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L’ultima puntata del calvario di Andy Murray

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Andy Murray è stato costretto al ritiro nel corso del match di secondo turno dell’ATP 500 del Queen’s contro Jordan Thompson a causa di un problema alla schiena: l’ex numero 1 del ranking mondiale ha abbandonato il campo sul 4 a 1 per il suo avveresario: “Da qualche tempo soffro di dolori alla schiena, ma oggi la situazione è diventata improvvisamente insostenibile” ha commentato lo scozzese. 

“Non riuscivo più a spingere con la gamba destra, come se avessi perso potenza e coordinazione, non ero in grado di muovermi. Nel match di ieri (primo turno con Popyrin) ero riuscito a cavarmela, non ero al meglio ma in qualche modo ero stato in grado di terminare la partita. Oggi però non ho trovato le energie, il dolore era troppo forte, me ne sono accorto fin dagli scalini che dallo spogliatoio portano al campo, la gamba destra non rispondeva, come se non fosse coordinata con il resto del corpo, ho capito che mi sarei ritirato dopo un paio di colpi nel riscaldamento”.

I problemi alla schiena non rappresentano una novità assoluta per Andy: “Da oltre 10 anni convivo con dolori alla schiena, ma stavolta è stato diverso, e quindi non riesco a capire fino in fondo la gravità della situazione, è un tipo di dolore diverso dal solito, una sensazione sconosciuta, e al momento non ho idea di come evolverà la situazione”.

Murray recentemente aveva dichiarato che dopo Wimbledon avrebbe probabilmente disputato solo il torneo Olimpico– dove è entrato in tabellone grazie a una wild card dell’ITF- per poi appendere, stavolta per davvero, la racchetta al chiodo: nei prossimi giorni capiremo se riuscirà a rispettare il programma del suo addio definitivo allo sport di una vita, un programma che prevedeva i saluti finali nei due palcoscenici fondamentali della carriera monumentale del 37enne nato a Glasgow, e ci riferiamo ovviamente al Centre Court di Wimbledon (due titoli, 2013 e 2016) e al torneo olimpico (due medaglie d’oro, Londra 2012 e Rio 2016). Ricordiamo che Murray, in singolare, ha un parziale aperto di 12 vittorie consecutive alle Olimpiadi (una sola sconfitta in carriera, a Pechino, nel 2008, contro Yen-Hsun Lu).

Il corpo di Murray dalla fine del 2016- la stagione migliore della carriera, chiusa al numero 1- non è più stato lo stesso, logorato dalla rincorsa alla vetta del tennis mondiale e da un gioco troppo dispendioso: Andy aveva finalmente trovato il pertugio per infilarsi in qualche modo nel dominio di Federer, Nadal e Djokovic ma quello sforzo, che gli consentì di entrare definitivamente nella storia e negli almanacchi, gli costò allo stesso tempo, di fatto, la fine della carriera ad alti livelli.

Solamente due anni (e qualche mese) dopo annunciò il ritiro (Australian Open 2019), a causa dei problemi cronici all’anca, per poi rientrare a sorpresa verso la fine della stagione, dopo essersi sottoposto a un intervento di ricostruzione dell’articolazione nel corso del quale gli fu di fatto impiantata una protesi di rivestimento femorale. Murray, dopo un primo intervento di artroscopia che non aveva risolto il problema, decise appunto di passare alla protesi innanzitutto con lo scopo di migliorare la propria vita quotidiana, per poi rientrare gradualmente e sorprendentemente alle gare agonistiche.

LA PRIMA VOLTA IN CUI ANDY MURRAY ANNUNCIO’ IL RITIRO DAL TENNIS

Nel corso degli ultimi anni della carriera Andy si è tolto qualche soddisfazione, raccogliendo tutto l’affetto del pubblico, che per certi versi lo ha amato ancora di più in questa frase autunnale e crepuscolare della carriera, proprio perché lo scozzese, ormai lontano parente del campione di una volta, riusciva però a portare in campo qualcosa di più importante della vittoria, della classifica e dei passanti in corsa: la passione e il rispetto per il gioco. Gli ultimi anni sul circuito di Andy non sono stati i più migliori della sua vita, e ci riferiamo ancora una volta agli infortuni: l’anca non scricchiolava più, ma tutto il resto sì.

Il telaio del miglior atleta del circuito non era più affidabile, e la speranza dell’acciacco lasciava spesso spazio alla sentenza dell’infortunio, e pensiamo ad esempio alle caviglie, un altro punto debole dell’ex numero 1 del mondo: proprio pochi mesi fa Andy, a Miami, concluse la migliore partita della sua stagione (Machac, Miami) con una sconfitta ma soprattutto con i legamenti della sua caviglia sinistra completamente distrutti, per poi rientrare a tempo di record, qualche settimana dopo, nel torneo challenger di Bordeaux. 

La schiena non gli ha consentito dunque di salutare come si deve un altro evento simbolo della carriera, il Queen’s, ma la speranza di tutti gli appassionati è che il corpo gli conceda un’ultima tregua, la speranza di tutti gli appassionati è che Andy Murray possa abbracciare i suoi tifosi, tra Londra e Parigi, nel corso dell’estate più affascinante della storia recente del tennis mondiale.

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