INTERVISTA ESCLUSIVA – Jacopo Vasamì: “È il mio sogno, è la vita che voglio fare”
Nell’infinito verde degli alberi del Parco di Monza si nasconde il Villa Reale Tennis Monza, che in questa settimana sta ospitando la prima edizione dell’Atkinsons Monza Open. Un torneo nuovo, pieno di vita e tribune gremite dal primo giorno di qualificazioni. È qui, che abbiamo incontrato Jacopo Vasamì. Un ragazzo del 2007 che, in questa settimana, non si è semplicemente fatto notare. Si è preso il suo spazio. Parla con tutti, sorride spesso, dà confidenza con naturalezza. Ma chi lo conosce davvero lo sa: Jacopo si apre con pochi. È uno di quelli che non ama raccontarsi a metà. Lo fa solo quando sente fiducia, quando sa che dall’altra parte c’è qualcuno che davvero lo ascolta. Questa settimana a Monza ha raggiunto i quarti di finale, trovando la sua prima vera affermazione nel circuito Challenger. Una tappa importante, ma non un colpo di fortuna: è il frutto di un lavoro che dura da anni, portato avanti con dedizione e voglia feroce di migliorare. E accanto a lui, da sempre, c’è Fabrizio Zeppieri: il suo allenatore, la sua guida, il suo punto fermo. Fabrizio lo conosce da quando era bambino, lo andava a prendere a scuola, gli è stato vicino nei momenti belli e nei momenti difficili. Oggi lo accompagna ancora, come si accompagna qualcuno che non è solo un atleta, ma quasi un figlio. A 12 anni Jacopo ha lasciato casa per trasferirsi alla Rafa Nadal Academy, a Manacor. Lì ha imparato a stare da solo, a parlare nuove lingue, a costruirsi una routine da professionista. È cresciuto in fretta, forse prima del tempo, ma quella crescita oggi è tutta sua: si vede nel modo in cui scende in campo, si allena, si racconta. Oggi è numero 8 al mondo tra gli junior. Ma, più del ranking, colpisce la sua mentalità. Jacopo vuole lavorare, migliorare, mettersi alla prova. Ha fame. Fame vera. E anche se ha ancora 17 anni, il suo percorso parla già da sé. E sembra, davvero, solo all’inizio.
Partiamo dall’inizio, quando hai iniziato a giocare a tennis?
“All’età di 4 anni al Tennis Club Parioli, poi mi sono spostato al Club Nomentano da Fabrizio Zeppieri fino all’età di 12 anni”.
Da quando poi hai cominciato ad allenarti con più serietà e a credere che potesse diventare qualcosa di più serio? Quando l’hai capito?
“Beh, quando a 12 anni ho deciso di trasferirmi in Spagna, la scelta l’ho fatta già in quel momento, il futuro lo stavo già disegnando”.
Che impatto ha avuto su di te questa esperienza alla Rafa Nadal Academy?
“Beh, molto formativa. Sicuramente ha avuto i suoi lati positivi e sono contento di averla fatta, ne ho tratto comunque tanto. Sono felice di aver vissuto un’esperienza così bella”.
E su questo mi collego al “cosa ti ha dato”, ma anche “cosa ti ha tolto” e quali aspetti ti sono mancati nella vita che avevi a Roma.
“Beh, certo la medaglia ha due facce. Mi sono trasferito una volta finito l’esame di terza media; quindi, me ne sono andato da solo e sicuramente è cambiata un po’ la mia giornata. Molte più ore di tennis, ho iniziato a studiare nel liceo americano, quindi scuole non più italiane ma internazionali, lingue diverse, ambiente diverso. È stato un cambio notevole, soprattutto per un ragazzino di 12 anni. Ovviamente ho sentito la distanza dalla famiglia, dai miei amici e dalle cose “normali”.
Da giugno 2024 sei tornato al Nomentano da Fabrizio Zeppieri. Che effetto ti ha fatto rientrare lì?
“Con Fabrizio, anche durante l’esperienza in Spagna, sono sempre rimasto in contatto, c’è sempre stato. Tornare al Nomentano, tornare da lui, è stato come tornare a casa”.
Lavorate insieme da quando eri bambino. Che tipo di legame hai con Fabrizio, sia in campo che fuori? Cosa rappresenta per te?
“Fabrizio per me è come un padre. Per lui sono come un figlio. Abbiamo un ottimo rapporto sia dentro che fuori dal campo, e secondo me quella è una componente importante anche per lavorare bene: avere un buon rapporto. Quindi sono contentissimo e non potrei pensare a persona migliore per andare avanti in questo progetto”.
Il tuo gioco si basa principalmente su servizio e dritto. Quanta sicurezza ti danno questi colpi?
“Il servizio sicuramente è un colpo a cui faccio molto affidamento, anche con il dritto riesco ad essere molto incisivo, quindi sì, sono una componente decisiva del mio gioco”.
In questo periodo, su cosa stai maggiormente lavorando?
“Sicuramente la parte del rovescio, lo vorrei più consistente, preciso, e poi fisicamente, sto facendo tante ore, tante sessioni, poiché quello resta uno degli obiettivi principali”.
Anche mentalmente stai lavorando tanto. In cosa ti senti migliorato fino ad ora?
“Sto facendo un gran percorso. Mi sento molto migliorato sulla gestione del match, ho un controllo emotivo maggiore che mi permette di concentrarmi sugli aspetti tecnico tattici della partita. Anche il quotidiano ne sta beneficiando, affronto gli allenamenti con maggiore positività”.
La Federazione sta investendo molto nei giovani e nei progetti come il tuo. Cosa puoi dire al riguardo? Senti il supporto?
“Sicuramente alla Federazione sono molto grato. A partire da questo torneo, che grazie a loro ho avuto l’opportunità di giocare. La Federazione supporta tanto ed è molto presente nel mio progetto, perciò sono molto contento di poterne far parte”.
Un paio di mesi fa sono arrivati due importanti successi a livello junior, come il J500 del Cairo e il J300 di Casablanca. Che significato hanno avuto per te?
“Sono arrivati dopo la trasferta australiana, rivelatasi molto impegnativa ma da cui ho imparato tanto. Quando sono tornato, nelle settimane di allenamento su terra prima di questi tornei, sentivo di aver lavorato molto bene. Sono arrivato preparato, e sono felice di aver espresso un buon livello. I risultati raggiunti e i tanti match mi hanno aiutato a salire nel ranking e a prendere consapevolezza”.
Sei numero 8 del mondo junior. È un obiettivo restare lì entro fine anno?
“Essere così vicini alla vetta del ranking lo fa diventare un obiettivo, poi fare bene negli Slam che sono una grande vetrina ed eventi bellissimi. Finire l’anno nei Top10 mi inserirebbe nel progetto “Accelerator Program” che mi consentirebbe di avere dei vantaggi nella programmazione Challenger della prossima stagione”.
Pochi giorni fa, a Monza, è arrivata la tua prima vittoria in un main draw Challenger. Che emozione è stata per te?
“Ovviamente molto contento, ero anche consapevole del mio livello e di poter competere con giocatori di questo calibro”.
Hai avuto due infortuni importanti che ti hanno tenuto tanto tempo fuori. Quanto ti hanno segnato, dentro e fuori dal campo?
“Ho avuto un infortunio grave alla schiena un paio di anni fa che mi ha tenuto fuori otto mesi circa. Poi anche un’operazione alla mano e altri piccoli infortuni che mi hanno fatto “perdere” tanto tempo. Questo però mi ha aiutato anche a curare di più il mio fisico. Da quando sono tornato in Italia, a giugno, non mi sono mai infortunato”.
Lasciamo per un attimo il tennis. Fuori dal campo, che persona sei? Hai passioni, hobby, qualcosa che ti aiuta a staccare?
“Sono una persona molto vivace, estroversa soprattutto. Ho grande passione per la musica, ascolto reggaeton tutto il giorno, 24h 7 su 7 (ride). Per il resto mi piace trascorrere il tempo libero con la famiglia e gli amici più cari”.
Hai 17 anni e tanti ragazzi della tua età vivono una routine “normale”. Tu giri il mondo per inseguire il tuo sogno. Ti manca mai quella vita?
“Certo, è una vita molto bella, ma richiede tanti sacrifici, tante settimane e mesi passati fuori casa. Non si ha l’opportunità di stare con gli amici per tanto tempo, quindi sicuramente si fanno molte rinunce. Personalmente, è la vita che voglio fare. È il mio sogno, è il mio percorso”.
Quanto è stata importante la tua famiglia in questo percorso?
“La mia famiglia è tutto per me. Nel mio percorso è stata fondamentale. Si sono trasferiti tutti in Spagna — mio fratello, mia sorella e mia madre — per potermi seguire più da vicino, ne avevo bisogno. Sono sempre stati molto presenti, mi hanno sempre aiutato anche nei periodi duri, quando ero infortunato. Sono tutt’ora le persone che mi supportano di più e a cui devo praticamente tutto. Sono contento di essere tornato a Roma, finire la giornata e rientrare a casa, cenare insieme alla famiglia per me vale tanto, sembra una cosa normale ma dopo anni passati fuori per me ha un valore speciale”.
Anche il fatto che tua mamma si sia trasferita lì: che valore ha avuto per te questa scelta?
“Sicuramente non è una cosa da poco, prendere tutta la famiglia e cambiare paese. A loro sono molto grato e lo sarò per sempre. Quando parlavo di sacrifici, non sono sacrifici fatti solo da me, ma da tutta la famiglia. All’età di 14 anni, dopo aver vissuto due anni da solo, averli vicino mi ha aiutato tantissimo”.
Chiudiamo il cerchio: come sta oggi Jacopo Vasamì, dentro e fuori dal campo?
“Io ora sto bene. Sono molto sereno, fuori e dentro il campo. Sereno fuori perché a Roma, al Nomentano, con Fabrizio ho trovato un equilibrio. Serenità nelle giornate, negli allenamenti, nei tornei. Quindi direi che l’aggettivo per definire il mio stato d’animo oggi è proprio questo: serenità. Sto lavorando tanto, sto lavorando bene, e sono contento di vedere che tutto il lavoro che sto facendo con il mio team sta dando risultati. Fondamentalmente, sì: sono felice e sereno. E quando sei sereno, tutto va meglio”.
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