ATP Miami, Fritz e le condizioni di gioco: “Qui dormo a casa mia, sono in una situazione ideale. Ma il centrale è davvero diverso dagli altri campi”
La consistenza di Taylor Fritz nei Masters 1000 ‘americani’ è semplicemente formidabile: tenendo in considerazione i soli due atti del Sunshine Double, il californiano negli ultimi dieci edizioni consecutive del BNP Paribas Open unito al Miami Open, ha ottenuto come minimo l’acceso agli ottavi in 9 circostanze. Il finalista dell’ultimo US Open batte in crescendo Denis Shapovalov e prenota l’ottavo con il ripescato australiano Adam Walton.
Nella conferenza stampa post vittoria sul canadese, Taylor ha svelato il perché si trovi particolarmente a suo agio in Florida oltre ad analizzare nel dettaglio la struttura dei campi all’Hard Rock Stadium e la condizione mentale favorevole nell’essere lucky loser – anche se personalmente non l’ha mai vissuta direttamente.
D. L’altro giorno, in conferenza stampa, hai parlato un po’ di quanto sia per te comodo disputare il torneo a Miami dato che vivi stabilmente qui in Florida. Puoi raccontarci come si articola il tuo tragitto giornaliero? Quanto è facile rispetto agli altri appuntamenti del Tour, poter giocare il torneo di Miami senza doversi preoccupare di hotel, trasportation e tutto il resto?
Taylor Fritz: “Sì, è stato molto bello. Il tragitto dipende a seconda di quale ora del giorno io decida di muovermi per venire all’Hard Rock, che conseguentemente comporta un determinato traffico. In queste due settimane, con le vacanze di primavera mi sembra che ci sia mediamente più traffico del solito. Mi ci vogliono tra i 20 e i 30 minuti per giunger all’impianto. La abitazione si trova in una posizione logistica molto favorevole, molto più vicina al sito del torneo rispetto a qualora dovessi soggiornare negli hotel al centro come tutti gli altri giocatori. È sicuramente un aspetto non di poco conto, che mi aiuta. Soprattutto, poi, è estremamente piacevole e bello poter guidare la mia macchina, poter dormire nel mio letto. Ho sempre fatto bene in passato quando ho potuto contare sul vantaggio dettato da questo tipo di condizioni favorevoli“.
D. Che ci dici invece rispetto alle condizioni puramente di gioco, influenzati da condizioni meteorologiche, con cui tu devi convivere ogni singolo giorno?
Taylor Fritz: “Io mi ci trovo bene. Sono abituato a giocare in queste condizioni, è chiaro però che la costante umidità non sia un fattore positivo per noi tennisti. Oggi (lunedì, ndr) è stato certamente più caldo del normale, ma alla fine non così insopportabile. La speranza è che non arrivino quelle giornate caratterizzate da persistenti folate di vento, perché altrimenti in determinate condizioni non è più tennis.“.
D. Agli ottavi di finale, affronterai Adam Walton, l’aspetto cruciale della partita sarà per entrambi il servizio?
Taylor Fritz: “Non credo che il servizio possa essere necessariamente la chiave della sfida. Naturalmente però entrambi siamo grandi battitori e questo certamente provocherà come conseguenza, il fatto che ci potranno essere poche chances in risposta. Perciò, è altamente probabilmente che il match venga deciso da chi riuscirà progressivamente a prendersi i punti importanti. Perché quando affronti un avversario che non ha dalla sua un servizio di grande livello, sicuramente durante la partita ti offrirà diverse occasioni e ti darà la possibilità di mettere in ritmo la risposta. Quando invece giochi contro qualcuno che ha del servizio una delle sua armi più importanti, potresti anche solo avere al massimo un paio di opportunità per ottenere il break, non di più. Per cui credo che tanto dipenderà da come approcceranno alla partita i servizi“.
D. Presumo che tu abbia già giocato sul centrale. In che modo la natura asimmetrica dello Stadium può influenzare in qualche modo gli incontri?
Taylor Fritz: “Quando ci ho giocato, quando sono stato sul campo non ne ho mai avuto percezione diretta e credo che questa sensazione valga anche per i miei colleghi. L’unico aspetto dove sono certo procuri un fastidio nel giocare sul centrale, è il fatto che comunque sia abbastanza diverso dagli altri campi. Non potrà chiaramente mai essere uguale agli altri court, anche solamente per il semplice fatto che sia poggiato su un campo da football, mentre il resto dei campi esterni sono stati costruiti su asfalto e cemento. Poi certamente l’altro problema è indubbiamente quando ci giochi in un’ora della giornata in cui il sole non è totalmente tramontato, e di fatto l’ombra taglia in due il campo. La visibilità dal quel punto di vista diventa molto complessa“.
D. Taylor, ti sei mai trovato nella tua carriera in una situazione simile a quella di Walton, ossia in veste di lucky Loser che approfitta di un corridoio di un tabellone rimasto sguarnito. Adam ha potuti godere anche dell’ulteriore vantaggio di subentrare al posto di una testa di serie e di conseguenza beneficiare di un bye?
Taylor Fritz: “Non sono mai stato ripescato in tutta la mia vita tennistica. Effettivamente, penso sia il contesto ideale in cui un tennista possa trovarsi sul piano mentale. Non hai alcuna pressione e puoi giocare completamente libero, perché già il fatto di essere in campo in quel momento è una vittoria visto che eri stato eliminato. Immagino che sia così che ti senti, ti ritrovi a giocare contro qualcuno con cui sai di non avere alcuna pressione. Ribadisco, non posso parlare per esperienza diretta ma sento che da giocatore sarebbe indubbiamente una bella sensazione perdere nelle qualificazioni e poi all’improvviso essere catapultato direttamente al secondo turno. E’ come avere una seconda chance, un qualcosa a cui noi tennisti non siamo abituati. Normalmente quando perdiamo siamo fuori dal torneo, perciò credo che sia proprio questo il fattore motivazionale alla base che spesso e volentieri riesce a spingere i ripescati a fare successivamente strada nei tornei. E’ una condizione mentale ideale per noi tennisti, anche perché ad eccezione di questi rari casi è un contesto psicologico nel quale non ci ritroviamo mai. Purtroppo a me non è mai capitato (ride)”.
D. La vernice applicata sul campo da football, rende la superficie del campo centrale molto più morbida rispetto alla vernice stesa sull’asfalto? In cosa perciò differiscono, squisitamente da un punto di vista di condizioni tecniche di gioco, i campi esterni rispetto al centrale?
Taylor Fritz: “Non so cosa di preciso stiano mettendo sotto la vernice del campo centrale, ma è estremamente ovvio è che sui campi esterni, in particolare quelli di allenamento, la pallina abbia una parabola di restituzione del rimbalzo molto più alta rispetto al centrale. Mi sono allenato sul campo centrale un paio di volte, ma ad esempio i campi di allenamento hanno un ribalzo più vivace anche rispetto al Granstand. Al contrario, sul campo centrale il rimbalzo è certamente più basso. In generale, quando si posa un campo su una superficie che non è naturalmente dura, anche se ho saputo che vogliono posizionare sotto un enorme strato di legno prima di adagiare la vernice, sarà sempre e comunque completamente differente dai court secondari. In conclusione, il campo centrale è di certo veloce, anche se non così veloce come il Grandstand. Mentre i campi esterni sono estremamente più rapidi. Ma ripeto, ciò che determina la velocità della superficie dei campi è cosa c’è sotto e il sotto è diverso“.