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Aryna, Reyna de Madrid

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Una finale non brutta, non bellissima. Di quelle che si ricordano più per i momenti che per il punteggio: 6-3 7-6 per Aryna Sabalenka, che si prende per la terza volta Madrid, torneo che sembra averci preso gusto a vincere; ma più che il punteggio restano gli attimi: un doppio fallo che chiude, uno sguardo che si accende, una racchetta persa in corsa. Due righe di punteggio che però raccontano poco, quasi niente. Per capirci qualcosa bisognava guardarle in volto, più che nel gioco. Aryna, occhi da tigre addomesticata, ha quel modo di camminare in campo che non è elegante, ma deciso. Gauff, invece, porta ancora addosso l’adolescenza, quella fatta di colpi che sanno tutto e colpi che non sanno niente.

Il primo set è stato una questione d’inerzia. Un break qua, un controbreak là. Sabalenka si è messa subito davanti, 4-1, come una che ha fretta di arrivare a casa. Ma Gauff, che ha vent’anni e un cuore grosso così, ha accorciato le distanze, aiutata più dai nervi bielorussi che da una reale sterzata. Poi, sul 5-3, Aryna ha fatto quel che fanno i veterani: ha alzato il tono della voce, ha spinto una risposta profonda e ha chiuso senza troppi complimenti.
Gauff, che sulla terra è ancora un’opera incompiuta, ci ha provato davvero. Corre, combatte, si contorce, ma il rovescio è ancora un pensiero da risolvere. E sulla terra, lo diceva anche Vilas, non si scappa: o costruisci o muori rincorrendo.

Nel secondo set Coco è sbocciata tardi, ma con grazia. Un set point per Gauff, che avrebbe riaperto tutto. Ma il tennis è balordo, si sa, e la palla si è fermata sul nastro. Di colpo, la magia è evaporata. Aryna ha rimesso ordine, ha servito come una condanna e ha trovato il tie-break. Lì, nessuna esitazione: un rovescio stretto per il 3-0, e poi la consueta smorfia, quella che dice “è fatta”. La partita è finita su un doppio fallo. Sabalenka Madrid l’ha fatta sua per la terza volta. C’è qualcosa in questo torneo che le somiglia: rumoroso, estremo, a volte incostante, ma sempre autentico. Gauff ha mostrato lampi di quello che sarà. Ha vinto chi sa stare nel momento, chi ha imparato a non farsi travolgere dalle proprie ombre.

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