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Madison Keys, finalmente

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Il successo di Madison Keys all’ultimo Australian Open merita di essere analizzato e valutato con particolare attenzione perché offre diversi livelli di lettura. Intendiamoci, capita spesso che una impresa sportiva presenti molti aspetti interessanti, però così tanti in una sola volta è davvero raro. Cominciamo dal qui e ora, dalla stretta attualità: l’impresa nel torneo e le avversarie battute nelle due settimane di Melbourne.

1) L’impresa di Melbourne
Madison Keys ha vinto lo Slam da testa di serie numero 19, e lo ha fatto affrontando un percorso particolarmente impegnativo. A partire dal terzo turno Keys ha trovato davanti a sé esclusivamente teste di serie. Ecco la sequenza:
1T: 6-4 7-5 ad Ann Li
2T: 7-6(1) 2-6 7-5 a Elena Ruse
3T: 6-4 6-4 a Danielle Collins (tds 10)
4T: 6-3 1-6 6-3 a Elena Rybakina (tds 6)
QF: 3-6 6-3 6-4 a Elina Svitolina (tds 28)
SF 5-7 6-1 7-6(8) a Iga Swiatek (tds 2)
F: 6-3 2-6 7-5 Aryna Sabalenka (tds 1)

Rispetto al percorso teorico più difficile, l’unica eccezione è la presenza della numero 28 Svitolina al posto della numero 4 Paolini. Un vantaggio sulla carta, ma che nella realtà non è detto fosse tale, anche perché Svitolina aveva sconfitto sul campo proprio Jasmine Paolini. Non accadeva dal 2009, con Svetlana Kuznetsova al Roland Garros, che una giocatrice vincesse uno Slam battendo le prime due teste di serie (allora erano la numero 2 Serena Williams e la numero 1 Dinara Safina).

Mentre non accadeva dal 2017, con Jelena Ostapenko sempre al Roland Garros, che si vincesse un Major dovendo andare cinque volte al terzo set. Però in quella edizione Ostapenko aveva conquistato il torneo affrontando una sola testa di serie fra le prime dieci: Simona Halep in finale. A Melbourne quelle affrontate da Keys sono state quattro.

Insomma, se valutiamo le due recenti settimane australiane, tutto si può dire tranne che quello di Keys sia stato un successo fortunoso o casuale. Si era detto che al via c’erano tre favorite su tutte, Sabalenka, Swiatek e Gauff; a conti fatti solo Gauff non è stata all’altezza delle attese, a causa di un match piuttosto negativo perso contro Paula Badosa, match compromesso dalle difficoltà con il servizio e soprattutto con il dritto. Ma invece Swiatek e Sabalenka si sono dimostrate in condizione, pronte a ritrovarsi in finale in quello che sarebbe stato il confronto totale: il match con in palio non solo la vittoria nello Slam, ma anche il numero 1 del ranking.

Per fermare la corsa di Iga e di Aryna ci sarebbe voluta una giocatrice capace di sfoderare due prestazioni superlative nel giro di 48 ore. Ci è riuscita Madison Keys. Ricordo che Swiatek si era presentata in semifinale forte di cinque successi travolgenti, nei quali alle avversarie aveva lasciato le briciole (appena 14 game in totale), mentre Sabalenka in tutto il torneo aveva concesso un solo set (nei quarti contro Pavlyuchenkova) e aveva alle spalle una striscia di 20 partite vinte all’Australian Open, a un solo match dai tre titoli Slam consecutivi australiani (mai accaduto in questo secolo a livello femminile).

2) Il ritorno di una generazione
Secondo aspetto rilevante di questa impresa di Madison Keys. A leggere il suo nome nell’albo d’oro sembra di essere catapultati indietro nel tempo di almeno cinque anni, se non dieci. Con il successo di Madison torna in auge una generazione di tenniste che sembrava avere ormai definitivamente lasciato il campo alle più giovani. Nel caso di Keys va considerata la concomitanza di due fattori. Il primo è la sua età anagrafica: è nata il 17 febbraio del 1995, quindi compirà 30 anni fra pochissimi giorni. Nella storia del tennis Open si sono avute solo due giocatrici capaci di vincere il primo Slam della carriera da più anziane: Flavia Pennetta (US Open 2015, a 33 anni) e Francesca Schiavone (Roland Garros 2010, a 29 anni e 347 giorni).

L’altro fattore, a mio avviso ancora più rilevante, è la sua anzianità tennistica. Keys è stata una giocatrice precoce, per questo vive a tempo pieno nel circuito WTA da più di un decennio, visto che aveva cominciato a misurarsi con le più forti del circuito sin da ragazzina. È veramente da tanto, tanto tempo che gioca ad alti livelli.

Giusto per dare una idea più concreta di cosa sto parlando: all’Australian Open di dieci anni fa (2015) quando è ancora teenager, Madison raggiunge la sua prima semifinale Slam. E lo fa battendo avversarie del calibro di Petra Kvitova e Venus Williams. Dopo quel successo, Keys entra per la prima volta in Top 20. E’ il 2 febbraio 2015, e per curiosità vi elenco la Top 20 di quella settimana. Dalla 1 alla 20: Serena Williams, Sharapova, Halep, Kvitova, Wozniacki, Ivanovic, Bouchard, Radwanska, Makarova, Kerber, Venus Williams, Petkovic, Errani, Pennetta, Safarova, Jankovic, Suarez Navarro, Cibulkova, Cornet, Keys.

Come si vede, non solo Keys era la più giovane delle prime 20 in classifica, ma la maggior parte di queste giocatrici si è ormai ritirata. Tra quelle ancora in attività chi oggi ha la migliore classifica è Caroline Wozniacki: numero 84 del ranking. Keys ha saputo resistere ad alti livelli all’usura di una professione molto logorante, stabilendo anche un record per la distanza tra le due finali Slam raggiunte: quasi otto anni tra lo US Open 2017 (sconfitta contro Sloane Stephens) e l’Australian Open 2025 (vittoria contro Aryna Sabalenka).

Per chiudere questo capitolo, concedetemi una digressione personale, che comunque non fa che sottolineare il concetto. Nel giugno 2015 avevo scritto un articolo dal titolo: “Le giovani e gli Slam: chi può vincere un Major?”. Quello era un momento nel quale era molto difficile scalzare le veterane dall’albo d’oro degli Slam (Serena, Sharapova, Li Na, etc) tanto che tra le tenniste nate dal 1990 in poi, c’era riuscita solo Petra Kvitova. Allora mi ero lanciato in una previsione, riservata alle 15 giocatrici più giovani presenti in Top 50. Le avevo messe in ordine crescente, da chi consideravo avesse meno possibilità di conquistare uno Slam a chi ritenevo ne avesse di più. Ribadisco che in quel momento nessuna di loro aveva vinto Slam e solo Bouchard aveva già raggiunto una finale (Wimbledon 2014). Ecco la previsione: 15 Vandeweghe, 14 Diyas, 13 Mladenovic, 12 Watson, 11 Van Uytvanck, 10 Svitolina, 9 Gavrilova, 8 Garcia, 7 Bencic, 6 Bouchard, 5 Giorgi, 4 Pliskova, 3 Stephens, 2 Muguruza, 1 Keys.

Con il senno di poi, si possono individuare errori di sottovalutazione e di sopravvalutazione, ma resta il fatto che Keys era già allora una tennista che colpiva per le enormi potenzialità, tanto da spingermi a metterla in cima alla lista. Altro dato da sottolineare: se alcuni di questi nomi sono ancora in corsa per vincere il loro primo Slam (direi soprattutto Svitolina, Garcia e Bencic), ci sono anche tenniste che si sono ormai ritirate come Muguruza, Giorgi, Van Uytvanck o Vandeweghe. A dimostrazione che, nello sport, dieci anni sono quasi un’era geologica. Eppure Madison ha saputo ugualmente trovare il suo spazio, e vincere a metà degli anni ‘20. Davvero stra-ordinaria, nel senso letterale del termine.

a pagina 2: Le novità tecnico-tattiche dell’ultima Keys

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