Wimbledon – Il Sinner che ho visto con Shelton gioca troppo rapido anche per Djokovic
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Mi rendo conto che chi legge oggi, specie se giovane, ha fretta e non si interessa alla storia di uno sport. Ma secondo me per valutare correttamente il peso di una impresa sportiva bisognerebbe invece saperla inquadrare in un periodo storico più ampio che non quello più recente. Oggi ci sarà chi scriverà che Jannik Sinner ha raggiunto per la seconda volta, dopo il 2023, le semifinali a Wimbledon, mentre Flavio Cobolli le ha mancate. E il lettore più appassionato, che magari ricorda come la vicenda sia analoga a quella di un anno fa, quando anche allora ci ritrovammo con due italiani nei quarti, e uno solo, Lorenzo Musetti, andò oltre raggiungendo le semifinali battendo Fritz, mentre l’altro, Jannik Sinner andò a sbattere contro Medvedev e un proprio malessere. Si fermò lì.
Ecco, la misura del cosiddetto Rinascimento del tennis italiano, ci porterebbe a considerare quanto sta accadendo, dopo che Matteo Berrettini nel 2021 raggiunse la finale, come ordinaria routine. Beh, vi diffido a ragionare così. Non lo è. Con la concorrenza spaventosa che c’è oggi nel circuito del tennis professionistico, questi degli azzurri non sono risultati banali, bensì formidabili, notevolissimi. Capisco bene che se scrivo della semifinale raggiunta da Nicola Pietrangeli a Wimbledon nel 1960, ci sarà chi dice che mi sto rifacendo all’età paleolitica.
Però perché dimenticare – ove lo si fosse saputo con un minimo di cognizione storica del tennis – che passarono 19 anni, fino al 1979, quando per una volta soltanto (e mai più) Adriano Panatta, un mito del nostro tennis, raggiunse i quarti per perdere in quattro set dall’americano Pat Dupre, che non valeva certo Djokovic? Neppure quello attuale che ha battuto Cobolli e sempre in 4 set. Panatta si mangiò la partita: era avanti 6-3 4-0, si distrasse, gigioneggiò credendo di aver l’avversario in pugno, perse 7 game di fila e non solo il secondo set, il match si incarognì. Adriano finì per perdere con un avversario che era quasi battuto e che comunque avrebbe dovuto battere per centrare una semifinale abbordabile contro Roscoe Tanner.
Di quell’unico quarto di finale wimbledoniano e panattiano, abbiamo parlato e riparlato, con infiniti rimpianti, per altri 19 anni, quando ai quarti – ma non oltre, attenzione – arrivò finalmente un altro italiano, Davide Sanguinetti. Anno 1998. Insomma per oltre un sessantennio di tutto si poteva parlare tranne che di routine se fino al 2021 – 23 anni dopo quell’ultimo quarto di Sanguinetti e 61 anni dopo l’ultima semifinale di Pietrangeli! – nessun italiano sarebbe più approdato ad una semifinale sull’erba dell’All England Club, se non Matteo Berrettini.
Ecco, lì, anno 2021, la nostra storia moderna è effettivamente cambiata. Ed è diventata tutta un’altra storia, tanto a Wimbledon dove tradizionalmente gli italiani “made in clay”, terraioli di origine, si erano sempre trovati a malpartito… e non posso dimenticare quell’anno in cui ci presentammo orgogliosamente con 11 rappresentanti in tabellone e persero “brillantemente” tutti e 11 al primo turno! Adesso ai ragazzi di oggi sembra tutto normale che un ragazzo di 23 anni, Flavio Cobolli, raggiunga i quarti, e che un altro di un anno più grande, Jannik Sinner, possa in quattro anni raggiungere i quarti nel 2022, le semifinali nel 2023, di nuovo i quarti nel 2024, di nuovo le semifinali nel 2025. E ciò dopo che Berrettini aveva centrato la finale nel 2021 e che Musetti aveva raggiunto le semifinali l’anno scorso. Sono quattro giocatori diversi. Cui per poco non si è aggiunto anche Lorenzo Sonego.
Per sottolineare quanto sia terribilmente difficile raggiungere risultati del genere in uno Slam, non posso non ricordare che il miglior tennista italiano per una quindicina di anni anche ricchi di brillanti risultati, Fabio Fognini (ufficialmente ritiratosi ieri) non ha mai giocato un quarto di finale, non ha mai raggiunto una semifinale. Non è pazzesco?
Nole Djokovic ha appena stabilito un record formidabile. Battendo l’ottimo Cobolli, il campione serbo che ha vinto 7 Wimbledon e disputato le ultime 6 finali, ha raggiunto la semifinale n. 14 a Wimbledon. L’ultimo a batterlo, salvo Alcaraz nelle ultime due finali, è stato Berdych nel 2017, l’anno in cui Novak entrò in crisi. Morale, tecnica, forse spirituale.
Ma DjokerNole è solo, fra i serbi. Gli azzurri (11 capaci di raggiungere semifinali nei vari Slam) invece sono tanti, anche se la loro punta di diamante è Jannik Sinner, il n.1 del mondo, che di semifinali Slam ne ha già raggiunte 7, staccando Pietrangeli fermo a 5. Dopo aver visto Cobolli giocare contro Djokovic e sentito Djokovic profetizzare “Secondo me Cobolli ha tutto per diventare un top-ten” – non mi è parsa piaggeria – credo che in qualcuno dei prossimi Slam vedremo anche Cobolli fra i primi 4 di uno Slam. Ma intanto, dato a Cobolli quel che è di Cobolli, congratulandosi vivamente per la personalità dimostrata al suo esordio sul Centre Court del tempio del tennis, dico che sono rimasto letteralmente folgorato dalla performance di Jannik Sinner contro Ben Shelton.
Sarà che la prestazione come Dimitrov, gomito o non gomito, mi aveva fortemente preoccupato in “proiezione Alcaraz”, ma ieri è stato impressionante, per forza, precisione, attenzione, continuità, solidità. Nel primo set in 6 turni di servizio ha concesso un solo, sparuto punto. Avete letto bene: cinque turni a zero con Shelton che pure non tirava mozzarelle di risposte, un quindici perso. Poi al tie-break registro con raccapriccio un minibreak, 0-2, temo il ripetersi del tie-break con Alcaraz al Roland Garros quando lo spagnolo fece 7 punti di fila, e invece i 7 punti consecutivi li fa Jannik. Un mostro. Come lo era stato Carlitos a Parigi.
Nel primo game del secondo set Jannik rivela il suo volto più umano, soffre una rasoiata slice di Shelton, sbaglia poi un rovescio. Anche i Sinner possono sbagliare. Ma il riscatto per quelle che saranno le sole due palle break concesse allo smanicato americano, sarà immediato. Un servizio irresistibile, un rovescio pesante seguiti da un ace e dalla quarta prima di fila, e il piccolo spavento passa. E poi basta, nel secondo come nel terzo set, che la tensione di non cedere set e match salga nella testa di Shelton quando deve servire sul 4-5, perché Sinner lo sistemi per le feste, per la quinta volta consecutiva senza perdere neppure un set. Si può essere più superiori di così?
Ecco, guai a smentire Sinner quando ti dice che ogni partita fa storia a sé, che con ogni avversario cambia la storia, e magari contro Djokovic che risponde certo meglio di Shelton anche oggi che ha 38 anni, Jannik non riuscirà a servire il 65% di prime palle come ieri, però Shelton ha ragione quando dice – e lo ha detto – “Con Sinner, e ci ho giocato più che con altri ormai, la velocità della sua palla è davero altissima. Non ho mai visto niente di simile. Se guardi tutto il resto del tabellone non trovi nessuno che colpisca come lui. E’ come una velocità doppia, in genere sono capace di adattarmi a certe velocità, ma con lui che tira così forte sia di dritto sia di rovescio,e poi serve come serve lui, è davvero difficile opporsi”.
Ecco, per finire, io credo che Djokovic impegnerà Sinner in modo diverso rispetto a Shelton, ma anche lui finirà per essere travolto dalla velocità supersonica dei colpi di Jannik. Che è capace di sostenere quella pazzesca gragnuola di colpi quasi all’infinito. Alcaraz può riuscire a contrastarlo, a giocargli un drop-shot non appena Jannik rallenti un attimo, ma secondo me Djokovic non può più riuscirci. Lui e Cobolli hanno giocato bellissimi scambi, ad alta velocità, ma secondo quel che ho visto fra Sinner e Shelton, le velocità erano diverse. Per me, e ovviamente posso sbagliare anche perché non è detto che Jannik riesca a giocare come ha giocato ieri, Jannik non correrà rischi, se terrà l’iniziativa come ha detto di volere tenere, al contrario di quanto fece con Dimitrov prima che il bulgaro gli desse – suo malgrado – via libera.