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Sinner all’ATP di Amburgo: i possibili motivi della scelta

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Siamo arrivati circa a metà del digiuno forzato dai tornei di Jannik Sinner. Un digiuno che colpisce anche appassionati, ATP, media, direttori di tornei e addetti ai lavori in generale; senza dimenticare i colleghi del numero 1 del mondo, che da un lato sono felici di avere un avversario in meno nella corsa ai titoli pesanti di questo periodo e dall’altro non se la sentono di usurparne il trono approfittando della sua assenza – se vogliamo offrire una chiave di lettura alternativa e vagamente ironica della difficoltà di accorciare le distanze da parte dei due prossimi inseguitori Alexander Zverev e Carlos Alcaraz.
Dopo il digiuno, dunque, l’abbuffata: da tre mesi senza a tre tornei consecutivi con Jannik. Per quanto si potrebbe liquidare la scelta di partecipare anche all’evento tra Roma e Parigi (in senso temporale, non geografico) come un regalo ai fan, possiamo immaginare un paio di motivazioni oggettive che lo hanno portato a tale decisione, eventuale assegno di benvenuto a parte.

Innanzitutto, la sospensione significa rientrare agli Internazionali d’Italia con la mancanza di match ufficiali (cioè veri) dall’Australian Open, finora l’unico evento giocato in questa stagione, e pertanto la necessità di metterne nelle gambe e principalmente in testa. Da questo punto di vista, naturalmente, molto dipenderà da quanto avanti Sinner si spingerà nel Masters 1000 nostrano e un’altra possibilità sarebbe stata la richiesta di una wild card ad Amburgo in caso di prematura uscita romana.

Un’altra ragione è di carattere regolamentare. Chi termina la stagione in top 30, infatti, è considerato dal Rulebook dell’ATP un commitment player. Il commitment, l’obbligo in questione è la partecipazione ai Masters 1000, alle ATP Finals (se si qualifica) e a cinque ATP 500, di cui uno dopo lo US Open. Oltre alla questione del “bonus pool 500”, vale a dire i tre milioni di dollari che a fine anno si spartiranno i sei tennisti che hanno ottenuto più punti negli eventi di categoria (nel caso, Jannik avrà il 25% di riduzione per aver mancato due tornei dello swing 1 che si conclude con Barcellona/Monaco), c’è quella della classifica: non adempiere quest’obbligo comporta uno zero tra i tornei validi per i punti del ranking. E, considerando che già dovrà conteggiare tre zeri per aver saltato altrettanti Masters 1000 (Indian Wells, Miami e Madrid, mentre Monte Carlo è equiparato a un 500 sotto questo aspetto), è verosimile pensare che voglia limitare i danni in questo senso.
Avrà poi a disposizione Halle/Queen’s in giugno, Washington in luglio, poi Tokyo/Pechino e infine Vienna/Basilea. Vale la pena di ricordare che, sebbene una recente regola consenta di sostituire fino a tre risultati nei Masters 1000 con quelli ottenuti in successivi ATP 500 o 250, essa si applica solo se detti Masters sono stati effettivamente giocati.

Cambiando prospettiva, un bel colpo quello messo a segno dagli organizzatori dell’Hamburg Open, da quest’anno spostato nella settimana che precede Parigi dal suo abituale slot di piena estate. Perché non solo sarà l’esordio assoluto di Sinner all’Hamburg Open, ma sarà anche la prima volta dal 2008 che il torneo potrà vantare la partecipazione del numero 1 del mondo. O, per essere più precisi, può vantare (adesso), perché c’è la (remota) possibilità che Sinner ceda la vetta del ranking.

Nel 2008, si diceva, quando era ancora un Masters Series (sarebbe stato declassato l’anno successivo), ad Amburgo giocò il numero 1 del mondo Roger Federer, sconfitto poi in finale dal numero 2 Rafa Nadal. Roger ci tornò senza fortuna nel 2013, il suo anno peggiore, da quinto del ranking. Similarmente, Rafa fece lo stesso da n. 10 ATP nella stagione aperta con la sconfitta per mano di Michael Berrer, il 2015, alzando però il trofeo tedesco. Insomma, sembrano sempre esserci ottimi motivi per andare ad Amburgo se sei (stato) numero 1 del mondo.

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