Susan Bandecchi: “Federer il mio idolo. Zheng mi impressionò già nel 2020. La qualificazione Slam è un obiettivo [ESCLUSIVA]
Tra le 128 giocatrici presenti nel tabellone di qualificazione al Roland Garros 2025 ci sono quattro azzurre, ma c’è una tennista che, per formazione ed origine, qualcosa di italiano nel sangue lo ha lo stesso, anche se rappresenta la Svizzera da sempre e non ha mai voluto cambiare nazionalità. Trattasi di Susan Bandecchi, il cui nonno paterno è originario proprio del Bel Paese e che da parecchi anni si allena a Milano. L’elvetica al primo turno se la vedrà con l’argentina Solana Sierra per cercare di avanzare il più possibile e qualificarsi per la prima volta in carriera nel main draw di uno Slam. Lei stessa ha voluto raccontarsi a 360° in un’intervista esclusiva.
D: Tuo papà è svizzero ed ha origini italiane, mentre tua mamma è cilena. Tu hai potuto scegliere? E in tal caso come mai hai deciso di optare per la Svizzera?
Susan Bandecchi: “Io sono nata in Svizzera a Lugano, mia mamma è nata in Cile, ma si è trasferita in Svizzera quando aveva sei anni, quindi ha fatto tutti gli studi a Lugano, non ha l’accento quando parla e abbiamo sempre comunicato in italiano in casa principalmente. Mio papà è svizzero, nato a Basilea, ma mio nonno è italiano. Per questo io ho il cognome italiano. Ho sempre giocato per la Svizzera perché essendo nata lì i primi tornei io avevo solo il passaporto svizzero e ho sempre rappresentato questo Paese da quando sono piccola. Io qualche anno fa ho fatto il passaporto cileno perché mi spettava di diritto, visto che mia mamma è cilena”.
“Volevo anche fare quello italiano, anche per un fattore di gara a squadre, pre-qualificazioni agli Internazionali mi poteva servire. Però mi sono informata e con il fatto che il passaporto italiano lo ha solo mio nonno e non mio papà, che ai tempi ha rinunciato ad avere entrambi, è un po’ complicato. Non sono quindi riuscita ad averlo, ma io in qualsiasi caso avrei sempre deciso di rappresentare la Svizzera, perché mi sento svizzera e ho sempre gareggiato sotto quella bandiera. Non ho mai tentato di cambiare nazionalità“.
“Dopo due giorni all’accademia di Laura Golarsa capii che era il mio posto”
D: Come ti sei approcciata al tennis?
Susan Bandecchi: “Ho iniziato a giocare a 5 anni, anche se volevo già farlo quando ne avevo 2, però mia mamma non sapeva assolutamente le regole del tennis e ha provato a deviarmi su altri sport. Ma non c’era verso, io mi ero fissata con il tennis e lei si è dovuta per forza di cose informare. A 4 anni e mezzo mi ha portato a fare la prima prova, vicino casa, e a 5 anni ho iniziato. Mi è sempre stato detto fin da piccola che ero portata per questo sport e per me è sempre stato un amore, una passione. Già da quando ero piccola volevo provare a fare professionismo, volevo che fosse la mia vita a tutti gli effetti. E per ora direi che ci stiamo riuscendo”.
D: Cosa significa lasciare casa a 16 anni e andare ad allenarti a Milano?
Susan Bandecchi: “Finite le medie, che per noi durano quattro anni e quindi io ne avevo 15, già volevo giocare seriamente a tennis. I miei non hanno voluto, il mio maestro diceva che era troppo presto e quindi mi hanno un po’ ‘obbligata’ a iniziare a fare il liceo. Ho fatto un anno di inferno in cui non potevo giocare tornei perché la scuola non la potevo saltare. Mi allenavo pochissimo perché in Svizzera si va a scuola dalle 8 del mattino alle 17″.
“Ho vissuto davvero un anno terribile, ma quando ho finito mi sono detta che quella non era la vita che avrei voluto fare, volevo giocare a tennis e lo volevo fare in quel momento. Farlo a 19/20 anni sarebbe stato tardi e volevo prendere quel treno subito. Mio papà era molto sull’idea dello studio, mia mamma lo era sempre stata ma è stata quella che mi ha appoggiato di più. Questo perché lei non voleva che io un giorno le avrei rinfacciato di non avermi fatto giocare a tennis“.
“Sono andata a Milano all’accademia di Laura Golarsa, ho fatto una settimana di prova e al secondo giorno ho chiamato mia mamma dicendole che sarei rimasta, perché era il mio posto. Lasciare casa a 16 anni, vivere da sola non è facile, ma io sono sempre stata una molto matura. Il fatto di stare da sola non mi ha mai pesato, anche quando facevamo le gite con la scuola era già così. Io la vedevo come un inseguimento del mio sogno. Chi l’ha sofferta di più è stato mio fratello, che ha cinque anni in meno di me e con cui sono molto legata. Io sono comunque sempre stata convinta della mia scelta“.
Susan Bandecchi “Il più grande grazie lo devo al mio maestro Andreas Polzgutter”
D: Hai avuto tanti allenatori importanti, tra cui anche Laura Golarsa. Con quale ti sei trovata meglio?
Susan Bandecchi: “Io penso che ovviamente negli anni tutti gli allenatori che mi hanno seguita mi hanno dato qualcosa. Il più grande grazie lo devo sicuramente al mio maestro Andreas Polzgutter, quello che mi ha preso quando avevo 5 anni e mi ha lasciato quando ne avevo 16. Mi ha cresciuto, era come un padre e tutt’ora ci sentiamo spesso. Mi segue, mi chiama, siamo in buonissimi rapporti. A lui devo davvero tutto, perché è grazie a lui se questa passione negli anni è cresciuta, è lui che mi ha impostato bene tecnicamente. Essendo tedesco lui è molto inquadrato, ma questa cosa mi ha aiutata devo dire. Il primo anno all’accademia di Laura Golarsa mi seguiva Niccolò Vercellino, che è di Torino. Dopo un anno e mezzo lui ha deciso di andare in America, che era il suo sogno e io mi sono ritrovata senza maestro“.
“Laura, che ai tempi credeva molto in me, mi ha detto che mi avrebbe preso, anche perché lei aveva l’accademia, ma girava per i campi, aveva principalmente Bega. Ho fatto tre anni con lei, mi ha preso che ero 1000 del mondo e quando me ne sono andata ero 300. Sicuramente ci sono state delle problematiche con lei, ma tutti gli allenatori mi hanno dato qualcosa. Lei in campo era brava, mi ha cresciuta caratterialmente perché è una forte. Ero seguita bene anche se non riusciva molto a venire ai tornei. Quando ho deciso di andarmene via volevo comunque rimanere a Milano e ho scoperto che al Tennis Milano aveva cominciato ad allenare Alberta Brianti”.
“Ho fatto una prova lì e ho deciso di rimanere, abbiamo fatto un anno e mezzo, ma anche con lei ho fatto dei buoni risultati nonostante le cose non siano funzionate del tutto. Io ho deciso comunque di rimanere lì e sono quattro anni che mi alleno con il mio coach attuale che è Andrea Turco. Le cose stanno funzionando, ha una passione incredibile e vive di tennis, soprattutto di tennis femminile che è una cosa rara. A livello tattico ho fatto un salto grazie a lui, perché prima era un po’ ‘Vai in campo e fai il tuo gioco’, ma con lui so cosa devo o non devo fare in base all’avversaria. A lui devo tanto”.
“Il doppio non è mai stato il mio”
D: Tu hai vinto un solo titolo e lo hai fatto in doppio a Losanna, in cui avete battuto anche doppiste come Routliffe e Eikeri. Hai mai pensato di dedicarti solo al doppio?
Susan Bandecchi: “Ti dico la verità, il doppio non è mai stato il mio. Ho cominciato a farlo da quando ha iniziato a seguirmi Andrea. Prima lo giocavo ogni tanto, qua e là, ma il mio focus è sempre stato sul singolare. Ogni tanto lo facevo con le mie amiche per divertirci, ma non è mai stata una priorità. Il mio allenatore mi ha detto che secondo lui dovevo farlo di più come allenamento anche. A Losanna abbiamo avuto un po’ di fortuna, perché al primo turno eravamo 6-3 sotto, ha iniziato a diluviare e ha piovuto per tre giorni. E le altre se ne sono andate. Magari avremmo perso anche subito. Poi siamo state brave a sfruttare l’occasione e abbiamo battuto delle doppiste. Ho trovato anche delle compagne di doppio più fisse, Simona Waltert ed Eden Silva”.
“Non sono mai stata una grande doppista, ma dopo un po’ gli schemi li sai e quindi ho fatto un po’ di risultati. Tant’è che il mio best ranking in doppio è migliore di quello di singolo. Non si arriva mai lì per caso, ma non era nemmeno una cosa voluta. Quando poi sono tornata nel post infortunio nel 2023 ho un po’ accantonato il doppio, perché fare due partite al giorno non era il caso. Il primo anno non l’ho proprio giocato, l’anno scorso ne ho fatti un paio e quest’anno solo uno. Vorremmo riprendere a giocarlo un pochino, perché al momento sono intorno al 1000″.
“Non ho mai pensato di fare il doppio perché sono sicura di poter fare bene in singolo. Come potrei fare bene anche in doppio, perché recentemente abbiamo giocato con delle doppiste e a mio parere il livello è basso. Sono sicura che se mi dedicassi solo a quello riuscirei a fare bene, ma il singolo è sicuramente la priorità“.
“Ora il terzo turno delle quali ad uno Slam lo affronterei diversamente”
D: Che emozione è stata tornare a disputare le qualificazioni di uno Slam? Tu ancora non ne hai giocato uno, ma ci sei andata molto vicina.
Susan Bandecchi: “Dopo l’infortunio avevo il ranking protetto e le qualificazioni nel 2023 le ho fatte grazie a quello. È stato difficile perché non mi sentivo veramente pronta per fare le quali, anche perché il mio ranking effettivo non mi avrebbe permesso di farlo. E infatti sono andate male sia al Roland Garros che a Wimbledon, nonostante io abbia fatto anche delle buone partite. Tutto il 2024 non ho potuto giocarle, ma grazie ad un grandissimo finale di stagione sono entrata in quelle dell’Australian Open, anche se è stato super inaspettato perché fino a due mesi prima ero parecchio lontana. Quando mi sono resa conto che sarei andata in Australia è stata una bella cosa, lì ero stata una sola volta, il viaggio è ostico”.
“Non ho avuto il miglior sorteggio e non ho fatto una buonissima partita, ma ero contenta per il fatto di essere tornata là dopo tanti alti e bassi, dopo tanti sacrifici, tanti pianti, tanti pensieri negativi. Ci sono stati tanti momenti in cui ho pensato che non ce l’avrei mai più fatta a tornare dov’ero. Sono fiduciosa. Non posso sapere come andrà al Roland Garros e a Wimbledon, se mi qualificherò, ma sono fiduciosa perché ci arrivo in un modo diverso. Quando sono arrivata ad un passo a qualificarmi al Roland Garros 2021 era il mio primissimo Slam e ho molto patito questa cosa”.
“All’ultimo turno avevo 100 messaggi di gente che non sentivo da anni, continuavo a pensarci anche in campo, essendo sopra di punteggio. Lì non sono riuscita a gestire la pressione del momento. A quella partita ci penso ancora ogni tanto. Sono sicura che se dovesse ricapitarmi adesso la stessa identica cosa sarebbe diverso e la affronterei in modo diverso. I risultati sono stati un po’ così e così, ma sto giocando un buon tennis, mi sto allenando bene”.
Susan Bandecchi: “Qualificarsi allo Slam è un obiettivo”
D: Quali sono gli obiettivi che vi siete posti per questa stagione?
Susan Bandecchi: “Gli obiettivi che io ho non sono tanto a livello di risultati e di ranking, perché cerco di non pensarci troppo, ma è quello di allenarmi bene e lavorare bene. E le cose poi arriveranno di conseguenza. L’anno scorso, quando mi sono messa l’anima in pace senza pensare a ranking o punti, su cinque tornei ne ho vinti tre e in uno ho fatto finale. E non penso sia stato un caso“.
“I primi tornei non sono andati benissimo, ma sono sempre uscita dal campo rendendomi conto di esserci e infatti ho appena fatto semifinale ad un W100 battendo tre ragazze che potrei incontrare a Parigi. Questo mi dà la fiducia e mi fa dire che io ci sono e sono sicura che si potrebbe qualificare chiunque, perché siamo tutte lì lì. Io ho le mie chance come le hanno le altre. Qualificarsi è un obiettivo, ma non posso dire se sarà già adesso“.
D: Qual è stata l’emozione di essere convocata e di aver giocato in Billie Jean King Cup?
Susan Bandecchi: “Ero con il mio fidanzato a fare un weekend di relax e ho ricevuto un messaggio dal capitano il sabato mattina che mi diceva se lo potevo chiamare. Lui mi ha detto che Belinda Bencic era infortunata, che la Golubic non stava molto bene e che avevano bisogno di me. Allora io gli ho chiesto quale fosse il piano e lui ha risposto che saremmo partiti all’indomani. È stato un bello shock perché io ero a Reggio Emilia, senza le racchette e nel giro di un’ora è cambiato tutto. Un’emozione forte farmi conoscere dalla squadra e dal capitano che mi conosceva, ma non così bene”.
“Il mio obiettivo non era tanto giocare, perché sapevo che non avrei giocato, ma quello di farmi proprio conoscere da tutto il team. Mi hanno fatto tutti i complimenti per come mi sono inserita, mi sono allenata bene e ho avuto anche la fortuna di esordire in doppio. È vero che non contava niente perché avevamo già perso, però è sempre comunque un esordio e penso anche di aver fatto una buona partita. Sono stata contenta io e so che sono stati molto contenti loro“.
D: La Svizzera ha tante tenniste di buon livello: tu, Waltert, Golubic, Teichmann, Masarova, Naef. Oltre a Bencic chiaramente. Come ti spieghi questa grande presenza di elvetiche a questo livello, ma la difficoltà allo stesso tempo di arrivare a battagliare con le big?
Susan Bandecchi: “Siamo un Paese piccolo, ma la fortuna di aver avuto soprattutto Roger (Federer, n.d.r.) ma anche Stan Wawrinka – e firmerei per avere tre Slam – forse ha un po’ aiutato il movimento svizzero, come potrebbe essere adesso il caso di Jannik Sinner in Italia. Magari loro hanno aiutato un po’. Belinda (Bencic, n.d.r.) era già forte, a 17 anni era 70 del mondo ed è stata n° 4. Lei e Teichmann sono cresciute insieme per cui sono state un po’ trascinate. Viki (Golubic, n.d.r.) è tanti anni che è in top 100, entra ed esce, ma è lì. Siamo tutte abbastanza amiche e questa cosa un po’ ci trascina“.
“È quello che sta succedendo in Italia a livello maschile, una volta che va avanti uno gli altri arrivano. Belinda è quella un po’ più su, ma dalla 100 alla 230 siamo sei o sette. Questo ci dà un po’ una mano, uno stimolo. La Federazione è abbastanza presente, lavora bene e cerca di dare una mano. Io personalmente al momento non ho aiuti, ma quando faccio buoni risultati mi scrivono. Sono stata convocata in Fed Cup, quindi sono entrata nel gruppo, mi sono fatta conoscere”.
“Mi facevo registrare le partite di Federer di notte”
D: Qual è il tuo idolo o il tuo punto di riferimento?
Susan Bandecchi: “Il mio idolo è Roger Federer. Io ho iniziato a giocare a tennis per lui, lo vedevo. Per noi in famiglia è sempre stato il Re. Quando si è ritirato per me è stato un colpo al cuore e da quando lui non c’è più il tennis maschile lo vedo veramente poco perché mi manca. Quando ero piccola mi facevo registrare le partite sue di notte in videocassetta e le riguardavo il giorno dopo. Ero malata di Roger. A livello femminile quella che mi piace un po’ di più e a cui provo ad ispirarmi anche perché il mio tipo di tennis può essere simile è la Azarenka“.
D: Nella tua carriera hai affrontato Badosa, Zheng, Tauson, Bencic, Martic: chi ti ha dato l’impressione, vedendola, che aveva qualcosa in più?
Susan Bandecchi: “Quella che mi ha impressionato di più e ancora non era nessuno era Zheng. Io l’ho vista a Selva nel 2020. Lei giocava le qualificazioni e l’ho vista il primo giorno in allenamento, ancora prima che scendesse in campo. Tirava fortissimo, non ho mai visto una cosa del genere. Il coach le faceva fare i cesti e lei colpiva la palla benissimo, mi sono detta dentro di me che avrebbe vinto il torneo. E lei doveva ancora fare il primo turno di quali. Me la sono trovata ai quarti e ho pensato: ‘Aiuto’. In realtà quando ci ho giocato contro non mi ha impressionato così tanto come quando l’ho vista allenarsi”.
“Io non ho giocato una grande partita e mi sono fatta condizionare, ma poi lei avrebbe veramente vinto il torneo e sei mesi dopo sarebbe stata top 100. Quando ho giocato contro Bencic lei era già 10 al mondo e ovviamente nei momenti importanti la differenza si è vista. Il secondo set lo potevo vincere e io ho pagato l’esperienza. Anche a Roma contro la Martic è stata dura. In ogni caso non ho mai visto delle differenze che mi hanno fatto dire che non sarei mai arrivata mai e poi mai a quel livello. Ovviamente hanno qualcosa in più, ma non vedo una differenza abissale. C’è tantissimo lavoro, ma penso che sia fattibile”.