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Chi era Mike Agassi, il padre-tiranno che inventò il drago spara-palle

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I 50 anni di Agassi
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Si è spento a 90 anni Mike Agassi, il papà di Andre, diventato famoso dopo l’uscita di Open, l’autobiografia del campione statunitense. Ossessivo, brutale, severo e rigoroso fino e spesso oltre il giusto limite. Mike era un fanatico dello sport ed aveva partecipato come pugile all’Olimpiade di Londra nel 1948 e a quella di Helsinki nel 1952.

Aver raggiunto questi risultati non gli bastava, sognava un figlio campione di tennis e dedicò la sua vita per raggiungere il risultato. Dopo averci provato con Rita, Philly e Tam, Andre era la sua ultima speranza. E Mike non se la voleva far scappare. Per questo iniziò a far familiarizzare il neonato Andre con la racchetta già nella culla, arrivando addirittura a legargliene una al polso.

Il destino del futuro campione era segnato, sarebbe cresciuto a pane e palline gialle. A Mike non bastava fare come solitamente fanno tutti i genitori, cioè iscrivere il figlio ad un corso. No, Andre doveva allenarlo lui personalmente e per farlo senza problemi fece costruire un campo di tennis in un terreno dietro la loro casa.

L’incubo di Andre iniziò così a materializzarsi. Di ritorno da scuola, doveva mangiare in fretta e sbrigare in ancora meno tempo la questione-compiti, c’era da sudare e Mike di certo non gli avrebbe dato scampo. E così Andre trascorreva pomeriggi, mesi, anni a rispondere a un dritto, ad allenarsi sul rovescio, a cercare di migliorare la battuta.

Un’infanzia e un’adolescenza difficili, trascorse pure in compagnia di un «drago». Già, perché Mike Agassi aveva intentato e costruito una macchina spara-palle per far allenare Andre alla risposta. Nella sua autobiografia, il campione ricorda così quell’esperienza infernale: «Papà diceva che se colpivo 2500 palline al giorno, ne avrei colpite 17.500 alla settimana, circa un milione l’anno. Credeva nella matematica ed era convinto che un bambino che avesse colpito un milione di palline l’anno sarebbe stato imbattibile».

C’è da dire che i risultati hanno dato ragione a Mike e alla sua incrollabile determinazione di trasformare un bambino nel primo tennista a vincere un Grande Slam. Da sottolineare, però, quanto tutto questo abbia distrutto Andre, che ha sempre dichiarato di odiare il tennis, di aver sofferto molto e di aver benedetto la sua ultima partita. «Odio il tennis, lo odio con tutto il cuore», scrive Andre in Open, «eppure continuo a giocare, continuo a palleggiare tutta la mattina, tutto il pomeriggio, perché non ho scelta».

Mike, però, non si è mai pentito…

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