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L’ex arbitro Bernardes: “La finale Djokovic-Nadal nel 2011 a Wimbledon la partita più emozionante. Sinner impressionante”

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Il nostro Giovanni Pelazzo per conto del quotidiano Tuttosport ha avuto l’occasione di intervistare Carlos Bernardes, uno degli arbitri più amati del tennis mondiale. O meglio, uno degli ex arbitri più amati: infatti, concluso il 2024 Bernardes ha detto addio alla “sedia”. Brasiliano ma adottato dalla città di Bergamo, Bernardes può contare nel suo curriculum 8000 incontri, tre finali Slam e 24 diversi tennisti numero uno al mondo arbitrati. Ecco alcune delle sue dichiarazioni più interessanti.

L’ex giudice di sedia ha raccontato com’è nato il suo rapporto con il tennis: “La prima partita che ho visto in TV è stata a Wimbledon, poi avevo un amico che aveva un paio di racchette e con cui, in un piccolo club di São Paulo, andavamo a giocare la domenica. Avevamo 13 o 14 anni, scavalcavamo le recinzioni e passavamo tutto il giorno lì. Poi a 15 anni, quando è mancato mio papà, ho iniziato a fare il maestro in quel club”.

Bernardes ha proseguito così per quanto riguarda invece l’arbitraggio: “In Brasile in quel periodo c’erano tantissimi tornei. Un giorno lessi su un giornale che erano necessari 130 giudici di linea per la Fed Cup a São Paulo, a cui avrebbero partecipato anche Martina Navratilova e Chris Evert. Quello è stato il mio primo contatto con il tennis professionistico. Mi è piaciuto molto e ho continuato anche durante l’università, quando studiavo ingegneria meccanica, fino a quando il direttore del club dove insegnavo mi mise davanti a un bivio. Stavo viaggiando molto e dovevo scegliere se fare il maestro o l’arbitro. Ovviamente scelsi di fare l’arbitro: viaggiavo 23 o 24 settimane l’anno, mi piaceva tanto”.

Il brasiliano ha poi ammesso che gli piacerebbe continuare a lavorare nel mondo del tennis: “Sì, mi piacerebbe fare ancora qualcosa, magari formando nuovi arbitri perché a livello Challenger ci sarà ancora tanto bisogno dei giudici di sedia. Lo sport fa parte della mia vita da quando ho 15 anni: tutto ciò che ho conquistato, visto e conosciuto è stato grazie al tennis”.

L’intervista si è poi concentrata sulla prestigiosissima carriera di Bernardes che ha provato a scegliere le cinque partite più emozionanti arbitrate: “È davvero difficile dirlo. Intanto, direi sicuramente la finale di Wimbledon 2011 tra Nadal e Djokovic. Era il primo torneo che avevo visto in TV, essere lì ad arbitrare la finale non mi sembrava vero. Anche gli arbitri sono invitati al ballo di fine torneo: è speciale, Wimbledon per me è il torneo più bello. Poi direi la mia prima finale Slam, Federer-Roddick allo US Open 2006; un match tra Ivanisevic e Becker, due dal carisma impressionante, a Spalato, la terra di Goran; una rimonta di Agassi su Blake a New York da due set di svantaggio, quando Andre vinse 7-6 al quinto. E la quinta è difficile, potrei metterne tante: scelgo Nadal-Tsitsipas a Barcellona 2021, quasi quattro ore, una delle mie prime partite dopo l’attacco cardiaco a Melbourne“.

Poi un aneddoto su un incontro difficile da dimenticare: “un match di Coppa Davis tra Cile e Argentina, nel 2000. Giocavano Massu e Zabaleta, due piuttosto tranquilli. C’erano 15000 persone allo stadio, ma era un pubblico calcistico. A un certo punto, qualcuno ha lanciato qualcosa in campo: Zabaleta è andato a raccoglierlo e a consegnarlo al raccattapalle, ma il pubblico pensava che ci stesse litigando. Hanno iniziato a lanciare in campo pietre, seggiolini e qualunque cosa avessero in mano, costringendo i giocatori a tornare negli spogliatoi dove c’erano persino i carabinieri e il papà di Zabaleta con la testa tagliata. Io non so come non mi sono fatto niente, ma è stato impressionante. Doveva essere una partita tranquilla, il Cile era favorito, invece si è trasformata in un inferno. In 40 anni è stata la cosa più impressionante che ho visto su un campo da tennis”.

La carriera di Bernardes si è principalmente sviluppata in sovrapposizione con l’epoca dei Big Three: “Quello che facevano loro era impressionante. Federer, Nadal e Djokovic erano persone diverse con stili diversi, ma è stato molto speciale viverli da vicino. La loro epoca, con anche Murray, Wawrinka, Del Potro, Ferrer e molti altri, è stata la più bella della storia del tennis. Ho vissuto anche gli anni di Sampras e Agassi, ma non sono stati così intensi. E non credo nemmeno che la generazione attuale, quella di Sinner e Alcaraz, possa reggere i ritmi dei big 3, che sono stati 20 anni al top. Oggi va tutto troppo veloce, non credo riusciranno a catturare il pubblico così a lungo come hanno fatto Roger, Rafa e Nole”.

Poi in chiusura qualche battuta sull’attuale numero 1 del mondo, Jannik Sinner: “Mi è stato presentato per la prima volta dalla moglie di Riccardo Piatti, a Montecarlo, quando lui era ancora un ragazzino. Mi ha detto subito che un giorno avrei arbitrato quel ragazzino magrolino con i capelli rossi perché giocava benissimo a tennis. Il livello a cui Sinner ha portato il tennis in Italia è impressionante. Si parla di tennis in posta, al telegiornale o in programmi televisivi generalisti. Ricordo com’era Torino al primo anno di Finals e com’era quest’anno: Jannik ha avvicinato al tennis una quantità pazzesca di gente. Spero che l’Italia riesca a sfruttare al massimo questa fase”.

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