Alcaraz, l’élite sportiva e la banalizzazione del sacrificio
di Toni Nadal, pubblicato da El Pais il 30 maggio 2025
traduzione di Alessandro Condina
Arrivati a questo punto del torneo di Parigi, solo due delle nostre rappresentanti sono riuscite a raggiungere il terzo turno, Paula Badosa e la giovane Jessica Bouzas (Badosa è stata appena eliminata da Kasatkina, ndt). Nel tabellone maschile la realtà si è rivelata ancora più sfavorevole, visto che rimane solo uno degli otto spagnoli che erano ai nastri di partenza, Carlos Alcaraz. Le sue vittorie a Montecarlo e a Roma lo hanno accreditato, per di più, come il principale favorito per la vittoria. Senza dubbio.
Al di là del suo tennis, il giocatore di Murcia è stato al centro dell’attenzione mediatica qualche settimana fa sull’onda delle dichiarazioni emerse nel documentario su di lui, in cui affermava che gli risulta difficile conciliare la sua vita personale con le esigenze dello sport di vertice e che, alla sua età, vorrebbe godersi la vita.
Evidentemente il dibattito non può essere sulla sua percezione, perché è quella che è e quella che sente lui. Quella valida per lui. Però, senza intenzione di contraddire la sua opinione, il dibattito riguarda i presunti “grandi” sacrifici che gli sportivi di vertice sono obbligati a sopportare e se vale la pena accettarli. È chiaro che viviamo in un mondo, quello occidentale, in cui abbiamo fatto del vivere bene e di ottenerlo subito la nostra aspirazione primaria. Questo a volte comporta respingere e quasi detestare tutto ciò che ci rende la vita difficile o che non ci piace.
Diceva Quevedo (il grande poeta spagnolo attivo fra il XVI e il XVII secolo, non il rapper, ndt): «Chi in questa vita spera che tutto sia di suo gusto, patirà molti disgusti». Troppo spesso, infatti, ci siamo abituati a usare il termine “sacrificio” alla leggera, fino al punto di banalizzarlo e in molte occasioni perdiamo il dovuto senso delle proporzioni, quello che ci permette di vedere e analizzare le cose nella giusta misura. Soprattutto quando ci riferiamo a qualcuno sotto i riflettori.
Senza dubbio, lo sport di vertice richiede un’estrema dedizione, ma non più di molte altre attività che si vogliano realizzare ai massimi livelli. Chiamare sacrificio o gran sacrificio essere obbligati ad andare ad allenarsi ogni mattina sul prato del Bernabeu o del Camp Nou o sui campi del Real Club de Tenis Barcelona o del Real Murcia Club de Tenis sarebbe un paragone ingeneroso, quasi offensivo, per la stragrande maggioranza di lavoratori che puntualmente si presentano ogni mattina al loro posto di lavoro, rispettando orari molto più lunghi e per compiti in genere molto meno stimolanti.
Se certifichiamo come sacrificio non potere stare con gli amici perché devi viaggiare per essere in campo all’Open d’Australia, a Wimbledon, al Roland Garros o allo US Open, siamo davvero poco obiettivi. Tantissimi studenti sono obbligati, anno dopo anno, a spostarsi in un’altra città e, lontani dalle famiglie e dagli amici, restare lì per gran parte dell’anno e sicuramente in condizioni meno comode. Non c’è dubbio che per ottenere qualcosa e ancor di più se il nostro obiettivo è elevato, dobbiamo essere disposti a pagare un prezzo. E a rinunciare (più che sacrificare) a determinate cose. Stabilire se ne vale la pena o no spetta a ciascuno. Mi rendo conto che i disagi e le fatiche sono più facili da sopportare quando uno cerca la soddisfazione nel processo e al contrario molto più difficili da accettare quando uno spera di ottenerla solo attraverso il risultato.
In particolare, per mio nipote e per me che lo seguivo, è valsa la pena. È vero che in moltissime occasioni abbiamo dovuto lasciare la famiglia e ci siamo persi le feste di Natale e altri momenti conviviali, ma quando osservi con animo sereno gli svantaggi legati al nostro lavoro e li paragoni ai vantaggi che ci ha offerto, l’ago della bilancia pende chiaramente su questi ultimi. Spero solo, per il bene del tennis spagnolo, che per Carlos valgano la pena lo sforzo e le rinunce che deve accettare e che per molti anni continui ad allietarci con il suo gioco e le sue vittorie.