ATP Finals, Zverev: “Ormai tutte le superfici sono uguali. C’è poca differenza tra terra e cemento”
Da Torino, il nostro inviato
L’Anti-Sinner c’è, e ha un nome e un cognome. Alexander Zverev ha esordito nel migliore dei modi alle Nitto ATP Finals 2024, con una buonissima vittoria in due set ai danni di un comunque decente Andrey Rublev. Sono bastati infatti due break al tedesco, uno per set, per portare a casa un’importante vittoria, che aggiunge altri 200 punti ad una già ricca cascina. La differenza in effetti è stata scandita da una super prestazione al servizio di Sasha, nonostante una superficie non proprio velocissima.
“La superficie è molto lenta“, commenta Zverev a seguito della domanda di Ubaldo Scanagatta, “è troppo lenta per un campo duro indoor. Non mi lamento perché mi piacciono sia le superfici lente che le superfici veloci. Non mi interessa più di tanto. Penso che nel tennis odierno si stiano perdendo un po’ gli stili di gioco. Il motivo è che penso che i campi in terra battuta e i campi in cemento siano praticamente tutti uguali. Hanno quasi la stessa velocità, ad eccezione di due tornei quest’anno, Cincinnati e Parigi Bercy, perché sono più veloci“.
Due tornei in cui tra l’altro il tedesco ha brillato, con una semifinale da una parte e il secondo 1000 della stagione dall’altra. Ma non è tutto oro quel che luccica. Nonostante infatti Zverev abbia sempre ben figurato su un po’ tutte le superfici, ammette che con il tempo le cose non stiano propriamente migliorando: “Mi sfuggono un po’ le differenze di superficie, perché prima c’era una netta differenza tra i campi in terra battuta e i campi in cemento all’aperto. Alcuni erano molto lenti, come Indian Wells, ma altri erano molto veloci, come il Canada e Shanghai. E i campi indoor. Penso che abbiamo perso un po’ questo aspetto cercando di rendere tutte le superfici molto simili e quasi uguali. Quando Roger era ancora in tour, era molto diverso. C’erano grandi differenze tra un campo in terra battuta, un campo in cemento e un campo in cemento indoor. Ora mi manca un po’ questo aspetto“.
Il logorio del tempo che non si applica soltanto alle superfici ma anche alle palline, un altro dei temi più discussi dai giocatori nell’ultimo periodo. Argomento che chiaramente assume ancor più interesse per un membro del Players’ Council: “Quello che accade ora con le palline da tennis è che l’aria e la pressione lasciano la pallina a causa del materiale, che non le trattiene all’interno. Non solo la pallina si sgonfia, ma l’aria e la pressione della pallina da tennis diminuiscono drasticamente. Ecco perché molti giocatori hanno problemi al gomito e altri al polso. Non era così 10 o 15 anni fa. Sono molto interessato all’argomento per quanto non abbia motivo di lamentarmi. Sono numero 2 al mondo, ho avuto una grande stagione, non mi lamento dei risultati. Penso solo che, a lungo termine, la salute dei giocatori sia un grosso problema con le palline da tennis che abbiamo attualmente. Volano molto velocemente nell’aria per i primi due o tre metri, poi rallentano. Non c’è nulla che tenga in vita la palla, cosa che era molto diversa circa cinque, sei anni fa“.
Sei anni fa Zverev già vinceva le ATP Finals, per la prima volta, in finale contro Djokovic alla O2 Arena di Londra. Da allora tanto, quasi tutto, è cambiato. E lo stesso Sasha è decisamente un giocatore diverso, più maturo e riflessivo, come ha dimostrato nella pancia dell’Inalpi Arena dopo la 67esima vittoria stagionale. In quella che è stata a tutti gli effetti la serata di Sinner: “Jannik si merita tutto questo, è il migliore al mondo, quest’anno ha vinto due Slam e più 1000 di tutti. Naturalmente non ho potuto guardare la cerimonia perché mi stavo preparando per la mia partita. Mi stavo riscaldando, facevo le mie cose, e siamo andati in campo subito dopo. Non sapevo che Boris gli avesse dato il trofeo e cose del genere. Penso che sia un grande momento per lui, per il tennis italiano. Ma vedremo chi riceverà il trofeo l’anno prossimo“. La sfida è lanciata. Ma probabilmente basterà attendere cinque giorni, non un anno, per gustarla sul campo.