Kyrgios, e adesso? Le prospettive di ritiro e le ultime cartucce da sparare
“Game, set and match Kyrgios“, riecheggiava sul Center Court di Wimbledon il 1° luglio 2014 quando un 19enne australiano batteva il n.1 al mondo Rafa Nadal e conquistava i quarti di finale del torneo più importante del mondo al suo debutto. Quel giorno sembra appartenere ad un’altra epoca e riguardare qualcun altro, non l’uomo ormai quasi 30enne arrivato desolato e deluso nella sala conferenze dell’Australian Open dopo la netta sconfitta contro Jacob Fearnley. Sconfitta che ha messo a nudo tutti i suoi problemi, i suoi attuali limiti fisici e una tendenza tutt’altro che incoraggiante. Che lo ha spinto a dichiarazioni per quanto estreme assolutamente veritiere e, da un certo punto di vista, anche necessarie.
“Realisticamente non credo di vedermi più giocare in singolo qui. Questo non è tennis per me, non è sport. Sono disposto a giocare sopportando un po’ di disagio, ma sono uno dei migliori battitori del circuito e stasera sono stato superato al servizio. La mia velocità media era sotto i 200 km/h. Voglio dire, Nick Kyrgios senza il servizio probabilmente non è una minaccia per molti giocatori“. Non sono le parole del ragazzo che entrava in campo con le cuffie giganti, irrideva il mondo intero, serviva da sotto e trascinava con sé il pubblico. Come non sono le parole dell’ombra che andò vicina al suicidio nel 2019, “il punto più basso“, dopo essere stato squalificato a Roma e aver rimediato ulteriori figuracce comportamentali a Wimbledon contro Nadal. E non sono nemmeno le dichiarazioni da fenomeno di baraccone come le tante accuse mosse nell’ultimo periodo a Sinner.
Queste sono le riflessioni a crudo di un uomo adulto, un atleta, che si trova a fare i conti con il suo corpo. Ad un punto di non ritorno. E, per quanto sicuramente rimarrà un dubbio eterno sul talento che ha sprecato, su quanto lontano sarebbe potuto arrivare, Kyrgios sembra in realtà vivere la situazione con grande tranquillità, con la consapevolezza di chi sa che avrebbe potuto ma che forse fino in fondo non ha mai voluto: “La mia carriera è stata fantastica e perciò non ho alcun rimpianto. Penso che tutto sia stato tutto possibilità di esperienza per me, continuo a cercare di divertirmi, essere autentico e godermi il percorso. Ma credo che sarebbe egoista da parte mia dire di volere di più. Ho fatto un viaggio incredibile e non è ancora finito“. Perché in effetti la sua ipotesi, ponderata, di ritiro, verte prevalentemente sul singolare. Non è da escludere che svolgerà una buona preparazione fisica nei prossimi mesi per garantirsi un addio nel suo stile a Wimbledon, dove ha ottenuto il massimo dalla sua carriera. Ma ciò non taglia fuori a prescindere altre strade, ancora come giocatore attivo.
Ad esempio quella del doppio. Sulle pagine dell’Herald Sun viene infatti riportata la speranza del capitano di Coppa Davis Lleyton Hewitt, così come della federazione tutta, di vedere Kyrgios in campo in doppio per il match contro la Svezia previsto il 31 gennaio e l’1 febbraio. Una speranza in realtà non così vana, visto che per quanto il fisico possa non assisterlo al punto giusto per giocare in singolare, la mano e la voglia di giocare possono bastare per costruirsi una carriera da specialista. Non dimentichiamo infatti che Nick ha vinto lo Slam di casa in doppio, nel 2022 con l’amico di una vita Kokkinakis. E i due giocheranno insieme anche in questa edizione, affrontando all’esordio Duckworth e Vukic. Insomma l’ipotesi tennis giocato non è ancora da bollare come impossibile. Ci sono invece buone certezze per affermare che anche dopo il ritiro l’australiano rimarrà in questo mondo.
Già lo scorso anno, così come nel 2023, Kyrgios si è dedicato nei lunghi periodi di lontananza dal campo, a fare da commentatore (BBC, ESPN, Tennis Channel), oltreché da ospite in svariati podcast. Una passione, quella di commentare gli eventi in maniera pubblica, tanto forte da portarlo a creare un suo video podcast: “Good Troubles with Nick Kyrgios“. Uno spazio libero dove Kyrgios può dire la sua, alla sua maniera. Il più delle volte politicamente scorretta, ma capace anche e proprio questo di catturare audience e attirare sempre tanta attenzione. E proprio il suo carattere, la sua capacità di parlare senza filtri (a volte troppo come nel caso di Sinner) di qualsiasi cosa, unito alla sua conoscenza del tennis, potrebbe renderlo un ottimo commentatore.
Al contempo la sua inclinazione a voler essere padrone di sé stesso (non aver mai avuto un allenatore nella propria carriera tennistica ne è un ottimo esempio) potrebbe far pensare ad un ruolo più vicino a quello di Andy Roddick: presenza social, commenti qua e là, podcast interessante con ospiti di un certo rilievo per parlare di tennis. Prospettive varie, da tenere in considerazione in attesa del domani, e di capire cosa ne sarà della carriera di Nick Kyrgios. E di quel che verrà dopo un ritiro che sembra vicino, e soprattutto inesorabile. Per riassumere in una frase quanto detto finora, e buona parte degli ultimi anni dell’australiano, una citazione dei Linkin Park (gruppo la cui discografia, tra rock estremo e pezzi malinconici, potrebbe ben descrivere la carriera di Nick) in “Breaking the Habit“: “Non voglio essere quello che le battaglie scelgono sempre; perché dentro di me mi rendo conto che sono io quello confuso“.