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Roland Garros, il saluto di Thiem e Schwartzman: “Grazie per i ricordi, Parigi, sei speciale”-

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Serenità e consapevolezza di aver costruito qualcosa di grande, sorrisi e lacrime ripensando agli splendidi ricordi di una carriera piena di soddisfazioni. Emozioni contrastanti perché diversi sono loro due, l’austriaco Dominic Thiem e l’argentino Diego Schwartzman: il principe dall’eleganza sublime e il piccolo maratoneta, così distanti e amicissimi tra di loro. Per i due tennisti mercoledì 22 maggio rimarrà la data dell’ultima fatica presso lo Slam Rosso, torneo che Thiem ha sfiorato per ben due volte, nel 2018 e 2019, arrendendosi in finale al più forte di tutti, al padrone di Parigi Rafa Nadal. Per El Peque c’è la semifinale del 2020, quando dall’altra parte della rete c’era, manco a dirlo, il castigamatti maiorchino.

Thiem ha suscitato ammirazione quando pochi giorni fa ha tranquillamente perdonato gli organizzatori per la mancata concessione di una wild card (“non me la merito”); oggi è stato festeggiato e ha preso la parola tra gli applausi. “Ho piano piano costruito uno splendido rapporto con il pubblico di Parigi. Ho avuto grandi risultati, grazie a tutti per i ricordi, ho assaporato ogni anno il piacere di essere qui”. Stile, stile e ancora stile, Dominic saluta lasciando a sua volta il ricordo di un campione straordinario, anche nelle parole di commiato.

Diego il latino si commuove: “Roland Garros è davvero speciale, mi sono sentito a casa anche se giocavo con un francese (Quentin Halys). Il match di oggi ha mostrato a tutti come ho giocato per tutta la carriera”. La sua storia tennistica, costellata di battaglie durissime, termina con un’ultima sfida all’ultima pallina; 10-7 al long tie-break. Il pianto finale è certo frutto dell’emozionante saluto all’ultima platea parigina più che della sconfitta, che in fondo era nella logica delle cose e che solo la sua sconfinata voglia di lottare ha ritardato. E in fondo è stato bene così: meglio uscire di scena nel grande stadio, il Suzanne Lenglen, e godersene il saluto, che giocare un turno del main draw magari sul campo 13 e uscirsene alla chetichella. Questione di stile, appunto, che durante la loro carriera non è mai mancato.

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