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Matteo, campione del mondo di tennistavolo paralimpico: «E adesso voglio la laurea»

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Matteo, campione del mondo di tennistavolo paralimpico: «E adesso voglio la laurea»

TRIESTE Quella racchetta è divenuta oramai una sorta di simbolica spada, il tavolo da gioco è invece il teatro dove potersi esprimere, crescere e manifestare i valori del movimento paralimpico.

Matteo Parenzan, il neo campione del mondo di tennistavolo paralimpico, a soli 19 anni può già tracciare un intenso bilancio di vita, corredato non solo da traguardi sportivi ma da prospettive e motivi di consapevolezza della sua disabilità. In primo piano lo sport, certo, tema affrontato sin dai 9 anni di età grazie ad una vetrina promozionale del tennistavolo diffusa nelle scuole da parte del tecnico Vinicio Divo del Circolo Kras. Tra lo sport comunemente più definito “ping–pong” e Matteo Parenzan scatta subito la scintilla: «Ho capito subito che una attività simile mi avrebbe permesso non solo di maturare ma di farmi confrontare anche con soggetti normodotati – ricorda Matteo Parenzan – amavo, e amo ancora molto il basket, ma con il tennistavolo avrei potuto anche in qualche modo fare valere la mia disabilità».

Così è stato. Matteo Parenzan prende sul serio l'avventura, entra nella fila del Kras e avvia un percorso di formazione sulla base di tre sedute settimanali, guidato sul campo Ettore Malorgio, dalla dinastia Milic – Sonia, Martina e Vania – dal coach Michalka e anche dal fondamentale contibuto di Marino Filipas. Il numero degli allenamenti ben presto aumenta e per Parenzan arriva anche il momento degli stages in Italia, viatico con cui entrare in contatto con il movimento paralimpico e con il dt della Nazionale Arcigli: «Conoscevo così una realtà del tutto estranea ma di grande impatto – racconta ancora il campione iridato – potevo finalmente respirare da vicino il clima paralimpico e i suoi grandi valori, quelli non solo agonistici».

Il 2015 segna il momento del debutto internazionale, in Croazia, ai Campionati Europei, battesimo nella Classe 6 paralimpica (atleti in piedi) che porta intanto un bronzo. Accanto a Matteo Parenzan “lavora” sempre anche l'altro staff, forse silenzioso ma presente e fondamentale, ovvero i genitori e il fratello, i primi tifosi, anzi, veri “ultras” di un giovanissimo campione che nel corso di pochi anni brucia le tappe, scala il ranking iniziando a raccogliere altri podi ma soprattutto ulteriore credibilità.

Una prima svolta matura tra il 2019 e il 2020. Matteo Parenzan timbra la pratica delle qualificazioni a Lasko, in Slovenia, e si qualifica per le Paralimpiadi di Tokyo. Sulla ribalta dei Giochi il triestino sarà intanto protagonista in chiave cerimoniale, sfilando da portabandiera della delegazione azzurra paralimpica, ma in campo le cose non funzionano del tutto e il pongista del Kras si inceppa presto: «Fu una vera batosta – ricorda – ma quella esperienza negativa nei risultati mi servì per ritrovare motivazioni e slancio. Dovevo rimettermi al lavoro, migliorare e fare di più sotto ogni profilo».

Altra scommessa, ennesima prova fuori dal tavolo di gioco: «Essere stato un portabandiera alle Olimpiadi paralimpiche è stato non solo una emozione ma una grande responsabilità – aggiunge – Sentivo di dover fare qualcosa di più e ripagare quella fiducia all'intero movimento e al presidente Pancalli. Credo sia giusto ripagare le persone che nella vita confidano in te».

Il resto è storia di questo giorni. Matteo Parenzan disegna il riscatto, esorcizza la delusione di Tokyo e soprattutto concretizza il proposito di gratitudine andando a vincere il titolo mondiale nella Classe 6 in Spagna, a Granada, entrando nella storia del pongismo e dello sport paralimpico italiano a 19 anni, conquista che lo porterà anche essere premiato a Roma con il Collare d'Oro, al pari di altri campioni internazionali del momento come il motociclista iridato Pecco Bagnaia. Un traguardo, quello del titolo mondiale, che non brilla solo dell'oro della medaglia ma dei valori che il movimento paralimpico prova a raccontare, a trasmettere a tutte le generazioni: «Il mondo della disabilità non è da serie B, nemmeno nello sport, non ci è impedito di raggiungere risultati e in vari campi. Dobbiamo sempre cercarlo di dimostrare con risultati, è vero, ma è una grande sfida, specialmente interna, che ci porta incrementare l'impegno. Questo mio titolo mondiale lo indirizzo anche in questo senso, non mi sento arrivato, sono solo una persona che ha raggiunto un grande risultato con sacrificio. Mi piacerebbe che questo venisse recepito dai giovani con disabilità. Non dobbiamo mai nasconderci nella società».

Matteo Parenzan non si è mai nascosto infatti e non intende farlo nemmeno per l'altro suo nuovo “match” dal respiro sociale, quello avviato da poco con l'Università di Trieste e il Dipartimento di Scienze Politiche. Qui la gara è altrettanto intensa, i “set” sono numerosi ma lui non demorde, anzi, e ha modo di rilanciare la sfida: «Non so in quanto tempo arriverò alla laurea – conclude – so solo che ci arriverò, impegnandomi come sempre. Questo è certo».

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