Perché dei Fab Four il mio prediletto è stato Rafa Nadal
Il titolo non vi inganni. Non ho fatto il tifo per Rafa Nadal, almeno non sempre, quando giocava contro gli altri tre Fab. Quando dico che Rafa è stato il tennista dei FAB che ho prediletto penso e mi riferisco all’uomo Nadal, non al tennista mancino di Manacor che vincendo il Roland Garros ha stabilito un record che nessuno batterà mai (almeno fino a che io sarò vivo…). E spiegherò qui di seguito il mio perché, ammesso che a qualcuno interessi.
Il tifo costante, ma civile, l’ho sempre fatto soltanto per i tennisti italiani, nelle gare a squadre, come nei tornei individuali. Non per tornaconto e senza eccezioni. So che alcuni non mi crederanno, ma il tifo l’ho sempre fatto anche per Fabio Fognini, anche se lui era convinto che ce l’avessi con lui fino al punto di rifiutarsi per anni di rispondere alle mie domande, e fin qui passi, ma perfino ai miei collaboratori di Ubitennis. E qui non c’era proprio alcuna ammissibile giustificazione. Spero che con il tempo cambi modo di pensare.
Ho sempre scritto che Fabio era il più talentuoso dei nostri tennisti per un quindicennio ma anche il più restio a comprendere che se si comportava male sul campo io non potevo scrivere che si comportava bene e, allo stesso tempo, se i lettori di Ubitennis lo criticavano per un motivo o per un altro, io non ritenevo giusto che i miei collaboratori preposti alla moderazione dei commenti li censurassero allorquando nei post si fossero espressi con educazione.
Per quanto riguarda invece i grandi duelli fra Fab Four, prima il “classico” Federer-Nadal, poi con l’arrivo di Djokovic, terzo intruso fra i due storici litiganti, e quindi con il sopraggiungere di Murray, ho sempre fatto il tifo – e l’ho scritto mille volte –per la miglior storia… da un punto di vista giornalistico.
Mi spiego: con Nadal dominatore sulla terra rossa al Roland Garros negli anni precedenti il 2011 (l’anno di Djokovic) facevo il tifo per Federer. O forse è più corretto scrivere “preferivo vincesse Federer”. Analogamente sull’erba di Wimbledon, dove Roger era il re, preferivo vincesse Nadal e ricordo come una delle finali più memorabili di sempre la prima vinta da Rafa, quella del 2008, 9-7 al quinto.
Quando Djokovic si è affacciato fra i due marziani sono stato contento per i suoi primi exploit. Aveva interrotto il duopolio. E quando Murray ha cominciato a fare finali dell’Australian Open, a perderle e a venire crocifisso nel Regno Unito (che tanto unito non era perchè i tabloid sottolineavano sempre i suoi natali scozzesi e non di rado lo definivano un magnifico perdente …), io speravo che prima o poi fosse lui a imporsi.
Ho sempre fatto anche il tifo per Wawrinka ogni volta che ha disputato una finale di Slam. E sono stato contento quando ha vinto le sue tre, come per Murray del resto.
Chiarito – spero – quest’aspetto…tennistico riguardo al mio tifo, voglio spiegarvi adesso perché il mio prediletto è Rafa Nadal. Potrei liquidare l’assunto con una frase semplice semplice (“Nessuno mostra di rispettare veramente, sempre e comunque, e a prescindere dal nome e dallo status degli interlocutori, il proprio prossimo come lui“), che però rischia di essere influenzata dal fatto che Andy Murray è dei quattro quello che conosco meno, quello con cui ho avuto meno “incroci” personali. E magari sul piano umano Andy, che ho frequentato meno, vale Rafa, ma non lo so. Probabilmente per un motivo: i giornalisti spagnoli, svizzeri e serbi non sono mai stati tantissimi (soprattutto in Australia a volte ne ricordo uno o due presenti per Paese), quindi era molto più facile avere rapporti e scambi con i tennisti spagnoli, serbi e svizzeri, mentre gli inglesi che tempestavano, attorniavano e circondavano Murray in ogni situazione, in ogni conferenza stampa ed evento, erano sempre numerosi, invadenti e – talvolta – anche un tantino prepotenti. Spazio ai colleghi in lingua straniera non ne lasciavano, anche se ricordo bene che una volta – eccezionalmente – alcuni dei colleghi Brit vennero da me perché li raggiungessi e fossi io a rivolgere un paio di domande che loro non si sentivano di fare quando Andy era ancora piuttosto diffidente nei loro confronti. Lo considerai un riconoscimento, se non un onore.
Come premessa voglio dire, e senza alcun intento di piaggeria – hanno smesso di giocare in 3 su 4 …non ci sarebbe neppur bisogno di sviolinare complimenti – che questi 4 fenomeni lo sono stati sul campo da tennis, ma sono stati tutti e quattro anche grandi, anzi grandissimi personaggi, uomini, fuori dal campo. Non c’è nessuno di loro che meriterebbe di essere criticato per essere stato sì campione ma uomo da poco. No. Tutti hanno dimostrato personalità, intelligenza, carisma assolutamente straordinari. Io posso prediligere uno dei quattro, un altro può prediligere un altro, ma nessuno dei quattro è stato – ribadisco -uomo comune, ordinario. Hanno caratterizzato un’epoca, una lunga epoca, sul campo da tennis, ma dimostrandosi tutti anche uomini veri di un tale livello che sono sicuro avrebbero fatto molta strada anche se invece di dedicarsi al tennis fin da ragazzini avessero scelto altre vie per affermarsi.
Comincio allora col dire che cosa penso, non come tennista ma fuori dal campo, di colui che dei Fab Four ho avuto minori occasioni di conoscere, Andy Murray, anche se mi sono invece intrattenuto più volte e con un minimo di confidenza con sua mamma Judy, anche lei – al di là dei buffi e spiritosi complimenti sempre simpaticamente rivolti a Feliciano Lopez – personaggio di notevole caratura.
Mentre ho conosciuto Federer a 16 anni e 8 mesi quando ha vinto il torneo junior di Pasqua al mio Circolo Tennis di Firenze e poi assistetti al suo esordio in Coppa Davis contro l’Italia di Sanguinetti e Pozzi quando aveva ancora i capelli mesciati di biondo…, mentre ho incontrato per la prima volta Rafa Nadal a 16 anni e 9/10 mesi che giocava a Montecarlo contro Albert Costa nel 2003 e subito lo intervistai in quei giorni…, mentre ho parlato le prime volte con Djokovic sempre a Montecarlo (ma nel 2005) quando aveva 18 anni ed era seguito da Riccardo Piatti, invece Murray – meno precoce degli altri 3 – l’ho conosciuto e intervistato che era già più grandicello e con minori occasioni per dei “tete à tete” rivelatori della sua personalità. Non era mai solo.
Di Andy tuttavia non posso che parlare bene. Perché i suoi difetti sono semmai emersi sul campo, quando insultava il suo team in maniera stranamente poco intelligente e ineducata – soltanto con Ivan Lendl non se lo permetteva…e guarda caso i successi più importanti li ha colti con lui – ma mai fuori dove invece mi è sempre sembrato un modello di educazione. Rispettoso. Corretto. Professionale. Ho sempre apprezzato sia l’intelligenza delle sue risposte, mai banali, sia lo sforzo che faceva per cercare risposte che dessero soddisfazione a chi gli chiedeva qualunque cosa. Si impegnava seriamente anche in quell’esercizio per lui assolutamente evitabile. Mai arrogante, mai indisponente. Sempre mostrando comprensione anche nei confronti di quei giornalisti che potevano rivelarsi inesperti, impreparati al punto da proporre le stesse domande richieste nei giorni immediatamente precedenti.
Andy ha subito pressioni enormi, in un Paese che non aveva più vinto il solo torneo cui gli inglesi sembravano davvero tenere in considerazione, The Championships (I Camionati…come a dire che altri tornei non esistevano), dai tempi di Fred Perry (1936). La stampa britannica non è stata sempre tenera con lui, soprattutto agli inizi di carriera, e lui non ha mai sbroccato. Non ha mai avuto – che io ricordi – reazioni cafone fuori dal campo. Magari qualcuna può essermi sfuggita. Ma non lo credo probabile.
Djokovic invece l’ho visto a più riprese in situazioni particolari, come quando, anno dopo anno, si impegnava tantissimo per partecipare al tradizionale Players Party di Montecarlo e – dal momento che per diversi anni mi fu consentito di preparare degli sketches e perfino di recitare o cantare (avreste dovuto vedermi nell’interpretazione di Elvis Presley, tutto vestito di bianco come nel suo famoso concerto alle Hawaii e con un ciuffo assai improbabile sulla mia “pelata” mentre cantavo, parafrasando, “Are you Lonesome Tonight” rivisitato come “Are You Lonesome Galbraith” fingendo di essere il partner di doppio Connell da cui Galbraith si era separato!) – ho visto Nole esibirsi nei ruoli più disparati con una spontaneità e una giocosa freschezza davvero rilevante. Lo ricordo convincere un gruppo di giocatori serissimi a trasfomarsi in Drag-Queens con tacchi a spillo e bikini e a partecipare a un concorso di bellezza. Oggi con l’infuriare dei social non sarebbe stato possibile, qualche immagine sarebbe uscita. Forse per questo motivo il Players Party quest’anno non è stato più organizzato.
Il primo Djokovic era ben diverso dal Djokovic successivo e più recente. Del resto chi ricorda le imitazioni che faceva di Nadal, Becker, Sharapova, McEnroe, prima che un mondo poco spiritoso e tennisti dai manager eccessivamente suscettibili lo stoppasse, e chi ha presente anche i suoi incontri pseudo tennistici “padella in mano” con Fiorello non può aver colto quanto spontaneo fosse il Djokovic di allora e quanto più “personaggio impostato” sia inevitabilmente diventato negli ultimi tempi. Prima ancora della vicenda COVID e vaccino. D’altra parte se Nole decidesse di far carriera poltiica in Serbia lo eleggerebbero subito presidente della Repubblica. In Serbia lo adorano, è un DIO, e lui ne è consapevole. Il che non aiuta. Anche se certo se tutti lo hanno messo su un piedistallo così alto, a prescindere dai suoi meriti tennistici, significa che se lo è meritato. In Italia, ad esempio, non si è dimenticata la sua generosità quando regalò un milione di euro all’ospedale di Bergamo. Nessuno lo obbligava a farlo. Il Covid imperversava anche in Serbia. Tante volta ha fatto cose buone. Il sense of humour, la prontezza di spirito, una certa genialità non gli è mai mancata, e ve ne sarete resi conto anche per alcuni siparietti che ha condiviso con me. Anche lui ha patito molto la pressione di un pubblico non sempre generoso con lui. Ogni volta che ha giocato contro Federer e spesso anche contro Nadal, ha avuto quasi tutti contro. Non sono situazioni che, anche fuori dal campo, sono facili da dimenticare. Quindi non ha potuto sempre essere “vero” fino in fondo. Sempre simpatico, cordiale, rispettoso e disponibile con la gente più importante, non sempre con quella un po’ meno…Questa la sua più grande differenza – a parer mio – con Rafa Nadal. Anche se sarebbe ingiusto sostenere che si sia trattato di un personaggio tendente all’ipocrisia. Meno vero di Nadal forse sì, però. Almeno a parer mio che pure Novak (e non solo per il famoso “NOT TOO BAD”) l’ha in simpatia, proprio perché mi ricordo come era. Oggi, ad esempio, non sopporto la sua assoluta mancanza di puntualità, in ogni circostanza quando ad aspettare è gente …che non conta.
E veniamo a Roger Federer. Come sul campo anche fuori lui è Mister Perfection. Forse troppo perfetto per essere interamente vero. Elegante, raffinato, mai sopra le righe (beh sulle righe da tennis sì…), difficile coglierlo in fallo, difficile che faccia o abbia fatto una gaffe. Si possono sprecare battute sulla sua “svizzeritudine” – perdonate l’orribile neologismo – sulla sua capacità di assumere sempre posizioni neutrali, senza mai sbilanciarsi troppo. Umano fino alle lacrime per certi versi – quante volte lo abbiamo visto piangere! – e non solo quando si è ritrovato mano nella mano con Rafa Nadal durante la Laver Cup. Una famiglia perfetta, una moglie devota, genitori modello, quattro gemelli, una fondazione cui sembra dedicarsi non solo per abbattere il reddito multimiliardario. Mai avuto niente da rimproverargli. Abbiamo scherzato tante volte, ricordo che in una occasione in cui il moderatore di una conferenza stampa disse che la mia sarebbe stata l’ultima domanda di un Masters ATP che lui aveva vinto Roger disse: “Well non si poteva chiudere l’anno meglio di così!”, e qualcuno ricorderà anche lo scambio che avemmo – si può trovarlo su YouTube– a Wimbledon quando lui battè 6-1,6-2,6-2 in ottavi Berrettini dopo che io avevo scritto che il solo punteggio che non avrebbe potuto verificarsi sarebbe stato per l’appunto quello (infatti contavo sulla capacità di Matteo di difendere meglio i propri turni di servizio). Lo dissi e Roger scherzò; “Stai dicendo che dovrei suggerirti di andare in pensione?”.
Ma al di là di battute e siparietti, Roger ha dimostrato spesso una grande educazione e una notevole sensibilità. A me sarebbe piaciuto che avesse preso più spesso posizione in alcune delle querelle che riguardano i grandi poteri del tennis, tutte quelle sigle che non si mettono mai d’accordo neppure sulle strategie più facili da adottare. Si è presto trasformato anche in uomo d’affari, insieme al suo manager Tony Godsick, e quando c’è stato da lanciare la Laver Cup si è avvalso della sua posizione per ottenere vantaggi che nessun altra manifestazione d’esibizione avrebbe ottenuto…(assurdo che match che non hanno neppure un terzo set siano considerati alla pari degli head to head del vero circuito ITF e ATP)- però con i soldi e il potere che tutti questi 4 fenomeni hanno accumulato è impensabile pensare che non debbano anche approfittarne un po’ per godersi certi privilegi. Nobody is perfect, neppure i fenomeni. Non si possono davvero censurare per qualche piccola prepotenza nei confronti di chi…non può.
Troppo facile criticare. Di sicuro, lui come gli altri Fab, è persona perbene, onesta, affidabile.
E arrivo, last but not least, a Rafa Nadal. Non so se avrei voluto avere come figlio – qualità tennistiche a parte – uno come Djokovic, Murray e forse anche Federer.
Rafa invece sì. Mi è sempre sembrato vero, mai artefatto. Umile e affettuoso anche con le persone umili. Gentile con tutti. Sempre. Solo una volta, ma per un equivoco linguistico, mi fraintese e disse una frase poco carina. Della quale però poi si scusò, dicendo “Non parlo così bene l’inglese“. In realtà mi ero espresso male anch’io.L’ho visto per anni alla fine di ogni sua conferenza stampa andare a salutare e ringraziare le persone dell’ASAP, coloro che lavorano trascrivendo a tempo record le conferenze stampa. Non avrebbe nessun bisogno di farlo, lo ha sempre fatto, anche quando non c’è più nessuno che lo vede…non lo fa insomma per farsi veder bello e generoso. Anche nella cerimonia di domenica a Parigi si è visto quanto rispetto abbia per tutti, per tutti quelli che lavorano nell’ombra. E ho potuto riscontrarlo ovunque. Non è un caso che tutti lo adorino. Non solo gli amici e i parenti, o i tifosi. Tutti quelli che hanno avuto a che fare con lui. Ha un’umanità innata. Anche il suo rapporto con la moglie, deliziosa, sempre carina, sempre in disparte, la dice lunga. Soffrì tantissimo Rafa, forse il periodo più brutto della sua vita, quando padre e madre – prima sempre unitissimi – ebbero dei problemi e diventarono meno uniti. Rafa, affezionatissimo anche alle nonne, alla sorella, non riusciva quasi più a giocare. Io non ho praticamente mai avuto bisogno di chiedergli qualcosa, ma è come se avessi sempre saputo che se ne avessi avuto necessità avrei potuto contare sul suo probabile sostegno. Non ho avuto sempre la stessa sensazione con gli altri FAB, una volta DjokerNole mi fece una promessa mai mantenuta, peraltro un’altra volta invece fece un miracolo per risolvere un mio problema, ma magari questa è una sensazione senza troppo fondamento. Tutti questi quattro fenomeni hanno una fondazione benefica e con i tanti soldi che hanno accumulato hanno dimostrato la volontà, il desiderio di aiutare il prossimo. Senza manifestarlo per farsi apprezzare di più da chi non li conosce. Ribadisco, sono personaggi eccezionali sotto tutti i profili. Io sento Rafa Nadal più vicino a me. Ma questo non significa che io non trovi grandissimi anche tutti gli altri tre. Avrei tanti episodi da raccontare, ma ho già scritto talmente tanto che…sarà per un’ altra volta. Spero di non avervi annoiato troppo.