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Da Roma a Parigi: Sinner pronto alla rivincita sul rosso francese? Prima finale Slam contro Alcaraz in vista 

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Durante i primi allenamenti al Foro Italico in preparazione del torneo romano, Jannik Sinner era apparso con indosso una maglietta su cui era stampata la scritta “Just do it”. Parole semplici e concise, perfette come formula di incitamento, e sprono, a cui far riferimento alla vigilia del rientro alla competizione in un grande torneo dopo un periodo di allontanamento forzato dal circuito. Questa espressione è uno degli slogan pubblicitari più iconici e riconoscibili al mondo, associato al marchio Nike. Lanciato nel 1988, è diventato un potente invito all’azione, all’autodisciplina e al superamento dei propri limiti. Il motto fu ideato da Dan Wieden, cofondatore dell’agenzia pubblicitaria Wieden+Kennedy. L’ispirazione venne dalle ultime parole di Gary Gilmore, un condannato a morte negli Stati Uniti, che prima dell’esecuzione disse: “Let’s do it”. Wieden adattò la frase in “Just Do It”, conferendole un tono più universale e motivazionale. 

Un messaggio chiaro e deciso, rivolto al pubblico e soprattutto a sé stesso: fallo e basta, agisci senza esitazioni, paure o dubbi. Era importante innanzitutto che la mente e il corpo tornassero a lavorare all’unisono, liberate da tutte le scorie accumulate non solo in questo ultimo periodo di esilio agonistico, ma ancor prima, a partire dal momento in cui aveva appreso della sfortunata faccenda che lo stava per travolgere e poi definitivamente condannare a un anno di tensioni, incertezze e ingiusti compromessi. Allora Jannik ci è riuscito, ha affrontato il torneo con determinazione e leggerezza, si è mostrato fin da subito tranquillo, consapevole, senza mai abbandonare il suo mantra: «… poi vediamo come va». Una frase che riflette la sua postura esistenziale e che consiste nell’assumere il più delle volte un atteggiamento calmo, pragmatico e concentrato sul presente, trasmettendo l’idea di non lasciarsi travolgere da pressioni eccessive.   

Questo lo ha condotto fino alla finale superando ogni più rosea aspettativa. Durante il torneo ci ha anche regalato una delle migliori prestazioni mai offerte in carriera battendo Casper Ruud 6-0 6-1 e toccando un grado di perfezione strabiliante. Poco importa se dall’altra parte della rete c’era il malcapitato norvegese il cui stile di gioco esalta mirabilmente le qualità tennistiche di Sinner –  e che pur a Madrid aveva appena centrato il suo successo più prestigioso – poco conta se le condizioni atmosferiche, ambientali e microclimatiche erano perfettamente allineate affinché le sue doti e la sua potenza venissero esaltate e se, in quel momento preciso, per una particolare congiunzione di fattori la sua lucidità era tale da cogliere l’istante esatto in cui eseguire la smorzata perfetta: non un attimo prima, non uno dopo. L’intero percorso in sé è stato fenomenale, considerate le circostanze, e questa constatazione è ineludibile nonostante il trofeo sia poi finito nelle mani del rivale Carlitos – quell’Alcaraz che tra alti e bassi, sali e scendi ritrova sempre il baricentro, recuperando la concentrazione e il controllo delle sue azioni proprio quando it matters the most. Su tredici finali disputate nei grandi tornei, lo spagnolo ne ha vinte undici. Nelle finali del Grande Slam si è sempre fatto trovare pronto mettendone a segno quattro su quattro – unico tennista nella storia ad aver vinto i suoi primi tre titoli Slam su tre superfici diverse e sesto tennista nella storia a riuscire nell’incredibile impresa di realizzare l’accoppiata Roland Garros-Wimbledon nello stesso anno (1 volta nel 2024) e il più giovane a farlo (21 anni e 69 giorni), mostrando ripetutamente una propensione ad eccellere nelle partite lunghe e combattute, della serie “quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare”. Sulla terra battuta il suo gioco, se possibile, viene ancora più esaltato. A soli 22 anni è riuscito a vincere tutti i titoli più importanti su questa superfice: Monte-Carlo, Madrid e Roma alla seconda partecipazione e il Roland Garros alla quarta. Questa stagione è iniziata alla grande, nonostante prestazioni tutt’altro che perfette: 30 vittorie e 5 sconfitte, tre titoli (Rotterdam, Monte Carlo, Roma) e una finale (Barcellona). La sua preparazione sul rosso è stata praticamente perfetta. 

Sinner invece lo avevamo lasciato con la vittoria agli Australian Open 2025 – secondo trionfo consecutivo a Melbourne – che ne aveva sancito definitivamente la supremazia, Sinner era l’uomo da battere. Contro Zverev, aveva dominato senza cedimenti: tre set, quindici turni di servizio, zero palle break concesse. A partire dalla fine del 2023, aveva fatto della gestione dei momenti chiave la sua arma più affilata, in grado di costruire le partite con lucidità, potenza e strategia. Non è un caso che alla domanda su cosa la colpisca maggiormente di Sinner, Jasmine Paolini abbia risposto: «la sua intelligenza. Io lo reputo una persona estremamente intelligente, in quello che dice, come si comporta. Quindi la sua intelligenza è una delle armi più potenti che ha, se non la più potente». Per Simone Vagnozzi, Sinner è un animale da competizione così come per Darren Cahill che già tre anni fa, appena entrato nel team del giocatore italiano, aveva rimarcato queste stesse caratteristiche: «ha il fuoco dentro», sottolineando la sua determinazione e il suo spirito di combattente. Questa combinazione di tenacia, resilienza mentale e capacità di risolvere i problemi tecnico tattici che si presentano di volta in volta sul terreno di gioco, lo hanno reso un tennista fortissimo e pressoché invincibile. È l’unico tennista ad aver vinto, nella stessa stagione (2024), due tornei del Grande Slam, tre Masters 1000, le ATP Finals e la Coppa Davis. Inoltre, è l’unico, dall’istituzione dell’ATP Tour nel 1990, ad aver conquistato almeno un set in ciascuno dei suoi ultimi 94 incontri — una striscia seconda solo a quella di Roger Federer (194 match consecutivi) — interrotta proprio in finale agli Internazionali d’Italia 2025 dove, come è noto, è stato sconfitto da Carlos Alcaraz in due set. Sempre Alcaraz ha posto fine alla precedente striscia di 26 vittorie consecutive di Sinner, iniziata dopo la sconfitta nella finale di Pechino 2024, anch’essa contro lo spagnolo. 

Accennare ai record e alle imprese di questi due giovani giocatori rappresenta il tentativo di rimettere in insieme i pezzi ed evidenziare ciò che ormai è diventata una certezza. Al di là di ogni grattacapo – ad oggi insolubile – di determinare chi sia il più forte dei due, possiamo affermare che l’opera tennistica di entrambi, fin qui realizzata, è già da inscriversi nella storia del tennis. Al netto di ciò, è necessario notare come all’inizio della loro rivalità, quando Sinner non era ancora il campione che conosciamo e Alcaraz sembrava già un fuoriclasse affermato, si aveva l’impressione che lo spagnolo fosse anni luce avanti rispetto agli altri, sia per talento che per risultati, e che l’unico in grado di metterlo seriamente in difficoltà fosse proprio Sinner. Ora la situazione si è capovolta: Sinner domina contro tutti, ma continua a trovare in Alcaraz il suo ostacolo più difficile da superare (dall’inizio del 2024 Sinner è 85 vittorie e 3 sconfitte contro tutti gli altri, ma è 0-4 sotto contro Alcaraz), il che effettivamente ha dell’incredibile. Si ha la sensazione che la posta in gioco sia cambiata, non si tratta più soltanto di vincere una partita o conquistare un titolo, ma di far emergere la propria identità. Tempo fa scrissi: Sinner e Alcaraz sono due forze smisurate e distinte che si attraggono e si respingono, ma che mai vorrebbero rimanere perfettamente allineate lungo la medesima traiettoria per troppo tempo o peggio distanti anni luce l’una dall’altra. A testimonianza di questo, durante l’assenza di Sinner dal circuito, ci si è ritrovati in una sorta di dimensione sospesa, in cui anche Alcaraz ne è stato risucchiato. Una bolla di stasi, pronta ora ad esplodere e a liberare tutta la pressione interiore accumulata: «Sinner ha un’aura diversa dagli altri. Se non gioco al mio meglio è impossibile batterlo», tutto riprende forma e Alcaraz ritrova la sua motivazione.  

Il Roland Garros, secondo Slam stagionale, sarà il vero banco di prova, con l’ottimismo e la speranza di vederli entrambi in finale – alimentata dal loro recente dominio negli ultimi 5 Major. Conosciamo bene la propensione innata di Sinner nel risolvere gli enigmi, adattandosi, studiando e infine trovando la chiave per superare anche i rivali più ostici. Lo ha dimostrato con Daniil Medvedev, contro cui aveva perso le prime sei sfide, prima di ribaltare completamente l’inerzia del confronto e con Novak Djokovic: dopo tre sconfitte consecutive, Sinner è riuscito a imporsi due volte in pochi giorni nel novembre 2023, prima nella fase a gironi delle ATP Finals e poi, soprattutto, nella storica semifinale di Coppa Davis che ha segnato un passaggio di testimone simbolico. Nonostante il suo cammino sia stato costellato da ostacoli – fisici, mentali, e persino extratennistici – Sinner ha sempre dimostrato che la vera forza sta nel non farsi definire dalle difficoltà, ma nel superarle e migliorare costantemente, anche nei piccoli dettagli. 

A Parigi c’è la forte probabilità che vada in scena una battaglia à bout de souffle – fino all’ultimo respiro, con Jannik e Carlos considerati tra i massimi favoriti del torneo. Ma per arrivarci, Sinner sa di dover compiere un ulteriore passo in avanti. Lo ha ammesso lui stesso: sarà fondamentale prestare ancora più cura ai particolari, affinare la preparazione fisica e mentale, e soprattutto studiare una strategia nuova per affrontare un avversario come Alcaraz, dotato di intensità, variazioni e aggressività costante. La pausa forzata ha rallentato la corsa, ma non ha spento l’ambizione: il Philippe Chatrier potrebbe essere il palcoscenico ideale per un nuovo capitolo della loro rivalità. 

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