SinnRe
Lo abbiamo visto uscire dal tunnel sotto le tribune dell’InAlpi Arena, tra un trionfo di luci blu che lo circondavano come un guscio protegge il suo bene più prezioso, Jannik Sinner, il ragazzo venuto dai boschi e dalle dolomiti altoatesine, ha finalmente ottenuto ciò che il destino gli aveva promesso: la coppa del numero uno al mondo. Un onore immenso, una vittoria che è il frutto di un’intelligenza ferina, di un’instancabile determinazione, ma anche di quella tipica nobiltà d’animo dei montanari. Questo giovane figlio di San Candido è arrivato lassù, in cima alle vette, come un vecchio alpinista che conosce la montagna e sa che non concede nulla per mera benevolenza.
Siamo alla fine di un’annata epica; il suo cammino non è stato fatto di fragore o di clamore, ma di determinazione ferina e intelligenza svelta. Sinner ha lavorato su sé stesso come il cesellatore sull’opera grezza: lentamente, metodicamente, finché il suo tennis non ha raggiunto un livello cristallino, capace di dominare tutti, di dominare quelli che erano i migliori, fino a diventare lui, il migliore.
A vederlo salire in cima al podio, insieme a Boris Becker e ad Andrea Gaudenzi, chairman ATP, si avverte l’aura dei grandi, di chi non si lascia scoraggiare dalle sfide. Sinner è un ragazzo che non tradisce l’emozione, i lineamenti duri, quasi impassibili, di chi ha capito che ogni conquista si guadagna un pezzo alla volta. È l’anti-divo, quasi un eroe d’altri tempi, immerso in un mondo dove la velocità e il clamore la fanno da padroni. Ma è proprio questa calma che gli ha permesso di battere mostri sacri con l’istinto e la pazienza di un cacciatore antico che ha reso Sinner così temibile.
Ricevere la coppa del numero uno, sotto gli occhi del mondo, è una consacrazione in quella che è la città dei re, della monarchia. A Torino Sinner non è solo un giovane campione; è la promessa di un tennis che si rinnova, la speranza per chi crede che la grandezza non ha età. Il ragazzo venuto dai monti ha compiuto la sua scalata e ora guarda tutti dall’alto.
X: @carlogalati