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Fognini, il momento dell’addio è arrivato: ufficiale il suo ritiro dal tennis professionistico

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Ero qui poco più di una settimana fa, ho lasciato qualcosa in sospeso. Ora sono qui a salutare tutti quanti. Credo che sia il miglior modo di dire addio a tutti.

Nella mattinata di oggi Fabio – che si trova ancora in Inghilterra – aveva annunciato una conferenza stampa, e avevamo capito tutto. Ma torniamo a lunedì 30 giugno, e al giorno tennistico più puro dell’anno, ovvero il primo lunedì di Wimbledon. Il campo più famoso del mondo, ovvero il Centre Court di Londra, l’ovazione del pubblico e la commozione degli appassionati da casa, l’avversario più forte e una grande prestazione: Fabio Fognini – come aveva preannunciato – c’ha pensato qualche giorno e poi ha messo il punto alla propria carriera, chiudendo in bellezza la sua storia, dopo aver giocato (e perso al quinto set) un grande match con Carlos Alcaraz, nel primo giorno del torneo. Il ligure ha dipinto il campo, ha spaventato il due volte campione in carica e ha messo in mostra un repertorio unico: è stato chiaro fin da subito che, no, quelle cose, non le avremmo più riviste, nel corso dell’edizione 2025 dei Championships. Il sorteggio – beffardo e affascinante al tempo stesso, proprio come il gioco di Fogna – gli aveva regalato l’occasione giusta: lui l’ha colta, ha messo insieme tutte le energie che gli erano rimaste e l’ha sfruttata, nonostante i 38 anni e i piedi che non andavano più come ai bei tempi.

“È stata una sconfitta-vittoria che vale molto, su questo campo qua, davanti alla mia famiglia. Ho dovuto essere onesto con me stesso: dopo quella prestazione in quel palcoscenico non voglio tornare a giocare in qualche Challenger, perché è questo che la mia classifica mi permette di giocare. Ho avuto la fortuna di giocare in una delle ere che entrerà nella storia come tra le più forti di sempre: ho giocato con Roger, Rafa, Nole, per me vincere uno Slam [come Flavia] era impossibile.”

Saluta il Gioco uno dei migliori tennisti italiani dell’era Open: sarebbe francamente sbagliato ridurre Fognini ai numeri, ma diventa obbligatorio, in questi casi, partire dalla matematica e dal palmares. E allora il best ranking di numero 9 (da quando esiste la classifica del computer, meglio di lui, solamente Sinner, Panatta, Berrettini, Musetti e Barazzutti), i nove titoli ATP in singolare (il più prestigioso, nel 2019, a Montecarlo), gli otto titoli in doppio (la chicca, l’Australian Open del 2015 in coppia con Simone Bolelli), i quarti, crudeli e mai disputati, del 2011 al Roland Garros, le vittorie in Davis (la copertina, con Murray, a Napoli) e molto altro ancora. Fognini, insieme ad Andreas Seppi, ha metaforicamente tirato la carretta di un tennis italiano e disperato, molto diverso da quello attuale: e, forse proprio per questo motivo, anche più affascinante: Fognini è stato lo spettacolo contraddittorio del dualismo tra talento e personaggio, è stato un cortocircuito ed è stato un giocatore di tennis molto più concreto di quello che sembra. Le premesse dell’inizio della carriera (2004) non erano le premesse del predestinato: Fognini, però, nonostante un servizio innocuo, con il passare degli anni, grazie al talento e al lavoro, è riuscito a costruire la leggenda metropolitana dello “spreco”, del “se avesse avuto la testa”, dei siparietti – a volte squallidi, a volte divertenti, ma le prediche ci annoiano e non ci interessano- da social ancora prima dell’esplosione dei social. E’ stato la frustata di dritto, è stato l’ultimo interprete puro dell’attacco in controtempo, e che bellezza.

“Ero qui poco più di una settimana fa, ho lasciato qualcosa in sospeso. Ora sono qui a salutare tutti quanti. Credo che sia il miglior modo di dire addio a tutti. Sono contento che Federico era qui per vedere la mia ultima partita, me lo ricorderò per sempre. Dopo mi ha chiesto di andare a mangiare sushi, dove abbiamo parlato di tante cose, nei limiti nei quali si può parlare con un bambino di 8 anni. Sfortunatamente i miei genitori non sono potuti venire, perché c’erano altri bambini a cui accudire”, ha raccontato Fabio.

Che ha poi aggiunto: “Flavia è stata la prima persona a dire addio al tennis nel momento migliore. Ho parlato con lei due giorni fa, le ho comunicato la mia decisione. Lei ha detto che questa è la mia carriera, e qualunque decisione sarebbe stata ok per lei. Avrei voluto finire l’anno prossimo a Montecarlo: il torneo che ho vinto, vicino a dove sono cresciuto. Ma non è stato possibile, e sono contento della maniera nella quale dico addio al tennis professionistico. Oggi sono qui per vedere Djokovic-Cobolli, e alla fine della partita lascerò la scena per sempre. La sera prima del match con Carlos volevo solo divertirmi e godermi la partita. Il modo in cui la partita è andata è stato il miglior modo di dire addio. Ho lottato contro tanti infortuni negli ultimi anni, non è stato facile, e questa è la migliore decisione possibile”.

Si è anche rivolto ai giornalisti italiani, raccontando un rapporto complesso: “Mi avete conosciuto, ci siamo scontrati, una piccola parte di questo percorso, del rapporto con voi, se potessi tornare indietro lo farei diverso, perché ad oggi mi ha giocato contro. Potevo fare di più, anche grazie a voi, e quella barriera che c’è stata, che ho contribuito a costruire…”

In chiusura, infine, una riflessione sul futuro: “Oggi sono qui per seguire Flavio Cobolli, che è della nostra agenzia. Difficile dire cosa farò, voglio godermi l’estate con la famiglia. E poi quello che verrà, verrà. Sono felice, ho vissuto momenti indescrivibili, il tennis mi ha dato tanto, tutto, ed è bello uscire in questa maniera. Sono stato quel ragazzo ribelle e sensibile che ce l’ha messa tutta, e spero di essere ricordato per quello, più che per qualche racchetta rotta, che nel gioco ci può stare. È stata una bellissima corsa, 20 anni con la fortuna di giocare con i giocatori più forti della storia, poter poi giocare con i giocatori più forti della seconda storia, giocare un match come quello della settimana scorsa, che non mi aspettavo. Mi mancherà la competizione, e mi mancherà la routine del gioco”.

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