Flavio Cobolli: la magia e la fragilità degli Internazionali. Quando ci si tiene troppo
Da Roma, il nostro inviato
Flavio Cobolli è un signor tennista. Un giocatore di altissimo livello. Che è già stato tra i primi 30 ATP, ha vinto un titolo e si trova ora tra i primi 35 al mondo. Una crescita vertiginosa per un ragazzo volenteroso, sempre pronto a lavorare e a mettere in campo il suo massimo. A Flavio non è stato regalato niente, si è costruito con le unghie e con i denti la classifica che ha, e qui per un pelo è rimasto fuori dalle teste di serie. Ma, e mai dimenticarlo, Flavio Cobolli è un ragazzo che solo il 6 maggio ha compiuto 23 anni. E che, come tutti i ragazzi di quell’età, vive momenti di smarrimento.
La partita contro Nardi non è stata bella, ha sofferto dall’inizio alla fine, senza mai realmente trovare il suo miglior tennis. E anche il venire a parlare con i giornalisti, in giornate del genere, non è mai facile. E, per una volta, l’essere a casa non è stato un vantaggio. Perché giocare in casa è meraviglioso, ma la pressione aumenta a dismisura. Quanto accaduto nelle dichiarazioni alla stampa, con le lacrime versate da Flavio, è un momento duro da digerire e da accettare. Ma è giusto parlarne…con le accezioni positive che porta.
Certo, detta così suona come un ossimoro, ma invece è un segno di rispetto e affetto per un ragazzo che a Roma ci è cresciuto e in cui ha mosso i primi passi nello sport. In cui ha definitivamente (per fortuna) scelto il tennis per renderlo la sua ragione di vita. E dove ogni anno accorrono amici, parenti, tifosi qualunque, in attesa di un suo successo, di una sua grande prestazione. Che finora, purtroppo, ha stentato ad arrivare. E la sconfitta con Nardi, per tanti motivi, è un duro colpo. Flavio lo sa, e il pensarci lo ha portato a sciogliersi, in un afoso pomeriggio che avrebbe preceduto la storia (anche del tennis italiano).
Le sue parole, strozzate quasi in gola, non sono una vergogna. Ma sono da analizzare per capire fino in fondo la pesantezza di alcune situazioni, la pressione di una vita apparentemente “perfetta” e senza problemi come potrebbe sembrare quella del tennista. “Io ce la metto tutta ogni volta a preparare questo torneo al meglio, ma mi sento un po’ fuori posto perché ogni volta succede la stessa cosa, io quando scendo in campo non credo di performare al meglio perché tante volte mi sento condizionato da altri fattori esterni e giocare così questo torneo è un dispiacere, ci tengo tanto e non è come vorrei giocare”.
Certo, c’è la parte evidenziata erroneamente da molte malelingue in cui Cobolli “criticherebbe” la programmazione e la scelta di porlo sul Grandstand. Detto che un derby italiano potrebbe tranquillamente avere il posto sul Centrale, le parole di Flavio non erano a scopo polemico, ma sempre da collegarsi al discorso più ampio di quanto sia importante per lui il torneo di Roma. E di conseguenza per la sua famiglia, i suoi amici e tanti fan, che anche sul Pietrangeli, sfruttando il viale, avrebbero modo di vederlo e soprattutto sostenerlo.
Questo inciso era doveroso per spiegare con chiarezza quanto gli Internazionali d’Italia, l’emozione di giocare al Foro Italico, possano fare la differenza per un ragazzo romano. Ancora molto giovane, che ha perso con un suo amico, che conosce da una vita. Ci sono davvero tante dinamiche dietro alla sconfitta di Cobolli, che può sembrare grave per com’è avvenuta…a uno sguardo superficiale. Uno sguardo a cui risulterebbe anche eccessiva la reazione, delle lacrime, dello scoramento.
No, perché in campo si entra da soli. E si vince, o si perde, da soli. E dopo il match, comunque sia andato, i penseri attanagliano la mente di chi ha giocato. I dubbi, i rimpianti, la convinzione che si sarebbe potuto fare di più. Tutto questo oggi si è affollato nella mente di Flavio Cobolli, che spesso in campo prova ad indossare il mantello da duro con lo sguardo da bad boy. Ma alle volte anche i migliori attori crollano.
E oggi nella zona mista dedicata ai giornalisti al Foro Italico, quel muro è crollato e la maschera è stata calata. E la gioventù colpita e scottata dalla sconfitta, la voglia di spaccare il mondo bruscamente stoppata nel peggiore dei modi, sono venute fuori. Con naturalezza, con calore, senza fingere. Le fragilità vanno mostrate, affrontate e poi battute, estirpate. Anche perché le lacrime non dimostrano la fragilità di una persona, ma la grandezza del suo cuore. Una sconfitta da cui ripartire, nel migliore dei modi. Come Flavio Cobolli, romano di 23 anni, ha sempre fatto.