo dello spettro rispetto all’energia incontenibile e cafona dell’Arthur Ashe di New York. Ma l’unico modo “normale” per entrarci, salvo di non essere un lord o di aver acquistato un pass debenture pluriannuale per cifre modiche, circa 100k € per 5 anni, è quello di essere estratti al wimbledon ballot. Peccato che le probabilità di successo siano alquanto infime. Morale della favola, a marzo di ogni anno, una volta ricevuta la ferale e prevedibile notizia della mancata estrazione ci si mette il cuore in pace e ci si prepara a vedere il torneo in tv.

Poi però capitano anche i colpi di fortuna, e mi sono imbattuto in una proposta che non si poteva rifiutare: un viaggio organizzato WeRoad. siccome da solo non me la sarei sentita di prendere e andare alla ventura senza avere la minima idea di cosa aspettarmi, mi è sembrata subito una bella scusa per provarci. Di cosa si tratta in sintesi? di un giretto di 5 giorni a Londra per potersi guadagnare il diritto di gironzolare per 2 giorni sui campi di Wimbledon. Insomma, già la cosa prende una piega più accessibile.

Una volta prenotato tutto, biglietti aerei compresi, il sogno comincia a diventare sempre più reale all’avvicinarsi della partenza. Poi sui dettagli logistici e di come funziona la queue se vi interessa ne parleremo a parte in un altro articolo. Qua invece vogliamo invece parlare un po’ delle emozioni del viaggio.

Day 1

Sabato 28 giugno: Siamo arrivati a Londra alla spicciolata, da diversi angoli d’Italia e con gli aerei più disparati; rappresentanze romane e predominanze toscane, lombarde e venete, ma anche le isole sono rappresentate. c’è chi ha preso un volo all’alba, chi ha dormito due ore, ma la botta di adrenalina fa i miracoli. Sbrighiamo il dovere di raccattare le tende in uno dei tanti Decathlon di Londra e comincia il lavoraccio della nostra coordinatrice che deve accollarsi un branco di adolescenti sotto mentite spoglie. Qua sono carichi come al gita del liceo. Cena e birretta di prammatica per iniziare a conoscersi e notte in hotel, ma la giornata è ancora interlocutoria. la cosa più importante è che si concorda la partenza per Wimbledon Park, dove dovremo piantare le tende. Si parla di arrivare vs mezzogiorno più o meno, tanto i cancelli apriranno vs le 14.

Day 2

Domenica 29 giugno; ci si sveglia e dopo aver fatto l’ultima doccia garantita (perchè poi chi fa la coda ha da puzzà) arriva la soffiata che hanno aperto i cancelli in anticipo e che tocca correre a prendere posto per andare a piantare le tende e prendere posto. Qua non si bada a spese, tocca correre e arrivare il prima possibile, vai di Uber!

Arriviamo all’ingresso e finalmente tocchiamo con mano che il sogno si sta trasformando in realtà.

Saranno le 11 del mattino circa e sinceramente ci aspetteremmo di essere non dico fra i primi, ma quasi… e che cavoli, un giorno prima dovrebbe bastare no? quanta gente potrà mai essere già arrivata? Girato l’angolo arriva una piccola doccia fredda.

Arriviamo che siamo già alla terza fila abbondante. In pratica come funziona? scopriamo che è tutto molto organizzato, ognuno pianta le tende nel primo buco della fila più bassa in cui arriva e quel punto è segnalato da uno steward che regge una grossa bandiera viola (of course, il colore sociale non poteva mancare) che indica il punto dove andare a collocarsi.

Comunque, poco da fare. Quindi ci mettiamo in coda e cominciamo a piantare le nostre tende, una ventina di tende tutte uguali decathlon modello base e per fortuna facili da montare. Sembriamo le sturmtruppen, sia per l’uniformità sia perchè pochi sono dei falchi da campeggio.

Ma dopo un po’ gliela facciamo e riusciamo a toglierci dal sol leone che a sorpresa sta colpendo Londra. Ne approfittiamo per fare un giro e vedere che aria si respira e anche se la predominanza è inglese comunque qualche rappresentanza non British si vede.

Poi la cosa divertente è che girando tutti sono molto rilassati e si fa volentieri due chiacchiere con tutti. Incontriamo due ragazzi italiani a Londra habituè della queue. Questi erano venuti l’anno scorso con l’obiettivo di vedere la Sabalenka, che però si era ritirata subito. Quest’anno però la perseveranza è stata premiata: ai coraggiosi della queue sono riservati 500 posti sul campo centrale e altrettanti sul campo numero 1 e il 2. A sto giro Aryna se la vedono sicuro, manco a farlo apposta si sono assicurati il numero 499 e 500!

Poi ci sono i ground che sono alcune migliaia, per cui in ogni caso il biglietto per qualche campo buono ce l’abbiamo, visto che stiamo intorno al 600. Il caldo picchia e tocca far passare il tempo senza perdere d’occhio le tende. Il regolamento parla chiaro: se uno si assenta per più di mezz’ora poi se la rischia.

E se gli steward passano e non trovano nessuno lasciano prima un adesivo di avviso, in pratica un’ammonizione: se in breve gli occupanti della piazzola non si fanno vivi, o almeno qualcuno dei vicini non garantisce per loro, poi sei out. Game over. E qua val la pena di aprire un capitolo a parte sugli steward, che si dividono in due categorie: gli steward “ordinari” e quelli “onorari”.

Quelli ordinari Sono addetti all’ordine e alla sicurezza all’interno del torneo, presenti in vari punti: dai viali d’accesso ai campi, fino alle tribune e alle aree riservate. Gli steward onorari invece odorano di puro spirito british. Anche solo a farci due chiacchiere è un piacere per le orecchie, con il loro accento pulito e impeccabile. Impeccabile come l’abbigliamento, nonostante i 30 e passa gradi tutti in completo d’ordinanza, giacca e cravatta verde e viola ben annodata. Gli steward onorari sono insomma un gruppo molto particolare e storico: volontari, non retribuiti, nominati direttamente dall’All England Club. L’“honorary” sta proprio a indicare l’aspetto onorifico della loro funzione con una forte attenzione alla tradizione, al protocollo e all’etichetta. Alcuni di loro sono ex militari, avvocati, professori, e svolgono il ruolo come parte di una lunga consuetudine britannica. Squisita tradizione UK insomma. Per far passare il tempo comunque le idee non mancano, partono anche le interviste stile iene ed escono le fazioni, con Sinner che ovviamente la fa da padrone.

Insomma ridendo e scherzando ci si avvia a ora di cena con il problema di farsi arrivare la cena. Peccato che ci sia qualche migliaio di persone con lo stesso problema. Vero è che i ristoranti e i market della zona nel periodo dei Championship lavorano come i chioschi di Rimini la settimana di ferragosto. Con un po’ di pazienza e un paio d’ore d’attesa arrivano le pizze e cala il sipario sul primo giorno di coda, non senza prima aver fatto un po’ di casino e attirato le attenzioni di qualche fotografo che cercava una nota di colore.

Day 2

Lunedì 30 giugno: Notte in tenda, qualcuno che sbaglia a tornare di notte alla propria e zingarate varie di qualcuno che viene svegliato nel cuore della notte perchè aveva i piedi fuori dalla tenda. In generale gran caldo, roba inattesa per chi si era preparato con il materiale tecnico e magliette termiche per la notte. Ma insomma arriva il momento della sveglia, con gli steward che alle 5 richiamando all’ordine, “wake up, stand up”! oppure il più classico “Morning campers! Time to rise and shine!” Questa formula – “Morning campers!” – è quella più celebre e usata ogni mattina per svegliare in modo cordiale (e vagamente ironico) le centinaia di persone accampate. È un richiamo che è un misto tra il campeggio scout e quello di una tradizione inglese ormai consolidata. Non è che all’inizio la si prende bene però fra un borbottio e la coda per non arrivare ultimi ai bagni comincia a scorrere l’adrenalina

Dopo la sveglia, il messaggio che segue è sempre pratico: smontare la tenda, mettersi in fila ordinata in base al Queue Card number e prepararsi per la distribuzione dei braccialetti per i biglietti dei principali campi. Ma la cosa che colpisce di più è la quantità di gente che è arrivata durante la notte e continua ad affluire nelle primissime ore del giorno. Noi siamo arrivati e ci siamo posizionati nella line 3. Prima di andare a dormire, vs le 21, si era già arrivati alla line 7.

Ma al risveglio siamo alla line 15! Comincia così poco alla volta a snodarsi il serpentone di gente con gli onnipresenti steward che guidano e regolano tutto.

Nel mentre che ci si riassetta si fanno anche conoscenze improbabili, come gli emuli di Bjorn e John, i cui outfit va detto sono inappuntabili. (il simil Borg addirittura munito di Donnay d’ordinanza).

I fortunati (fra cui anche noi) che sono fra i primi 1500 possono scegliere fra campo centrale, campo numero 1 e campo numero 2 e ricevono apposito braccialetto per poter poi finalmente arrivare a pagare. Ci si sveglia alle 5 e verso le 10 si arriva alle casse, ma ne vale la pena!

Abbiamo il lasciapassare per il paradiso (tennistico)… e con il senno di poi anche per una bella insolazione visto che ci stavano quasi 35 gradi e sole a picco!

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