Il ‘superpotere’ di Jenson Brooksby: “Considero il mio autismo un punto di forza”
Jenson Brooksby e il potere salvifico dello sport. Del tennis, in particolar modo. Della sua storia, del resto, ne abbiamo già parlato a più riprese. Quello di Jenson, infatti, è stato il percorso di chi non ha mai smesso di crederci. Il tennista americano è abituato a fronteggiare situazioni complicate. Quella più importante riguarda il proprio autismo e una scelta comunicazionale tutt’altro che banale: “Fino ai 4 anni non riuscivo a parlare, questa è stata sicuramente la conseguenza principale della mia malattia. Era difficile fare amicizie, ho trascorso circa 40 ore a settimana con i terapisti per iniziare a parlare e dunque migliorare le mie relazioni con il mondo esterno e nelle situazioni sociali. Ma a volte le nostre sfide più difficili possono diventare le nostre forze più grandi“ – ha raccontato.
“L‘autismo ha sicuramente reso il giocare a tennis un pò più difficile rispetto ai miei colleghi e causato gesti molto plateali di insoddisfazione. Dall’altro lato però, restando sempre all’interno del campo, l’autismo è anche una grande forza nei momenti di pressione durante un match permettendomi di concentrare la mia attenzione su due o tre dettagli specifici con notevoli risultati e per un lungo periodo di tempo”. Parole elogiate pubblicamente anche da Boris Becker.
Adesso, l’atleta originario di Sacramento, ha rilasciato delle dichiarazioni altrettanto incisive ai microfoni di Tennis Channel: “Ho iniziato a giocare a tennis intorno ai quattro anni. Per me è stato un grande sollievo sfogare le mie energie praticando sport“. Ha sottolineato il californiano. “Ero fuori di testa e volevo essere molto attivo. Ma il tennis è sempre stato il mio sport preferito e in un certo senso il più accessibile perché si poteva giocare da soli e colpire in garage. Così, da piccolo, ho avuto queste piccole racchette e ho preso delle palline e le ho lanciate contro il muro prima di andare a scuola. Credo che non si possa fare la stessa cosa con altri sport.“.
Jenson, che nel corso del tempo è diventato un esempio per chi è costretto ad affrontare le sue stesse problematiche (e non solo), ha definito il proprio autismo come una sorta di “superpotere“: “Direi che il mio autismo può aiutare chi combatte a pensare una cosa del tipo ‘se ce l’ha fatta lui, ce la può fare chiunque‘. Direi che considero il mio autismo un punto di forza, una specie di superpotere più che un aspetto negativo. Credo che anche il me stesso più giovane sarebbe molto orgoglioso di me. Se potessi parlare al me stesso più giovane ora, gli direi qualcosa come ‘affronterai molte situazioni e sfide difficili, ma finché ti impegnerai al massimo e sarai onesto con te stesso, riuscirai a massimizzare il tuo potenziale in qualsiasi cosa tu stia cercando di raggiungere e a trovare il modo di continuare a sorridere lungo il cammino‘”. Ha chiosato.