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Emma Raducanu è rifiorita a Miami: saprà mantenere quel tennis?

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Dopo che Indian Wells ci aveva parlato soprattutto di Mirra Andreeva, splendida vincitrice anche per le difficoltà del suo tabellone, tra cui le prime due giocatrici del mondo, la narrazione del WTA di Miami è stata particolarmente ricca, a cominciare da chi ha alzato il trofeo, Aryna Sabalenka, chiamata a dimostrare di essere a tutti gli effetti la numero 1. Abbiamo anche ritrovato Jasmine Paolini (nel senso che lei pare aver ritrovato il suo miglior tennis, anche se poi è arrivata la notizia della separazione dal coach Renzo Furlan), abbiamo visto nel Tour colei che stava facendo sfracelli negli ITF, Victoria Mboko e ammirato Alexandra Eala. Tra queste storie positive e altre meno (Swiatek ancora senza titoli, Badosa che si rifà male), chi ha trovato meno spazio nel florido racconto, nonostante se lo sia degnamente ritagliato sul campo, è Emma Raducanu.

La ventiduenne britannica, vincitrice dello US Open 2021, ha disputato un ottimo Miami Open, raggiungendo i quarti, fermata dalla poi finalista Jessica Pegula in tre set. Ciò significa che Emma ha vinto quattro incontri consecutivi, impresa che non le riusciva (nello stesso evento) proprio da quel magico torneo newyorchese – allora, furono addirittura dieci, pure senza perdere un solo set. Tra le quattro avversarie battute, particolare rilievo hanno la n. 17 WTA Amanda Anisimova, trionfatrice in febbraio a Doha, e l’altra Emma, Navarro, in un match bello ed emozionante finito al tie-break del terzo set.
Proprio il successo sulla numero 8 del seeding – al secondo turno, quindi in seguito ampiamente confermato – è stato di particolare rilievo per Raducanu. “A livello emotivo è stato più importante dello US Open, questa vittoria ha un peso molto maggiore, anche perché ora sono molto più consapevole di tutto il dolore vissuto. Quando ho vinto lo US Open, avevo appena riportato dieci vittorie consecutive in due set. Non avevo avuto sconfitte, momenti difficili, mesi con strisce negative” aveva detto dopo il match.

Una delle caratteristiche della carriera – ancora molto giovane – di Raducanu è il suo cambiare coach con la frequenza con cui cambia le… corde della racchetta. È un’iperbole, chiaro, ma diventa tremendamente complicato tenere il conto, non solo per il numero ormai in doppia cifra, ma anche per i dubbi se considerare anche chi passa da lì quasi per caso. O, meglio, si trova lì perché ci vive, è il circuito che fa tappa nelle vicinanze e allora prende la macchina e va a parcheggiarsi (senza macchina) nell’angolo di Emma – è il caso di Roman Kelecic, suo allenatore ai tempi junior, ad Abu Dhabi.
A Miami, il giorno primo dell’esordio, è finito il periodo di prova con lo slovacco Vladimir Platenik e nell’angolo della nostra sedevano Jane O’Donoghue, Mark Petchey e Yutaka Nakamura, il preparatore atletico arrivato tre mesi fa il cui lavoro sta portando evidenti frutti. A parte l’incidente di percorso nella sconfitta con Pegula, quando Emma ha avuto bisogno di un medical time out verso la fine del secondo parziale, poi vinto al tie-break: “Mi sentivo debole, frastornata” avrebbe detto poi a TennisOne. “Non so come sia riuscita a ritrovarmi nel secondo set, ma nel terzo ho avuto un po’ di difficoltà”. L’episodio ha preoccupato Martina Navratilova, secondo la quale “lo stress ha contribuito. L’umidità è esigente in termini di sforzo, tuttavia…”. Ma poi ha aggiunto che “se rimane in salute e gioca così, sarà testa di serie al Roland Garros. Spero risolva la questione dell’allenatore, che rimanga con qualcuno per un po’, perché, se gioca come contro Pegula, il limite è il cielo”. Ottima frase di chiusura quando parli ai microfoni di Sky (Sports).

Tornando dunque al suo “Miami team”, l’ex tennista ed ex coach della LTA Jane O’Donoghue è da sempre la “mentore invisibile di Emma”, raccontava un’altra allenatrice dell’associazione tennis britannica. “Jane non è mai ‘non stata’ parte del team di Emma”. Tra i vari “trucchi” – nel senso di scorciatoie tecniche o di team che Emma prova, quello che funziona meglio è circondarsi di persone con cui si trova a proprio agio. Sul Guardian, Tumaini Carayol racconta che, prima dell’ingresso in campo, Emma e il suo team erano impegnati in “un’epica battaglia di spikeball” in un’atmosfera rilassata e piena di divertimento. Sì, molti giocatori rendono di più quando trovano persone così piuttosto che il fenomeno che però fatica a comprenderli davvero. Non una grande scoperta, si potrebbe obiettare, però trovare la combinazione giusta non è cosa da poco. E quella di Miami non sembra destinata a durare, poiché O’Donoghue lavora come dirigente per una banca, mentre Petchey è impegnato nel ruolo di commentatore e analista per Tennis Channel, BBC e altri ancora.
Ciò che importa, tuttavia, è che Emma si sia dimostrata capace di esprimere il suo gioco, anche arricchito di variazioni di traiettorie, velocità e rotazioni, oltre a una migliorata capacità difensiva. E questo importa perché avere una tennista in più ad alto livello con un tennis piacevole da guardare non può che far bene al circuito.

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