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Giada e le emozioni da podio condivise con Michela e Federico

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Giada Rossi Michela Brunelli e Federico Crosara medagliatiAi Campionati Mondiali Paralimpici di Granada, Giada Rossi ha partecipato alle tre gare possibili e ha disputato altrettante finali, conquistando l'oro nel singolare e nel doppio femminile con Michela Brunelli e l'argento nel misto con Federico Crosara.

Il primo gradino del podio in singolare è un salto di qualità rispetto al titolo europeo del 2019 e della bella collezione di metalli fanno parte anche i bronzi paralimpico del 2016 e iridato del 2018.

«Quando sono arrivata qui - racconta Giada - non mi sarei mai immaginata che avrei giocato tre finali. Abbiamo lavorato veramente molto e bene. Siamo un gruppo fantastico, con il direttore tecnico Alessandro Arcigli, i tecnici Hwang Eunbit e Massimo Pischiutti, il preparatore atletico Alessandro Sellan, gli infermieri Mauro Bianchin ed Eva Pittin, le fisioterapiste Elisa Quaglia e Anna Simonatto e tutti i compagni di Nazionale, e questo ci permette di arrivare bene alle gare e di dare il massimo. Naturalmente c’è anche il supporto delle famiglie, senza le quali tutto questo non sarebbe possibile. Mi hanno seguito qui mia mamma Mara, papà Andrea, mio fratello Simone e lo zio Giorgio, abbamo ricreato la squadra di Rio 2016 e c'erano anche i genitori degli altri ragazzi. Il calore della tifoseria si è fatta sentire. Qui a Granada mi sono goduta ogni momento. L'idea era di pensare a una gara alla volta, senza avere pressioni o preoccupazioni di dover dimostrare qualcosa a qualcuno. In ogni incontro ero tranquilla e consapevole del lavoro che avevo fatto».

In singolare, in semifinale la brasiliana Catia Christina Da Silva Oliveira e in finale la coreana Seo Su Yeon, due atlete a lei molto ostiche, hanno dovuto alzare bandiera bianca. «A un certo momento Da Silva ha iniziato a servire altissimo, glielo avevo già visto fare e avevo pronte le contromisure. L'ho ripagata con la stessa moneta, alzando dei pallonetti lunghi, che l'hanno messa in difficoltà. I primi due set sono andati molto bene e nel terzo ho pensato troppo a chiudere l'incontro e ho forzato un po' le soluzioni. Anche quando mi ha costretta alla "bella" non ho comunque perso fiducia e sono riuscita a esprimermi al massimo. In finale ho trovato Seo, che avevo battuto una sola volta al Master Open di Lignano Sabbiadoro nel 2018. Quella volta la tattica era stata di servire veloce sui puntini e alzare la palla successiva, oggi lei è diversa e non sarebbe stato possibile replicare quelle scelte. Negli anni anche io sono migliorata da tutti i punti di vista. Oggi ho cercato soprattutto di non sbagliare e di far prendere a lei i rischi, rimanendo fiduciosa e facendo le cose giuste. Negli ultimi tempi ho cambiato le gomme e la racchetta e sono progredita sul diritto, dove ho una puntinata corta fastidiosa. In avvicinamento a questi Mondiali ho potuto prepararmi molto bene anche sotto l'aspetto fisico, mentre a Tokyo l'anno scorso i problemi di salute mi avevano condizionato. Per una volta ho avuto la fortuna di arrivare a una competizione importante con tutto a posto. In più siamo entrate in campo per la finale sulle note della musica con cui l'Italia del calcio aveva vinto i Mondiali del 2006 (Seven Nation Army dei The White Stripes, ndr). L'ho vissuta come una premonizione ed ero gasatissima. Sono veramente soddisfatta e ora festeggeremo».

L'oro con Brunelli ha confermato la forza di una coppia, che in questi anni è stata in grado di battere tutte le avversarie, comprese le cinesi. «Anche dopo tanti anni di attività - commenta Michela - giocare per traguardi importanti crea pressioni e vincere regala emozioni sempre nuove. Ci eravamo allenate moltissimo per questa rassegna iridata, per rafforzare un feeling, che era comunque già ottimo, giocando insieme da parecchio tempo. Quando le avversarie cercano di giocare al centro, nella zona di conflitto, siamo talmente coese che non passa una palla. L’intesa è il nostro punto di forza. L’incontro più impegnativo è stato contro le thailandesi Dararat Asayut e Chilchitraryak Bootwansirina, che ci rimandavano delle palle un po’ sporche, difficili da gestire. Bisognava rimanere sempre concentrate al massimo e ci siamo riuscite. Gli aiuti di Alessandro Arcigli in panchina ci sono serviti. Noi poi abbiamo il nostro motto “Non mollare mai”, che ci viene in supporto anche nei momenti più difficili. In finale abbiamo trovato le stesse avversarie, per me è stata una sorpresa, ero convinta che prevalessero le coreane. Il successo delle thailandesi è stata una conferma che il loro gioco è complicato da fronteggiare. Averle battute per due volte è stato motivo di soddisfazione. Non temevamo che riaffrontandole potesse cambiare qualcosa. Pur sapendo che ci sarebbe stato da lottare fino in fondo, eravamo fiduciose di farcela. Dopo tre set molto equilibrati e finiti ai vantaggi, nel quarto ci siamo imposte più nettamente. I nostri successi sono sempre il risultato del duro lavoro, per noi non sono delle sorprese. Sono soddisfatta anche del singolare. Sono uscita nei quarti contro la slovacca Alena Kanova, ma al termine di una buona prestazione. In passato mi era capitano di non riuscire a fare ciò che avevo preparato, a Granada non è mai accaduto. È stata una manifestazione molto positiva per me».

L'argento nel misto con Crosara è stato, invece, una prima assoluta. «C'era molta curiosità - afferma Federico - perché era la prima volta del misto ai Mondiali. Lo avevamo provato a giugno a Ostrava, dove avevamo vinto il torneo, ma sapevamo che qui in Spagna il livello tecnico sarebbe stato più alto. Nei quarti abbiamo affrontato i cubani Yunier Fernandez e Yanelis Silva e in semifinale i thailandesi Thirayu Chueawong e Chilchitraryak Bootwansirina e ce la siamo cavata bene. L'affiatamento ha funzionato, frutto degli allenamenti che abbiamo svolto a Lignano Sabbiadoro. Contro gli asiatici è stata un po' una partita a scacchi. Loro puntano molto sui servizi corti dell'uomo e sugli scambi che la donna gioca con una gomma puntinata fastidiosa. Il primo set e scivolato via velocemente e poi abbiamo trovato le contromisure, grazie ai consigli di Alessandro Arcigli in panchina, e ci siamo imposti nei tre successivi. Ci aspettavamo una finale dura, essendo opposti a due atleti coreani che in singolare conoscevamo bene, Seu Su Yeon, che in classifica è appena dietro a Giada, e Park Jin Cheol, il n. 3 del ranking maschile di classe 2. Sono ben assortiti, perché la ragazza è molto forte sul controllo e sul palleggio e il ragazzo è un attaccante fenomenale. Sul palleggio era difficile trovare dei punti deboli loro e sul gioco aperto, appena la palla arrivava dalle parti di Park, reggere il ritmo era complicato. Sui pallonetti entrambi riuscivano ad arrivare bene, essendo alti e con le braccia lunghe. Purtroppo la partita è scivolata via, anche se nel secondo set li abbiamo costretti ai vantaggi. Era un'occasione che non avremmo dovuto lasciarci sfuggire. Complessivamente ci siamo resi conto che come doppio possiamo competere ad alto livello. Quest'argento è stato un ottimo risultato. Peccato invece per il singolare. Sono stato eliminato negli ottavi dal brasiliano Guilherme Da Costa, dopo aver mancato sette match-point nel terzo set, ed è stata una sconfitta amara da accettare».

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