La storia di Jannik Sinner, il Maestro dei Maestri, che ha dato incredibili lezioni a tutti, più ancora di Ivan Lendl
Jannik Sinner…il Maestro dei Maestri. Era stato geniale, 55 anni fa, chi aveva battezzato le finali del circuito ATP con il nome Masters, Maestri, da attribuire ai Magnifici Otto, cioè i tennisti migliori di 11 mesi di grande tennis professionistico e quindi qualificati per la rassegna di fine anno.
Ed era stato abile e furbo Ray Benton con i suoi soci di impresa, anche ad apporre il copyright sul marchio del brand Masters. Marchio che quando il torneo ha lasciato gli Stati Uniti e il leggendario Madison Square Garden per trasferirsi a Francoforte e Hannover, Benton avrebbe voluto che gli venisse pagato a peso d’oro. Ma l’ATP non ci stette. E così da allora le finali sono state chiamate in tanti modi, mai davvero memorabili per restare ben impresse nelle nostre teste, prima di arrivare all’attuale che mette in primo piano lo sponsor, Nitto, perché i soldi son soldi e tutto smuovono.
I Maestri per mestiere danno lezioni e Sinner Maestro dei Maestri le ha date davvero a tutti. Severissime, anche se sempre accompagnate dal suo educato, quasi timido sorriso. Timido fuori dal campo, ma tutt’altro che timido dentro. Se Ivan Lendl, Maestro 4 volte, era stato fino a ieri l’unico a non aver perso un set in tutto un Masters (nel 1986), Sinner ha fatto ancor meglio. Infatti oltre a non perderlo neppure lui, è riuscito a non fare raggiungere i 5 game in alcun set a tutti i top-players che ha affrontato in questi giorni a Torino. Jannik si è concesso una distrazione (chiamatela pure break…), soltanto due volte. Una prima distrazione con l’amico de Minaur quando forse sapeva di poterselo permettere perché in 7 partite non solo non ci aveva mai perso, ma gli aveva lasciato un solo set, quasi per misericordia, dominandone 15 consecutivi. Una seconda distrazione con Medvedev contro il quale ormai, dopo aver ridimensionato il brutto ricordo delle prime sei sconfitte patite, si era preso sette sonore rivincite nelle ultime otto sfide. Ma Jannik, più perfezionista degli iperperfezionisti non perdona le distrazioni neppure a se stesso, anzi soprattutto a se stesso: tanto è vero che subito il break con de Minaur nel terzo game del primo set lo ha subito ribrekkato nel quarto e poi anche nel sesto, giusto per togliergli ogni più piccola illusione. Da quel “memorabile” break subito, Jannik ha servito altre otto volte per “conquistare” un 63 64 senza scosse, cedendo all’amico australiano in otto turni di risposta la miseria di 6 punti. Se non è una lezione molto severa questa… qual è? Un’oretta e 25 minuti e l’allievo de Minaur è stato rimandato alla nona. Che non è quella di Beethoven.
Con Medvedev Sinner ha avuto ancora meno pazienza. Un’ora e 13 minuti e la lezione non è andata molto diversamente e non solo perché il risultato finale è stato identico, 63 64, ma perché il break di “distrazione” lo ha patito dopo 55 minuti di partita quando però Jannik era già avanti di un set e di un break, 63 32.. Quindi si è trattato di una distrazione per nulla compromettente. Infatti sul 4 pari Jannik ha rifatto un altro break e nel game successivo è suonata la campanella e lui ha chiuso la lezione. Adesso Medvedev da 6-0 avanti si ritrova a 7-8 indietro. E mi sa che sia il primo ad aver capito che l’allievo di una volta, come Giotto con Cimabue, è diventato il Maestro Sinner al quale lezioni non se ne possono più dare. Si possono ormai solo prendere.
Fra gli allievi in cui Sinner si sarebbe imbattuto in quel di Torino ce n’era uno che era un pochino più ambizioso, tale Taylor Fritz. Californiano, figlio d’arte. La mamma, Kathy May, era stata n.10 WTA. Bravo ragazzo, e anche bel ragazzo, forte di una discreta autostima, nonché di un quinto posto del ranking che sarebbe diventato quattro nel corso della settimana torinese, traguardo mai raggiunto dai tempi di James Blake (già, lui fu anche l’ultimo americano a giocare una finale del Masters: 2006, Shanghai, perse da Federer). L’amico Fritz era convinto di aver perso la finale dell’US Open lo scorso settembre solo per aver servito e giocato male. E non perché Sinner gli fosse sembrato imbattibile. Così a Torino era arrivato con l’aria di dire: “Datemi un’altra chance e gli faccio vedere io a questo Sinner”.
Ma nel round robin Fritz ha di nuovo sbattuto il bel musetto contro il Maestro dei punti importanti: proprio com’era successo negli ultimi due set di Flushing Meadows, quando lui si era trovato a tentare di salvare il set, sia sul 4-5 sia sul 5-6 ma l’inflessibile Maestro aveva deciso di dargli una lezione su come si giocano i punti più importanti e gli aveva strappato la battuta. A Torino, nel round robin si è ripetuta la storia sul 4-5 e… sono stati altri due 64 per il Maestro dai capelli rossi.
La vicenda non ha scoraggiato minimamente Fritz che avrebbe dichiarato quasi con impudenza: “Ho giocato molto meglio qui a Torino che a New York. Ha giocato meglio anche Jannik, però ho avuto ugualmente le mie chances. In un paio di game sono stato 15-30 sul suo servizio, in un altro 0-30 – chi si accontenta gode… – ma lui ha fatto un paio di miracoli, un passante lungolinea di rovescio impossibile, insane, folle!
Di fatto però, salvo un’unica palla break sul 3 pari del primo set (sulla quale effettivamente Taylor si può rimproverare un errore gratuito di dritto) l’americano non ha mai messo davvero in difficoltà il Maestro. Ma avete presente gli americani quando si convincono di poter continuare a coltivare l’American Dream? E’ la loro forza. Così mentre Sinner metteva in castigo Ruud, annichilendolo e bacchettandolo quasi a dirgli “devi studiare di più”, e il malcapitato norvegese piagnucolava “Ma questo mi tira dei missili! Non mi dà respiro e tira più forte di Djokovic, ma come è possibile?”, il buon Fritz si toglieva la bella soddisfazione di infliggere la terza lezione consecutiva a quel tedesco, Zverev, che sembra proprio quello scolaro che potrebbe fare di più ma che per un motivo o per un altro non riesce mai a farlo quando l’esame è di maturità.
Ho scritto terza perché le prime due erano state a Wimbledon e a Flushing Meadows. Mentre quella della Laver Cup io mi rifiuto di contarla…perché quella non è cosa seria. Divertente ma non seria.
Così l’autostima di Fritz, dopo quella vittoriosa prova del nove a spese di Zverev era ancora più cresciuta, alla vigilia di quella che sarebbe stata invece la lezione finale. Ma non è servita. Maestro Sinner non aveva più voglia di testare il suo allievo sul 4-5 come le altre ultime 4 volte. Ha preferito metterlo alla prova, set dopo set, fin da metà set. E così sul 3 pari del primo set e sul 2 pari del secondo gli ha dato un votaccio (il break) con la matita blù. Fritz si è illuso per l’ultima volta di poter evitare la bocciatura nel primo set, quando sul 4-5 gli è capitata l’occasione dell’unica pallabreak di tutta la lezione finale. Ma Maestro Sinner gli ha cancellato anche quella con un servizio vincente. Fritz si è così ritrovato a fare i conti aritmetici con l’ennesimo 6-4: sono sette i 6-4 subiti in 9 set. Insomma l’allievo Fritz, al cospetto di Maestro Sinner, non ce la fa proprio. E’ davvero un gran ripetente. E se Maestro Sinner si stufa la prima lezione gliela dà in 1h e 40 m, ma la seconda l’accorcia, 1h e 24.
Scherzi a parte, dopo Lendl – che di Masters ne ha vinti 4, ma quello vinto senza perdere set lo vinse a 26 anni; Jannik ne ha 23 – nessuno ha mai dominato il lotto dei partecipanti al Masters finale come ha fatto Sinner. Ha vinto 6 set concedendo agli avversari solo 4 game, in altri 4 set solo 3 game. E a Ruud gli ha lasciato un game in un set, due game in un altro. Lezioni che secondo me chi le ha ricevute non le dimenticherà tanto facilmente. Vedremo nel 2025, ma certo Sinner che finora era stato Maestro dappertutto fuorchè in patria ha ragione di essere super orgoglioso di quello che ha saputo fare, mostrare, insegnare finalmente anche a casa nostra.
Ha insegnato, oltre che ai suoi avversari, anche a tutti gli italiani, come si può rimanere ragazzi semplici, bravi, educati, sensibili e di esempio per tanta, tantissima gente che quelle sue lezioni, quei suoi messaggi ha capito e apprezzato in pieno.
Soltanto Federer e Djokovic erano stati capaci di vincere in un anno l’Australian Open, l’US Open, 3 Masters 1000 e le ATP Finals. Sinner, n.1 del mondo di fine 2024 e come minimo fino a metà febbraio quando avrà superato le 36 settimane da leader mondiale di quel Carlos Alcaraz che sarà il suo più fiero rivale negli anni a venire, è perfettamente consapevole di avere fatto qualcosa di assolutamente straordinario, ma potete star certi che non si monterà la testa, che non si riposerà sugli allori, ma che continuerà a studiare tutti i dettagli possibili e immaginabili per diventare sempre più forte e per poter dare sempre più lezioni a tutti coloro che si pareranno sul suo cammino. Un cammino, e questa è stata l’altra meravigliosa notizia di questa domenica, che lo vedrà secondo una facile profezia fra i Maestri a Torino almeno fino al 2027 e fino al 2030 comunque in Italia, sempre a Torino oppure a Milano se i milanesi riusciranno finalmente a dotarsi di un palasport come si deve.