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A tu per tu con Giada Rossi: «Appendiamo i tricolori alle finestre, nel 2021 li sventolerò a Tokyo»

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A tu per tu con Giada Rossi: «Appendiamo i tricolori alle finestre, nel 2021 li sventolerò a Tokyo»

UDINE. Dallo scorso autunno era sicura del pass per Tokyo, già ottenuto attraverso la vittoria del campionato europeo individuale: come altri atleti, la campionessa friulana di tennistavolo in carrozzina Giada Rossi ha però spostato l’obiettivo Paralimpiadi al prossimo anno mentre adesso, spiega, c’è un’altra gara da vincere restando a casa, quella contro il coronavirus.

«I tricolori che dovevano essere sventolati in estate per le medaglie italiane – ci racconta – sono già adesso sulle finestre, li vedo anche dalla mia casa di Zoppola: in questa partita dobbiamo rimanere uniti ed essere il più possibile positivi».

La decisione del rinvio di Olimpiadi e Paralimpiadi giapponesi pareva scontata...

«Alla fine era inevitabile. E diciamo che, per un’atleta, meglio saperlo ora che a ridosso della competizione, tanto più che in molti non stiamo riuscendo ad allenarci a dovere».

Cosa prevedeva la sua preparazione ai Cinque cerchi?

«Essendo già qualificata avrei dovuto giocare in primavera i tornei internazionale di Lignano e Laško in Slovenia. Ho salutato i miei compagni di nazionale il 2 marzo al centro federale lignanese, visto che loro partivano per un torneo in Spagna: ma da allora il mondo ha vissuto l’emergenza che conosciamo e non ci siamo più rivisti».

Quindi non si allena da quasi un mese?

«Per fortuna qui a Zoppola la Protezione civile comunale ospita due tavoli nella sua sede: uno siamo riusciti a portarlo nel mio garage e ora posso svolgere qualcosa a casa».

Quale la sua giornata tipo in questo periodo di confinamento?

«Il commissario tecnico Arcigli mi ha dato del lavoro da svolgere sulle battute, al quale unisco degli esercizi di rinforzo muscolare, con pesi e fasce elastiche. E poi c’è, come per tutti, il resto della vita».

Come state vivendo in famiglia questi momenti?

«Siamo molto uniti, con mia madre che ancora lavora e mio padre, mio fratello e io che l’aspettiamo a casa: cerchiamo di rispettare ognuno gli spazi degli altri, come penso nelle altre famiglie, pur in questo periodo di convivenza. Un po’ di letture, serie tv e tanti dolci da preparare in cucina aiutano a passare la giornata».

Cosa le manca di più della vita prima del coronavirus?

«Come atleta la quotidianità dei ritiri con la nazionale, il rapporto e le sfide con gli altri, l’agonismo delle partite nelle grandi competizioni. Come persona la vita di tutti i giorni, anche le piccole cose, uscire di casa».

Tante persone stanno soffrendo questo confinamento pur capendo che è per la loro salute. Per lei è lo stesso?

«Penso che chi vive la disabilità possa essere d’aiuto e d’esempio agli altri in questo frangente».

In che senso?

«Le persone disabili già conoscono cosa vuol dire non poter fare quello che si vuole, il dover chiedere aiuto dove non arrivano le forze del proprio corpo, il dover scontrarsi con barriere, architettoniche ma non solo, da affrontare ogni giorno: una forma di resilienza allenata negli anni che, in questa emergenza, può essere d’esempio a chi si trova per la prima volta “rinchiuso” in qualcosa».

E cosa ci lascerà questa esperienza?

«Spero che quando ne usciremo tutti avremo imparato qualcosa di importante, ad essere più altruisti, a renderci conto di un bene comune che ci unisce tutti».

Ha già visto qualche segnale di questa nuova consapevolezza?

«Proprio questo patriottismo basato sulla condivisione, sull’esporre la bandiera italiana e sull’aiuto tra concittadini che vedo qui a Zoppola e come penso si stia verificando negli altri Comuni regionali e d’Italia: sono bellissimi gesti che fanno emozionare».

Il tennistavolo, non prevedendo il contatto fisico, forse potrà tornare a essere praticato prima di altre discipline.

«Forse sì, ma in questa fase inutile fare programmi: ci vuole davvero calma. Però, potrebbe proprio essere uno degli sport che meglio potrebbero adattarsi alle nuove disposizioni sulle distanze».

La qualificazione olimpica non dovrebbe essere messa in discussione.

«Il diritto di partecipare anche nel 2021 mi viene dal fatto che sono campionessa europea in carica, alla pari delle altre campionesse continentali. Forse verranno aggiunti dei posti, visto che prima dello stop c’erano ancora dei tornei che potevano assegnare la qualificazione. Senza dimenticare eventuali wild card».

Quindi quali saranno le tappe di avvicinamento?

«Le stesse che avevamo programmato per quest’anno: tanti allenamenti e tornei internazionali per misurarsi con le migliori atlete del mondo».

E a Tokyo quale sarà l’obiettivo?

«Ovviamente provare a migliorare il risultato di quattro anni fa. Il bronzo di Rio de Janeiro è stato una grande emozione, un punto di partenza e non di arrivo, visto che la mia crescita è continuata in questi anni fino a culminare nel titolo europeo individuale vinto in Svezia».

Quali le emozioni fuori dal campo in questo quadriennio ricco di impegni?

«L’aver potuto contribuire alla promozione dei valori del tennistavolo nelle scuole, portando la mia esperienza di atleta ai più giovani e il grande tifo di Zoppola e del Friuli nei miei confronti».

Il sogno è quello di replicare la grande festa scattata tra gli zoppolani l’11 settembre 2016 dopo la notizia della medaglia a Rio. Per realizzarlo ora c’è un anno in più di preparazione, in mezzo a difficoltà maggiori per l’emergenza attuale, ma con il coraggio che ha sempre caratterizzato Giada. —
 

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