David Goffin, il piccoletto che giocava a fare il gigante
“Sono stato subito portato per il tennis. Soprattutto avevo quello che si chiama “occhio”, la capacità di leggere bene le traiettorie della palla e di anticiparle. Ho avuto subito un’ottima coordinazione e la velocità nei movimenti. E quella non mi ha mai abbandonato. Penso di poterlo definire un dono. Dopodiché è qualcosa su cui bisogna anche lavorare. Il fatto che anche all’epoca fossi minuto, in rapporto ai ragazzi della mia categoria, mi ha spinto a sviluppare questo che è stato il mio punto di forza. Non potevo giocarmela sulla forza fisica, quindi dovevo trovare altre soluzioni per uscirne. Dopo sono cresciuto e ho avuto più forza fisica, ma ho conservato quelle armi. Questo spiega in gran parte tutto il mio tennis attuale”. Parlava così al tramonto della stagione 2017, la migliore della carriera, l’allora n.7 al mondo David Goffin.
Uno dei giocatori più regolari e in crescita del circuito, tra i più complicati da affrontare. Che aveva addirittura battuto nella stessa settimana Federer e Nadal, alle ATP Finals, aggiungendo anche un altro scalpo da top5 in Dominic Thiem. Sempre stato un ragazzo temprato, di carattere, è il giocatore belga più forte di tutti i tempi. Il fisico minuto lo ha costantemente portato a cercare di migliorarsi, a fare qualcosa in più degli altri, ad esaltarsi nella lotta. E, dopo più di 7 anni, è tornato a battere (seppur non nello stesso torneo) due top 5 in fila. Dopo Zverev a Shanghai, è toccato ad Alcaraz in quel Miami. La vittoria finora più sorprendente dell’anno.
Il vestirsi da formica di Goffin
Goffin non è mai stato noto per i vincenti, o per un tennis particolarmente esaltante. A differenza di Alcaraz, verrebbe da dire. Lo spagnolo sta attraversando però un momento molto confusionale, lui per primo sembra non saper bene che pesci pigliare, che colpi giocare. Le statistiche della partita sono impietose: 36 vincenti, ma ben 42 errori non forzati. Quasi la metà dei 96 punti totali vinti dal belga. Che dal canto suo chiude con 23 vincenti e 26 non forzati. Testimonianze di una partita solida, accorta, in cui ha avuto la pazienza di portare all’errore l’avversario. Una tattica che ha premiato, restituendo una vittoria importantissima che apre a David le porte del terzo turno a Miami per la prima volta dal 2019.
“È per questo che continuo a giocare a tennis”, aveva detto alla vigilia della partita contro Alcaraz al sito ATP, “per vedere a che livello sono rispetto ai migliori giocatori del mondo. Mi sento bene, dalla metà dello scorso anno mi sono ritrovato, cambiando leggermente il mio team. E ho iniziato a giocare meglio, a vincere alcuni buoni match, e infine a ritrovare fiducia. Così ho finito l’anno davvero bene, vicino alla top 50”.
Un 2024 che ha visto Goffin diventare padre per la prima volta (con la nascita della figlia Emma) oltre a riunirsi con Jean Demeroutis, suo coach storico che lo aveva accompagnato nel passaggio fondamentale dall’inferno degli ITF al circuito professionistico. L’umiltà ha sempre contraddistinto la carriera di un giocatore che ha saputo cavare il meglio da sé stesso, spesso andando oltre i propri limiti, e ha poi dovuto pagare un salato conto al fisico. Che sembra gli stia però regalando un finale decisamente dolce.
Ripartire da zero
Lo scorso anno di questi periodi Goffin era scivolato fuori dai primi 100 giocatori del mondo, e sembrava decisamente più vicino ad una definitiva fine che a un nuovo inizio. Aveva perso al secondo turno di qualificazioni a Miami, frequentava nuovamente il circuito Challenger, e i giorni in cui battagliava con e batteva i migliori al mondo erano un lontano ricordo. Poi c’è stato un clic, uno scatto d’orgoglio che ha rimesso in moto ingranaggi che erano sopiti da anni. “Dovevo trovare nuovi obiettivi e un modo per raggiungerli”, ha riflettuto il belga, “sentivo di dover cambiare qualcosa nel mio team, ero mentalmente e fisicamente pronto. Appena ho trovato gli obiettivi, ho ingaggiato un nuovo coach. Sono sempre stato pronto a combattere e a dare tutto per tornare il più in alto possibile nel ranking”.
La grinta e la votazione al sacrificio hanno in effetti contraddistinto la carriera del belga, che al bivio tra godersi qualche ultimo mese di anonimato prima di una pensione dorata o tentare un ultimo grande rientro, ha optato per la seconda strada. Certamente più insicura e tortuosa, ma che certamente avrebbe restituito maggiori soddisfazioni. E così la classifica è tornata quella giusta per entrare direttamente in tabellone nei 1000 e negli Slam. Il tennis a tutto campo che richiedeva il massimo sforzo agli avversari per fare anche un punto ha smesso di essere un ricordo, e la porta del grande tennis si è riaperta. Il quarto di finale a Shanghai, primo in un 1000 dopo più di tre anni (Montecarlo 2021), raggiunto battendo Zverev è la cartolina di chi ha scelto la lotta alla resa, ripartendo quasi da zero dopo una carriera già andata oltre le più rosee aspettative.
L’arte di battere i migliori e le prospettive di Goffin
Venti volte, dopo l’impresa contro Alcaraz, Goffin ha battuto un top 10. Undici di queste, più della metà, si trattava di top 5. Il computo generale rimane negativo (20-61 contro i primi 10, 11-37 contro i primi 5), ma il numero di vittorie comunque restituisce le stimmate di chi contro i migliori si è sempre rivolto alla pari, senza mai credere di scendere in campo battuto. Detto che Carlitos ci ha messo del suo nel perdere una partita alla portata su un campo dove (tolto l’esordio da ancora minorenne nel 2021) non aveva mai perso prima dei quarti di finale, ricordiamo che si gioca sempre in due. E se alle volte il giovane spagnolo pecca di esuberanza, altre di motivazioni, proprio queste ultime sono la spinta decisiva per nel dare a Goffin la voglia di un ultimo grande scatto.
“Volevo finire la mia carriera con delle buone sensazioni”, ha ammesso sempre prima della miglior vittoria della sua carriera al Sunshine Double, “sapendo di aver dato tutto. Volevo la sensazione di aver messo il massimo che potevo nei termini di impegno e lavoro per finire al meglio la mia carriera. Quest’anno compirò 35 anni. Non so quanto ancora potrò giocare, ma ci proverò per un altro paio d’anni se continuo così. Mi sento bene, mi piace come sto giocando”. Parole quasi profetiche da parte del n.2 belga (Zizou Bergs sta ben cavalcando la sua onda, e probabilmente esordirà tra i top 50 dopo la trasferta in Florida), che affronterà in un terzo turno alla portata Brandon Nakashima. Agli ottavi Khachanov o Dimitrov. Ha avuto il merito di aprire il tabellone, ora può giocarsi le sue carte per renderlo il proprio terreno di caccia.
A nove anni da una semifinale giocata alla pari, ad alta intensità, contro Djokovic nell’anno del “Nole Slam”. In fondo, per essere grandi, bisogna prima di tutto saper essere piccoli. E David Goffin, che piccolo lo è solo di statura, ha imparato anni fa ad essere un gigante. Ora proverà a ricordarselo definitivamente. Mal che vada, potrà raccontare di essere uno dei quattro giocatori (insieme a Zverev, Djokovic e Nadal) ad avere un record positivo, con minimo tre partite completate, contro Alcaraz. Tu chiamale, se vuoi, emozioni.