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Classe ed eleganza: auguri a Stefan Edberg, l’ultimo grande di Svezia

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Se Edberg non vince Wimbledon entro cinque anni, smetto di scrivere di tennis“, diceva nel 1983 Rino Tommasi, all’indomani della conquista dell’unico Grand Slam juniores di uno svedese leggerino, con un fisico che oggi si farebbe fatica ad assegnare ad uno sportivo, all’epoca 17enne. Per fortuna di Rino (e di tutti noi) il ragazzino fece giusto in tempo, e nel 1988 a suon di serve and volley conquistò il suo primo titolo ai Championships. Sarebbe impossibile non partire da questa citazione quando si parla di Stefan Edberg, che oggi, 19 gennaio 2025, compie 59 anni. L’ultimo grande svedese, ultimo n.1 proveniente dal Paese di Borg, sei volte campione Slam.

Il primo arrivò in Australia nel 1985, l’ultimo allo US Open 1992, un torneo che vinse per due anni di fila senza mai amarlo: il chiasso, il rumore tipicamente americano di Flushing Meadows non erano l’habitat naturale di una persona quale Edberg, che riuscì ad imporsi a New York quando iniziò a frequentare l’impianto di gioco solo per partite ed allenamenti, stabilendosi in una villa abbastanza lontana così da poter vivere tre settimane in tranquillità e concentrarsi esclusivamente sul tennis. Un altro aneddoto che ben definisce la figura dello “svedese elegante”, che può vantare anche quattro Coppe Davis (su 7 finali) e il rispetto e l’amore di molti colleghi per la sua sportività e correttezza.

Nel 1990 raggiunse la prima posizione della classifica mondiale, prendendo un’ideale torcia partita da Borg, passata per Wilander e infine accesa per un’ultima intensa volta, prima di consumarsi, da lui. Le tre finali di fila a Wimbledon contro Becker (vittoria nell’80 e nel ’90, sconfitta nel 1989) appartengono alla storia del tennis, ma è difficile slegare anche da due sconfitte, di diversa importanza, il nome di Edberg. Una per curiosità, più che per rimpianti, contro Stich a Wimbledon 1991: in quattro set di tennis da erba di prima qualità il tedesco, senza mai strappare il servizio e con tre tie-break, batté lo svedese negandogli la quarta finale di fila contro Becker sui prati. L’altra, appartenente al mito, è un enorme rimpianto.

Edberg, per ovvi motivi legati al proprio gioco, ma non ha mai avuto particolare fortuna al Roland Garros, ma nel 1989 riuscì ad issarsi fino in finale. Dall’altra parte della rete un americano minorenne di origini asiatiche, tale Michael Chang, colpevole dell’eliminazione del n.1 al mondo Ivan Lendl. Un’occasione irripetibile di vincere finalmente lo Slam rosso e puntare concretamente al Career Grand Slam. I propositi ci sono tutti, lo svedese addirittura va avanti 2 set a 1. Ma il vento della storia soffiava in un’altra direzione quel giorno, in quella di colui che sarebbe diventato (ed è tutt’ora) il più giovane campione Major della storia. Probabilmente, per Edberg, il più grande rimpianto di una carriera di livello assoluto, vissuta con la giusta intensità e sempre con classe, anche dopo il ritiro. Ancora oggi lo si incontra, sempre con il fisico asciutto, ma qualche capello in meno, nei vari tornei; sorridente e disponibile, pronto a concedere foto e ricordi. Perché i trofei e il tennis vanno e vengono, la grandezza rimane. Buon compleanno Stefan.

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