Darren Cahill: “Dopo la finale con Alcaraz è scesa qualche lacrima. Ultimo anno con Sinner? Vedremo”
“La delusione era enorme, il silenzio assoluto. Jannik è rimasto seduto per venti minuti, senza dire una parola e noi, uno per uno, gli abbiamo dato un abbraccio“. Darren Cahill non è uomo da frasi fatte, né da drammi esagerati, è un uomo concreto figlio della terra in cui è cresciuto, ma quando si tratta di Jannik Sinner, sembra che le parole non gli bastino mai. Ospite del podcast di Andy Roddick, “Served”, l’allenatore australiano – oggi 59enne – ha raccontato con tono sincero, a tratti commosso, i minuti immediatamente successivi alla finale persa dal suo allievo contro Carlos Alcaraz a Parigi. Un’epica battaglia da cinque ore e mezza, chiusa con il successo in rimonta del murciano. “Come allenatore, non posso chiedere di più – ha detto Cahill – È stata una partita di tennis brillante, seria, con grande rispetto tra i due. Davvero un onore esserci”.
Dentro lo spogliatoio, il tono era ben diverso. “Non c’era niente da dire. Dopo tutto quello che aveva dato in campo, era giusto lasciarlo solo con i suoi pensieri. Qualche lacrima è scesa, non solo da parte sua. È stata dura per tutti”. Perché perdere così, al termine di una delle finali Slam più intense degli ultimi anni, lascia ferite che impiegano tempo a cicatrizzarsi. “Devo dire che anche ore dopo, quella sera, non se n’era ancora fatto una ragione. E non se la farà mai davvero. Una partita così te la porti dentro per tutta la carriera, ma può diventare un punto di svolta”.
“La resilienza di Jannik sarà messa alla prova, ma ha tutto per ripartire”
Secondo Cahill, la forza di Sinner risiede nella sua capacità di dare alle cose la giusta prospettiva. “Ha una grande consapevolezza di sé. Capisce l’importanza di una partita di tennis, sa che bisogna saper affrontare vittorie e sconfitte più o meno allo stesso modo. E lui lo fa bene”. Un ragazzo che non si lascia travolgere, né dal successo né dalle cadute. “Ha un’etica del lavoro straordinaria, resilienza, uno scopo ben definito. Ama il tennis, pensa di giocare fino ai 37–38 anni. Ha una prospettiva diversa: sa che la carriera può durare molto e investe per questo. E quella resilienza, dopo Parigi, sarà messa alla prova; non importa se vincerà o perderà nei prossimi tornei: la chiave sarà come reagirà, come continuerà a spingere”.
Coach Cahill è convinto che la sconfitta contro Alcaraz diventerà un carburante. “Penso che ci aiuterà a migliorare. Cercheremo di usare quella delusione per fare un passo avanti. Jannik è già ripartito. Già il giorno dopo aveva cambiato atteggiamento. Ovviamente non l’ha dimenticata, e non lo farà: ha voltato pagina. Lui ha una grande capacità di dare ad ogni cosa il giusto peso e sa il valore di un match rispetto alla vita reale. Ci sono cose molto più importanti che accadono e che accadranno rispetto a vincere o perdere una partita di tennis”.
Roma, la squalifica e il ritorno inaspettato: “Ci sorprende sempre, ormai è la norma”
Non era affatto scontato che Sinner, reduce da tre mesi di squalifica per l’accordo con la WADA sul caso Clostebol, riuscisse a ritrovare il suo miglior tennis in così poco tempo. “Durante la squalifica, trovare campi e compagni di allenamento era complicatissimo – ha raccontato Cahill – Tutto doveva essere approvato dall’ITIA. Alla fine ci siamo allenati su un campo in terra battuta messo a disposizione da uno sponsor, vicino a Monte Carlo, ma in quel periodo, il tennis era quasi in secondo piano. La priorità era la preparazione fisica”.
Poi, col passare delle settimane, si è tornati a colpire la palla. Ma le aspettative erano minime. “Nei primi set di allenamento prima di Roma, non eravamo così ottimisti. Pensavamo: speriamo vinca almeno un paio di partite. Invece è arrivato in fondo. Una delle cose incredibili di Jannik è che ci sorprende sempre. Ormai, è diventata la normalità. Ci ha abituati così”.
Il servizio, Djokovic e la voce nuova: “Ha il coraggio di cambiare”
Cahill ha poi raccontato due episodi emblematici della mentalità di Sinner. Il primo è legato al cambiamento del servizio, deciso da Jannik prima di Wimbledon 2023. “Avevamo programmato di lavorarci a fine stagione, ma lui ha detto: ‘No, voglio farlo ora’. Veniva dalla sconfitta contro Altmaier a Parigi. Potevamo rimandare, invece ha voluto rischiare. Non ha paura di mettersi in discussione”.
Il secondo episodio arriva da Wimbledon 2022, dopo la sconfitta da due set a zero in vantaggio contro Djokovic. Cahill si avvicina a Novak e gli chiede un parere. “Gli ho detto: se hai notato qualcosa che può aiutarci, ti ascolto volentieri. E lui ci ha fatto un’analisi tecnica dettagliata: poca varietà, gioco a rete migliorabile, risposta poco aggressiva. Nulla che non avessimo già visto. Ma quando lo abbiamo riferito a Jannik, sapendo che veniva da Djokovic, l’impatto è stato diverso. Questo dimostra che nel tennis conta anche chi ti parla, non solo cosa ti dice”.
“Jannik mi ha spremuto. Ma mi sto divertendo troppo per smettere”
Sul futuro, Cahill lascia aperta una porta. “Quest’anno compirò 60 anni. A fine 2025 potrei fermarmi, ne abbiamo parlato, è stato lui a dirlo per errore in conferenza stampa a Melbourne. Poi è venuto da me dicendo: ‘Ho fatto una cavolata’, ma l’ho rassicurato. Se lascerò, sarà per il suo bene. A volte avere una nuova voce, una nuova energia, può far bene. Credo che un nuovo allenatore non gli farebbe male, quindi il piano rimane quello di salutarci alla fine dell’anno; abbiamo ancora tanti mesi davanti, vediamo...“.
Nessuna decisione definitiva. “Mi ha “spremuto” abbastanza, diciamo così, ma mi sto divertendo troppo. Il mio ruolo è chiaro: Simone è il coach principale, io mi occupo più della parte mentale, della pianificazione. Noi parliamo di tutto, questioni tecniche ed emotive, di cui mi occupo soprattutto io, come è successo ora dopo la finale del Roland Garros. Sarà ancora più importante per me essere con lui, è il motivo principale per cui sono ad Halle. Penso che lui sappia già il messaggio che voglio trasmettergli: è sempre alla ricerca di modi diversi per fare sempre meglio, per migliorarsi. Quella che all’inizio era una sorpresa, il modo in cui affronta le cose, ormai per noi è routine di tutti i giorni”.
Roddick lo candida alla Hall of Fame: “Merita di starci”
In chiusura, Andy Roddick ha voluto rendere omaggio a Cahill. “Ha allenato quattro numeri uno, ma ciò che lo rende unico è la reputazione che ha nel circuito. La sua integrità, la sua capacità di affrontare anche i momenti difficili. Per me, merita un posto nella Hall of Fame” – ha detto lo statunitense. E Cahill, da uomo di sport vero, ha sorriso. “Io ci metto passione e rispetto. Allenare Jannik è un privilegio. Se sarà il mio ultimo anno? Forse sì, forse no. Ma finché sarò qui, darò tutto per aiutarlo a diventare il miglior giocatore possibile”.