Jacopo Berrettini: “Oggi mi sento più dentro alla mia vita, sono cresciuto tennisticamente e umanamente”
Jacopo Berrettini è un tennista che ha sempre affrontato la sua carriera con passione e impegno. Classe 1998, cresciuto con la racchetta in mano insieme al fratello Matteo, ha costruito il suo percorso tra sacrifici, soddisfazioni e momenti complicati, senza mai perdere la voglia di migliorarsi. Negli ultimi anni ha dovuto superare ostacoli dentro e fuori dal campo, ma ogni esperienza gli ha dato nuovi stimoli per continuare ad inseguire i suoi obiettivi. In questa intervista, Jacopo (oggi numero 315 ATP) si racconta senza filtri: il legame speciale con la famiglia, il supporto fondamentale dei genitori e il rapporto unico con Matteo, fatto di complicità e sostegno reciproco. Ma anche le difficoltà affrontate, il tempo lontano dal circuito che gli ha permesso di riscoprire valori importanti e la determinazione con cui continua a guardare avanti. Sensibile ed empatico, dà grande importanza alle persone che gli sono vicine, e con questa forza interiore vuole ancora scalare la classifica e vivere al massimo il suo tennis.
Come e quando ti sei avvicinato al tennis?
“Mi sono avvicinato al tennis grazie alla mia famiglia che ha sempre giocato, sia i miei genitori che i miei nonni. È stato tutto spontaneo. Le prime volte che ho iniziato a giocare avevo 5 anni”.
Cosa ti ha portato a renderlo il tuo sport?
“È stato molto facile perché sono cresciuto in mezzo a questa passione di famiglia, mi hanno raccontato che andavo a fare la doccia spesso con la racchetta (ride), è stato fin da subito amore a prima vista. “Non l’ho mai scelto di proposito, si è rivelato tutto molto naturale, è stato il primo sport che ho fatto e non l’ho mai lasciato.
C’è stato un momento preciso in cui hai capito che avresti potuto fare di questo sport la tua professione?
“Sì, il momento dove ti rendi conto di più sono gli anni under 18, lì cominci a fare una carriera un po’ più seria, inizia a diventare un lavoro. Inizi a renderti conto se hai le qualità tennistiche, umane e di volontà per fare questo nella vita”.
E quale indicheresti come i punti di svolta nella tua crescita tennistica?
“I primi anni quando ho iniziato a giocare ho avuto l’opportunità di stare in una scuola tennis valida alla Corte dei conti, dove ho trovato dei maestri molto bravi che mi hanno dato un’impostazione tecnica che mi ha permesso poi di crescere e migliorare. Sicuramente il salto grosso l’ho fatto quando sono andato al Canottieri Aniene da Vincenzo Santopadre e Stefano Cobolli, lì c’è stato un cambio di marcia, sono rimasto con loro fino al 2019, abbiamo trascorso tanti anni insieme. Sicuramente lo definirei il punto più importante nella mia crescita”.
Cosa ti rimane dei tuoi più importanti allenatori che hai avuto nella tua carriera?
Partendo da Vincenzo Santopadre sicuramente la facilità con cui ti proponeva di fare le cose, ogni giorno presentava idee diverse ma sempre con lo stesso scopo. Una sua qualità, senza dubbio, è la facilità con cui riesce a farti passare un allenamento nel modo migliore senza troppa pesantezza e questo è sicuramente frutto della sua creatività. Da Stefano Cobolli credo di aver preso la parte più caratteriale, riguardante la grinta e la cattiveria agonistica. Un altro allenatore molto importante è stato Flavio Cipolla, con lui ho trascorso il primo anno in cui ho fatto bene nel circuito, mi ha dato un’impostazione tattica, di precisione, di ordine e mi ha fatto rendere conto che con cose abbastanza semplici si poteva comunque giocare a un livello alto. Con Marco Gulisano invece è stato un percorso bello e diverso, sicuramente lui come impostazione è abbastanza vicino a Vincenzo. Proprio per questo è sicuramente un grande allenatore, adesso sta lavorando bene anche con Matteo Gigante. “Guli” mi ha dato tanto a livello umano, io arrivavo da un momento non facile, mi sento di dire che siamo cresciuti insieme ed è stata la cosa più bella, ci siamo dati tanto l’uno l’altro e lo ringrazio perché mi ha dato tre anni di energia nei viaggi lunghi lontano da casa. Adesso sto lavorando a Foligno con Fabio Gorietti che sicuramente come metodo è abbastanza vicino a Vincenzo. Lui è stato in grado di darmi consapevolezza fisica e fiducia nei miei mezzi. Son riuscito a rendermi conto di come sto senza farmi troppe idee sbagliate in testa”.
Cosa ti ha convinto e ti convince a stare da Fabio Gorietti a Foligno e allenarti per la prima volta lontano da casa?
“Sì, quella è stata sicuramente una decisione importante, non mi ero mai allenato fuori Roma, ero sempre stato abituato ad essere abbastanza comodo e sicuramente questa è stata una scelta che al momento sta pagando. Oltre ai risultati che sicuramente l’anno scorso sono arrivati, a livello umano sono cresciuto, sono andato a vivere da solo, imparando anche a cucinare (ride). A livello tecnico Fabio è un allenatore di grande spessore, è una persona molto empatica e sensibile, essendo anche io così ci siano trovati fin da subito. L’ambiente è molto bello, ci sono tante cose che mi convincono a rimanere lì e che mi stanno dando molta energia per proseguire”.
Negli ultimi anni cosa e come hai modificato il tuo gioco?
L’anno scorso è stato il più importante, credo di aver preso consapevolezza che fisicamente posso competere, che sono forte, anche dettato dal fatto che ho vinto tanti match lunghi e in lotta. Quindi siamo partiti da questo aspetto per rafforzare la consapevolezza dentro di me. Sulla terra decidemmo di giocare scambi lunghi, cercando di portare via l’avversario sotto quell’aspetto lì. Ora ci stiamo concentrando molto sulle giocate, andando a creare tre o quattro situazioni tattiche che siano utili per avere le idee più chiare, che mi mantengano solido sui miei punti di forza e che mi aiutino a rimanere lucido nei momenti più difficili del match. Il rischio a volte è avere tante idee, spesso questo fa perdere convinzione nel preciso progetto tattico del match. L’obiettivo è unire le idee tecnico-tattiche con le caratteristiche umane e competitive che ho dentro di me come la grinta, l’energia e la volontà di migliorare”.
Nel corso della tua carriera hai dovuto superare vari infortuni. Quanto è stato difficile affrontarli, sia fisicamente che mentalmente?
“Beh, sì sono stati anni abbastanza complicati diciamo dal 2020 in poi ho vissuto tre anni molto duri e lunghi che mi hanno costretto a rimanere per diverso tempo lontano dal campo. Quegli stop mi hanno fatto perdere molta energia e consapevolezza. Anche fuori dal campo sono stati anni abbastanza complicati perché mi trascinavo nella vita quotidiana le sensazioni che avevo dentro il campo. A volte mi sentivo vuoto, senza energia, questa ripensandoci è stata una cosa abbastanza pesante di quel periodo”.
Sei riuscito a dare valore ad alcuni aspetti privati della tua vita durante gli stop forzati? Ne hai saputo cogliere insegnamenti? Sportivi e non?
“Sì, sicuramente, sono riuscito a godermi di più le persone vicine, passare più tempo con la fidanzata con gli amici, con la famiglia, tutte cose molto speciali. Però è ovvio che percepivano che c’era qualcosa che non andava, non era facile starmi vicino, in fondo non stavo facendo quello per cui vivo. Ma è proprio li che non mi hanno mai fatto mancare il loro supporto, quando ce ne era più bisogno. Da questo ho imparato a dare valore alle piccole cose e a capire che alla fine sono un ragazzo fortunato, ho tante persone vicino a me che mi vogliono bene”.
Nel 2023 hai fatto un gran torneo all’Atp 500 di Acapulco, vincendo per la prima volta un match nel circuito ATP contro Otte. Che esperienza è stata?
“È sicuramente stata un’emozione forte, soprattutto perché l’ho vissuta con tutta la mia famiglia presente, era un periodo che venivo da settimane complicate dove non stavo bene fuori dal campo, avevo passato dei momenti difficili. Per questo motivo è stato molto inaspettato e ancora più bello. A livello sportivo in generale è stato il torneo più importante per ora nella mia carriera, mi ha restituito tanta energia. Poi dopo quel torneo, mi infortunai di nuovo e l’anno non è proseguito così bene. Ogni volta che c’è il torneo di Acapulco mi riaffiorano sempre in mente i ricordi di quella fantastica settimana”.
L’anno scorso hai raggiunto i quarti di finale a Szczecin in Polonia, la semifinale al Challenger di Barletta e anche la tua prima finale a livello Challenger a Francavilla al Mare. Quanto hanno significato quei risultati per la tua crescita?
“Hanno significato tanto. La cosa più bella è sentire che stai migliorando e che stai giocando il tuo tennis, sono arrivati tanti risultati belli, tante emozioni, la prima finale Challenger a Francavilla, anche la semifinale a Barletta è stato una bella soddisfazione, c’era tanta gente a supportarmi, poi ero lì con la mia ragazza e questo ha reso quella settimana ancora più speciale. È stato un anno molto intenso; infatti, sono arrivato a fine anno che non ne avevo più”.
Nel 2021 hai giocato l’ATP 250 di Cagliari in doppio con tuo fratello Matteo, raggiungendo la semifinale. Che emozione è stata?
“È stato molto bello, per dipiù abbiamo condiviso quella settimana con la nostra famiglia ed è sempre emozionante quando succede. Giocare con Matteo è speciale, è un sogno”.
La Continuità come sappiamo è necessaria per salire, trovare costanza di rendimento nel circuito è sempre una sfida. Quanto è difficile mantenere un buon livello senza troppi alti e bassi? (oltre l’aspetto degli infortuni che sappiamo hanno influito molto)
“Eh si, è l’aspetto più complicato, sicuramente è quello che crea differenza tra i giocatori. Penso che la settimana buona dove fare un buon risultato la possano fare tutti, ma mantenere una condizione fisica, mentale e tecnica alta durante l’anno è la vera sfida di un giocatore. Quella che in fondo ti permette di fare il salto di classifica”.
Quanto è difficile gestire la pressione e le aspettative che accompagnano poi la carriera di un tennista professionista?
“È un aspetto sicuramente presente e reale. Le aspettative o gli obiettivi ci sono, io me ne creo abbastanza direi, poi, anche se non esplicitamente, ci sono quelle che arrivano dal tuo team o dalle persone vicine a te. Si tende sempre a voler alzare l’asticella, e a voler fare sempre meglio. Bisogna capirle bene, in fondo a volte possono essere anche lette sotto una chiave positiva, se ci sono vuol dire che stai andando bene, se non ci fossero potrebbe significare che le cose non stiano andando nel modo migliore”.
Sei a poche posizioni dal tuo best ranking di numero 310 ATP, raggiunto poche settimane fa. Quali sono i tuoi obiettivi a breve e lungo termine?
“A breve termine l’obiettivo è di continuare a mettere dentro delle cose nuove su cui sto lavorando qui a Foligno in questo periodo. Mi sto allenando molto bene con tanta energia, ho tanta voglia di giocare, voglio competere e giocare più partite possibili. Spero di godermi al massimo tutto ciò che verrà. L’anno scorso è stato importante poiché nel momento in cui sono riuscito a stare bene sia fisicamente che mentalmente le settimane positive sono arrivate. Devo essere bravo e paziente nell’aspettare, nell’avere fiducia nel processo, è ovvio che questo 2025 inizia in modo diverso a come iniziò il 2024, detto ciò anche questo è un aspetto che devo gestire con maturità”.
Fuori dal campo che persona sei? Quali sono le tue più grandi passioni?
Mi reputo una persona abbastanza solare, mi piace condividere tanto tempo con le persone vicine a me. Sono una persona a cui piace dimostrare affetto, quando provo un sentimento mi piace esternarlo. Sono molto sensibile e molto attento a quello che succede alle persone a cui tengo, spesso più di quanto lo sia nei miei confronti ma sono contento di essere così. La mia più grande passione è lo sport in generale, tendo a guardare poco tennis in televisione, mi diverto molto di più a guardare il basket e il calcio”.
Se potessi tornare indietro, cosa diresti allo Jacopo Berrettini bambino che sognava di diventare un tennista professionista?
“Gli direi che sono fiero di lui perché ha passato tante cose belle ma anche brutte. Ha cercato sempre di affrontarle col sorriso, ha sempre messo impegno in quello che poi è diventato il suo lavoro. Quando ad un bambino gli si dice, metti sempre tutto quello che hai poi vediamo quello che arriva, può sembrare una semplice frase ma è vera. Alla fine, sono diventato un tennista professionista, quindi è bellissimo, per quanto sognavo e sogno tutt’ora di arrivare ancora più in alto. A volte mi fermo e mi dico bravo per ciò che sono arrivato a fare, come direi bravo anche al bambino”.
Vediamo spesso i tuoi genitori al tuo seguito o al seguito di Matteo. Quanto sono stati importanti nella vostra crescita tennistica, ma soprattutto in quella personale?
Tantissimo, una cosa che dico sempre è che siamo stati molto fortunati ad avere loro come genitori, ci hanno trasmesso dei valori molto importanti che non si vedono spesso in giro. Hanno fatto sì che facessimo sempre ciò che volevamo, ma con il giusto controllo genitoriale. Anche quando commettevamo errori ci hanno sempre sostenuti, una delle cose più importanti credo che sia l’educazione. Mi sento di affermare che sia io che Matteo siamo due ragazzi educati e rispettosi. Dal lato tennistico sono stati fondamentali soprattutto per Matteo che ha raggiunto dei risultati che erano impensabili all’inizio del percorso. Non è sempre tutto rose e fiori naturalmente ma poi troviamo sempre il modo per chiarire e far tornare tutto come prima”.
Come descriveresti il rapporto con tuo fratello Matteo?
“Il rapporto con Matteo è fantastico, è la persona più importante che ho, è il mio miglior amico, è mio fratello, e a volte anche il mio allenatore (ride). Sicuramente è la persona a cui devo di più e a cui voglio dare sempre tanto, primo perché se lo merita e secondo perché ho un affetto nei suoi confronti che non riesco a tenere a bada”.
L’ultima così chiudiamo il cerchio, come sta Jacopo Berrettini adesso?
“Ora sto bene, come dicevo prima mi sento molto più dentro la mia vita, sono cosciente di quello che faccio, riesco a gestire meglio le cose che succedono intorno a me. Sono molto voglioso e affamato di fare bene e fare di più, credo in quello che sto facendo e come sto lavorando. Sento di avere molta energia che voglio investire in cose giuste, per migliorare sia a livello sportivo che umano”.
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