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Finale ATP Halle, curve e linee rette: il tennis visionario di Medvedev e Bublik

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Sarà una finale particolarmente intrigante, quella che andrà in scena sul verde della OWL Arena di Halle: un duello tra stili agli antipodi, ma tra personalità affini per stravaganza e irriverenza. Daniil Medvedev, lo stratega russo, affronterà Alexander Bublik, l’iconoclasta kazako che ha fatto dell’imprevedibilità il suo marchio di fabbrica. In palio, il titolo dell’ATP 500 tedesco.
E se Bublik è il volto più estroso e dissacrante di questo confronto, Medvedev rappresenta l’altra metà del paradosso: un giocatore tanto razionale quanto eccentrico, capace di sorprendere con la stessa frequenza con cui costruisce i punti.
Medvedev non è solo un tattico glaciale, come dimostrano la sua straordinaria capacità di adattamento e la resistenza nei lunghi scambi: possiede anche un carattere complesso e un modo di giocare del tutto personale. Fuori dal campo appare rilassato e introspettivo, persino autoironico – “molto facile se non mi infastidisci”, dice di sé – ma in partita mostra tratti unici e spesso imprevedibili. “Se dovessi paragonare Daniil a un artista, ci si aspetterebbe che tracci una linea retta. Ma non è il suo stile. Lui disegna curve: sembrano prive di senso, qualcosa di simile a Salvador Dalì. Ma alla fine l’opera appare”, ha spiegato Gilles Cervara, suo coach a tempo pieno dal 2017.

Head-to-Head e precedenti: tabù Medvedev per Bublik

Il bilancio dei confronti diretti è impietoso: 6-0 per Medvedev, con l’ultimo scontro risalente a gennaio all’Australian Open, dove il russo si impose in cinque set. Bublik non ha mai battuto Daniil, eppure stavolta si respira un’aria diversa.

“Daniil è l’ultimo russo che non ho ancora battuto. È stata la mia maledizione per tutta la carriera”, ha detto Bublik con il consueto misto di ironia e verità. “Ma come mi ha detto una volta un uomo saggio: ogni volta che perdi contro qualcuno, matematicamente sei più vicino a una vittoria. Speriamo che domani sia quella buona”.

Non è solo una boutade. Halle 2025 è il teatro ideale per uno strappo alla regola: per la prima volta i due si sfidano sull’erba, superficie che, almeno sulla carta, sorride di più al kazako.

Bublik, l’outsider che riflette sul concetto di ‘normalità’ nello sport

Alexander Bublik non è un giocatore come gli altri, e lo sa. “Io sono un ragazzo normale, in mezzo a robot e soldati professionisti”, ha detto durante il Roland Garros, rifiutando l’idea di sacrificare tutto per il tennis. Il suo approccio alla vita (e allo sport) è tanto dissacrante quanto profondo.

Nel 2024, arrivato al numero 17 ATP, ha provato a “diventare più professionale” per entrare nei top 10. Risultato: burnout mentale e discesa fino al numero 82. Da lì, la svolta filosofica. “Equilibrio vita-lavoro al 50%. Se a 40 anni non posso camminare, non ne vale la pena”, ha detto dopo la vittoria contro Draper a Parigi.

“Ora sport significa dedizione totale. Ma per me non è normale. Penso di essere solo un tipo normale che gioca a tennis”.

Il 27enne kazako è reduce da un periodo di grande forma: al Roland Garros ha rimontato da due set sotto contro de Minaur e ha poi battuto Draper agli ottavi, centrando il suo primo quarto di finale Slam. Sull’erba di Halle ha confermato lo stato di grazia eliminando in rimonta prima Jannik Sinner, n.1 del mondo, e poi Karen Khachanov. Vittorie che certificano il suo ottimo momento e lo rendono una vera mina vagante a Wimbledon. È vero che finora non ha mai raggiunto i quarti di finale, con un solo ottavo all’attivo, ma può mettere in difficoltà chiunque grazie al suo talento e al feeling con la superficie.

Analisi tecnica: il braccio contro il cervello?

Medvedev ha ritrovato solidità e fiducia. Ha concesso appena un set in quattro partite, mostrando un adattamento crescente al manto verde. I suoi colpi piatti, la capacità di neutralizzare il servizio avversario e una tenuta mentale granitica (quando vuole) lo rendono un osso durissimo, soprattutto in questa finale (una finale che desidera disperatamente, è la sua prima dell’anno dopo 15 mesi di digiuno da titoli!). Uno dei migliori ribattitori del circuito, capace di leggere le traiettorie come pochi. Ha un tennis pensato, tattico, con un’intelligenza analitica da scacchista (non a caso è soggetto a frequenti fenomeni di epistassi durante i match, non sarà forse lo sforzo mentale e il suo continuo “sforzare le meningi”?).

Bublik, invece, gioca a modo suo. È uno showman con mano da chirurgo: ha servito, smorzato e “folleggiato” fino alla finale, lasciando per strada solo due set. Ma è stato l’acuto contro il n.1 del mondo Jannik Sinner a incendiare il torneo: una vittoria tanto folle quanto perfetta, la prima della sua carriera contro un numero uno.

Chissà chi sarà il vincitore.

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