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Steve Simon: “Stadi pieni non prima del 2022”

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Poche sigle sportive hanno patito per le cancellazioni del 2020 come la WTA, che non solo si è dovuta adeguare alla politica delle porte chiuse ma ha anche visto saltare lo swing asiatico, nettamente la maggior fonte di reddito del tennis femminile. Dalla ripresa, i tornei giocati sono stati solo 11 (fra cui due Slam che non sono sotto l’egida dell’associazione) contro i 16 del maschile. L’ATP Tour ha avuto un 1000 o Premier 5 in più (dall’anno prossimo queste distinzioni non saranno per fortuna necessarie) e le Finals, e ha potuto contare su quattro tornei creati ad hoc per il post-Roland Garros, fase in cui i tornei WTA disputatisi sono stati solo due, Ostrava e Linz.

Come si può immaginare, dunque, la situazione economica non è delle migliori, come confermato in un’intervista a Tennis Majors dal CEO dell’associazione giocatrici Steve Simon, che non si fa illusioni sulla rapidità del ritorno alla normalità, a prescindere dall’arrivo o meno di un vaccino: “Le giocatrici sono state molto comprensive nel capire che abbiamo bisogno di andare avanti e tenere duro con i nostri tornei. Dobbiamo tenerli in salute, e dobbiamo assicurarci che il modello finanziario funzioni anche quando si svolgono senza tifosi sugli spalti o con un numero limitato, perché non credo che si riusciranno ad avere stadi pieni prima della fine del prossimo anno, o forse addirittura prima del 2022“.

Il dirigente ha però trovato delle ragioni per cui rallegrarsi, visto che, stando alle sue parole, le due fazioni che compongono la WTA hanno mostrato grande disponibilità di fronte alle difficoltà finanziarie create dalla pandemia: “Penso che bisogni fare i complimenti sia ai tornei che alle giocatrici per quanto fatto quest’anno. I montepremi non torneranno alla normalità, non ci sono dubbi a riguardo. Come chiunque altro, le nostre atlete hanno avuto una stagione complicata dal punto di vista economico, e lo stesso vale per i tornei. Questi ultimi hanno operato per contenere le perdite, non per guadagnare. […] Penso che la politica che abbiamo adottato quest’anno con il prize money aiuti sia i tornei che le giocatrici. E, ribadisco, è stato uno di quei momenti in cui siamo riusciti a fare gruppo, e le giocatrici sono state fantastiche in questo senso. Lo stesso vale per i tornei, perché come detto non si sono trovati a lavorare in condizioni ideali”.

Proprio i premi in denaro sono stati oggetto di lunghe trattative, con un risultato che sembra destinato a riproporre il modello redistributivo dell’ultimo scampolo di 2020, un risultato favorito dall’assenso delle top player, che, forti dei loro guadagni extra-tennistici, avrebbero accettato un forte taglio per chi arriva alle fasi calde dei tornei: Naturalmente i montepremi saranno ridotti, ma abbiamo lavorato con le giocatrici e abbiamo chiesto loro, ‘cosa volete che facciamo con la distribuzione del denaro?’ La decisione è stata condivisa e credo che abbia prodotto un modello giusto. Più soldi tenderanno ad andare a chi perde nei primi turni o nelle qualificazioni, perché sono le fasce più colpite. Per questa ragione bisogna dare atto alle giocatrici di maggior successo, quelle con la classifica più alta, perché hanno avallato questa decisione e senza il loro benestare non sarebbe stato possibile agire così. Il processo decisionale è stato positivo, soprattutto se pensiamo che si tratta di un argomento di cui nessuno vuole parlare”.

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